venerdì 29 febbraio 2008

The Cure - Pictures Of You

Inizia una nuova rubrica con una delle mie 50 canzoni preferite di sempre.

Una melodia a denominazione d'origine, malinconica eppure speranzosa, con tutto lo spleen di cui Robert Smith è (era?) capace. Una canzone atipica, priva della canonica struttura intro-strofa-strofa-refrain-strofa-bridge-refrain-ecc., difficile da canticchiare sotto la doccia ma che ti prende alla gola ogni volta che ti arriva in radio a tradimento. Un meraviglioso testo curvato all'indietro come nella tradizione del gruppo.

Il passato che è il presente che è il ricordo del passato.


SIGNORI E SIGNORE.

KARAOKE TIME!


I've been looking so long
At these pictures of you
That I almost believe that they're real
I've been living so long
With my pictures of you
That I almost believe that the pictures
Are all I can feel

Remembering you
Standing quiet in the rain
As I ran to your heart to be near
And we kissed as the sky
Fell in holding you close
How I always held close in your fear
Remembering you
Running soft through the night
You were bigger
And brighter
And wider than snow
And screamed at the make-believe
Screamed at the sky
And you finally found all your courage
To let it all go

Remembering you
Fallen into my arms
Crying for the death of your heart
You were stone white
So delicate
Lost in the cold
You were always so lost in the dark
Remembering you
How you used to be slow drowned
You were angels
So much more than everything
Oh hold for the last time
Then slip away
Quietly open my eyes
But I never see anything

If only I'd thought of the right words
I could have held onto your heart
If only I'd thought of the right words
I wouldn't be breaking apart
All my pictures of you

Looking so long
At these pictures of you
But I never hold onto your heart
Looking so long
For the words to be true
But always just breaking apart
My pictures of you

There was nothing in the world
That I ever wanted more
Than to feel you deep in my heart
There was nothing in the world
That I ever wanted more
Than to never feel the breaking apart
All my pictures of you


(trad.)

ho cercato così a lungo
queste fotografie di te
che quasi credo che siano vere
ho vissuto così a lungo
con le mie fotografie di te
che quasi credo che le fotografie
siano tutto ciò che posso sentire

mi ricordo di te
impiedi silenziosa sotto la pioggia
mentre corro verso il tuo cuore per stare vicino
e ci baciammo mentre il cielo
scendeva tenendoti strettta
come io ho sempre tetuto stretta la tua paura
mi ricordo di te
che corri leggera nella notte
tu era più grande
e più luminosa
e più estesa della neve
e urlavi alle falsità
urlavi al cielo
e alla fine hai trovato tutto il tuo coraggio
per lasciare andare tutto

mi ricordo di te
caduta tra le mie braccia
che piangevi per la morte del tuo cuore
tu eri bianca come la pietra
così delicata
persa nel freddo
tu eri sempre così persa nell' oscurità
mi ricordo di te
come eri un volta lentamente affondata
tu eri angeli
così tanto di più di tutto quanto
Oh mi stringi per l'ultima volta
poi scivoli via
lentamente apro gli occhi
ma non vedo mai nulla

se solo avessi pensato alle parole giuste
avrei potuto trattenere il tuo cuore
se solo avessi pensato alle parole giuste
non starei facendo a pezzi
tutte le mie fotografie di te

ho cercato così a longo
queste fotografie di te
ma non ho mai trattenuto il tuo cuore
ho cercato così a lungo
di rendere reali le parole
ma sto sempre solo facendo a pezzi
le mie fotografie di te

non c'era niente al mondo
che io abbia mai voluto di più
di sentirti nel profondo del mio cuore
non c'era niente al mondo
che io abbia mai voluto di più
di non dover mai sentire lo spezzarsi di
tutte le mie foto di te

