sabato 25 maggio 2013

Promesse mancate (e da marinai)


La carriera di William Broad in arte Billy Idol si divide in due tronconi solo apparentemente diversi tra loro: gli inizi con Tony James e i Generation X, uno dei gruppi più innovativi dei punksters e con maggiori potenzialità commerciali, e il prosieguo sotto l'ala dell'Aucoin management, quando con un tocco vagamente "hard rock" e con l'apporto del validissimo Steve Stevens al songwriting e alla chitarra solista il buon Billy diede alla luce almeno 3 album di buon livello dove giocava con il suo personaggio e irretiva i teen agers ma non solo con un bunch di ottime pop song travestite da altri generi.
Ma perchè "promessa mancata"? Perchè il buon Bill nonostante l'evidente anche se non durabilissimo successo commerciale aveva all'epoca una delle voci più interessanti del panorama rock.
Una specie di Elvis 2.0, consentitemi l'irriverente paragone, alle prese con l'iconografia della fine dei seventies che obbligava a schifiltare tutto e tutti. Un crooner prestato alla causa che oltretutto aveva doti da performer di primissimo livello, quel che si dice un grandissimo animale da palcoscenico.
Credo ancora che Bill abbia "mancato" l'appuntamento con la storia soprattutto a causa del mancato incontro con un produttore di grido, uno che lo sapesse valorizzare artisticamente e che lo rendesse consapevole del proprio valore di base.
Invece lui ci mise del suo e da brava testa di vitello gettò alle ortiche una carriera che sembrava molto promettente e che era solo in attesa di un guru che lo inquadrasse un pò meglio. Non dico Brian Eno, ma almeno un Lillywhite o un "Mutt" Lange li avrebbe meritati. E perchè no magari un Padgham a ripulirgli l'immagine e il sound. Insomma, promessa mancata gigantesca a mio avviso. Ma comunque molte cose che ha fatto restano ancora godibili, come questa storica White Wedding che rappresenta il perfetto anello di congiunzione tra l'epoca punk e i futuri approdi hard-pop.