mercoledì 27 febbraio 2008

AC/DC - Night Prowler

Dopo un tuffo nel pop anni '80 (che riprenderò a breve) riprendiamoci in mano il DNA e quindi la chitarra.
E che chitarra.
NIGHT PROWLER (niente video ahimè, solo audio) è la prova che il miglior solista lento di sempre è Mr. Angus Young.
Sembra una contraddizione "solista lento", vista la folla di chitarristi megaveloci che ha infestato da sempre le classifiche specializzate.
Ma il suono che trae dalla Gibson SG questo nanetto vestito da scolaretto con corna luciferine ha qualcosa di magico.
Sentitèlo in questo brano, una specie di HARD BLUES, dove smanetta con perizia sulla tastiera e senza mai accelerare troppo ti strappa le viscere, te le stiracchia un pò e te le rimette a posto con la notevole collaborazione del fu Bon Scott.
C'è veramente del magico in quella chitarra.
Dello zolfo ma anche dell'incenso.
Onore e gloria a Mr. Angus, che recentemente ho visto di molto giù, invecchiato e spelacchiato ma comunque sempre in tiro.
Era uno dei giovinetti di belle speranze (esordì con il gruppo come solista in Dirty deeds done dirt cheap a 14 anni!!!!), adesso a 50 anni suonati è una vecchia gloria del Rock.
Halleluja.

PS Per chi, non fanatico come me del gruppo, ha pazienza da arrivare in fondo....sentite come saluta Bon Scott e poi non ditemi che non era un satanasso.

lunedì 25 febbraio 2008

Never let me down again (live 1990)

Da quello che molti fa considerano il loro miglior tour di sempre vi metto in onda la loro miglior canzone di sempre.
Certo, c'è chi preferisce Enjoy the silence oppure Walking in my shoes ma anche Somebody o ancora Barrel of a gun.
Io stesso, a seconda dei momenti, ne mando in cima una piuttosto che un'altra.
Ma su questa torno sempre.
Perchè segna la sintesi maxima della filosofia Depeche Mode.
Pop (d'avanguardia? non dimentichiamo il ruolo della storica Mute Records, che spingeva per un riposizionamento della pop music in chiave sociale) abbinato ad atmosfere cupe e densamente opprimenti.
Senza mai scivolare nel dark ma sempre pericolosamente on the border.
Album come Violator o Songs of faith and devotion si avvicinarono molto all'orlo del baratro.
Dave Gahan pure.
Ma è in Music for the Masses (da cui è tratta Never Let me down again) che il miracolo dell'equilibrio del "pop sull'abisso" fu raggiunto.
Punto, stop, halleluja che sennò mi parlo addosso.
E perdo quella obiettività per cui vado giustamente famoso.
Alla faccia di chi li considerava un gruppetto di electro-pop.
Stanno ancora là, in cima.
Dopo quasi 30 anni.
Tiè.

giovedì 21 febbraio 2008

SUCH A SHAME

E’ un pezzo famoso degli anni ’80 di un gruppo famoso degli anni ’80.
Un gruppo che mi sta simpatico perché ha in qualche modo rinunciato al facile successo per tentare una strada di ricerca musicale originale.
TALK TALK enfatizzarono gli eighties con i loro blockbuster, in particolare IT’S MY LIFE e la qui presente SUCH A SHAME.
Che sono canzoni senza grandi pretese ma ben composte, ben arrangiate, ben suonate, sufficientemente originali, gradevoli e orecchiabili q.b.
Mark Hollis, l’occhialuto e “sventoloso” leader, aveva delle serie doti di composizione e cantava anche benino, con slancio e passione.
I due accompagnatori Paul Webb al basso e Lee Harris alla batteria, lo affiancavano dando al gruppo una struttura ritmica non indifferente.
Certamente i Talk Talk anche all’apice del successo fecero brani degni di maggior attenzione rispetto a quelli chartati, come ad esempio la splendida TOMORROW STARTED ma anche DUM DUM GIRL, ma fu nella parte finale della loro carriera che stupirono tutti, gettandosi in un sound indefinibile composto di progressive, jazz, trip-hop e forse psichedelica che disorientò i fan e soprattutto gettò nello sconforto le case discografiche.
Un sound che io non conosco bene ma che comunque mi segnalano (Arc, donde estai?) notevole e di cui va perlomeno apprezzato il coraggio.
Pochissimi sono gli artisti che fanno quel cazzo che vogliono a lungo. Amo svisceratamente Daviddino anche per questo.

Dei TALK TALK ho ancora un ricordo nitido, concerto al mitico Tenax di Firenze forse era il 1983 o il 1984. Fu, nei limiti del repertorio di appena due album e uno solo di successo, un buon show. Colpirono particolarmente gli astanti saltanti la fluidità di Webb, l’energia inesauribile di Harris e la forza espressiva di Mark Hollis che pareva destinato a ben altri splendori.

Ma la vita è così. A volte va, altre no. E il buon Mark adesso si è ritirato dalla scena musicale per fare chissà cosa.

Che dite, sentiamo la Sciarelli?

mercoledì 20 febbraio 2008

Fra la via Emilia e l'Arena di Verona


Siamo della stessa pasta, bionda, non la bevo sai
ce l'hai scritto che la vita non ti viene come vuoi

ma e' la tua e per me e' speciale, e se ti puo' bastare sai

che se hai voglia di ballare uno pronto qui ce l'hai

Balliamo sul mondo!!!
Va bene qualsiasi musica cadremo ballando sul mondo, lo sai, si scivola facciamo un fandango la' sotto qualcuno ridera' balliamo sul mondo!!!!
Non ti offro grandi cose, pero' quelle li' le avrai

niente case, ne' futuro, ne' certezze, forse guai

ma se dall'atlantide all'everest non c'e' posto per noi

guido io in questo tango, ci facciamo posto, dai
Balliamo sul mondo!!!!
Mi porto le scarpe da tip tap cadremo ballando pero' il mondo non si fermera' facciamo un fandango la' sotto qualcuno fischiera' balliamo sul mondo!!!!
Fred e Ginger sono su una supernova sopra noi

chiudi gli occhi e tieni il tempo e sara' fatta, dai

c'e' chi vince e c'e' chi perde, noi balliamo, casomai

non avremo classe ma abbiamo gambe e fiato finche' vuoi

Ballando ballando sul ballando sul mondo
facendo facendo un facendo un fandango ballando ballando sul ballando sul mondo ballando ballando sul ballando sul
Balliamo sul mondo!!!
Possiamo anche senza musica cadremo ballando nessuno pero' si ferira' facciamo un fandango la' sotto qualcuno applaudira' balliamo sul mondo!!!

Ecco, lo si doveva intuire fin dagli esordi che quest'uomo è pieno di qualità.
Non tanto per la musica, che siamo più o meno sui "modi" di Adelmo Fornazari, nel senso delle ricicciature.
Quanto per la poetica. Per i contenuti. Per la personalissima visione della vita e dei misteri del cosmo.
In rosso i passaggi più toccanti. E allora tutti in coro (io faccio la batteria con la bic sul tavolino).
Balliamo sul.......
tuttututtututtututtututtututtututtututtu
mondo
!

venerdì 15 febbraio 2008

The National - Mistaken For Strangers

Dovevo farlo.
Due miei amici virtuali (countryfeedback e liveon35mm, li trovate nei link) me li hanno fatti conoscere e provo sincera gratitudine per questo.
Avendo in pancia quasi 35 anni di musica....Cure, Smiths, R.E.M, Joy Division sono i nomi che per primi sgorgano alla mente.
Ma la proposta dei THE NATIONAL è, nei limiti della musica del nuovo milennio, assai originale.
Non solo per la stupenda e dolente voce baritonale, non solo per lo spleen diffuso, non solo per l'essenzialità delle loro melodie.
Ma anche e soprattutto per la presenza (sempre più rara) di CUORE nella loro opera.
Dovevo quindi necessariamente e tardivamente (ma sempre prima di Assante eccheccazzo) aggiungermi, io che non sono precisamente un estimatore delle "nuove cose", al coro di peana che si è alzato da gran parte della critica non schierata.
Piuttosto.
Ieri sono andato da MediaWorld per prendere Boxer, il loro quarto splendido lavoro che per adesso ho "raccattato" qua e là sulla rete.
Dopo aver inutilmente cercato tra gli scaffali, secondo voi, come mi hanno risposto?
Halleluja!

lunedì 11 febbraio 2008

We are the Sultans of Swing!

Teniamo presente che questa canzone uscì in un periodo di "transizione".
In Inghilterra si usciva dalla furia del punk e si entrava nelle cupezze della new wave.
In USA si cercava di capire da che parte andare, con i Dinosauri del Rock in cerca di direzioni e mode che fossero meno effimere del punk, con il Blue Collar Rock a farla sempre più da padrone, con la Soul e il Funky che tentavano di non essere assorbiti dal buco-nero della Disco Music.
In Italia.....vabbè. Festival di Sanremo dei gggiovani, Les Rockets, Figli delle Stelle ed altre cazzate. Passiamo oltre.

Ecco, in questo contesto variegato e disomogeneo uscì nel 1978 la canzone in questione che segnò il debutto di una delle band più alto-vendenti di sempre.
Si trattava di un rock tradizionale di stampo dylanesco, ma anche no.
Erano evidenti echi di JJ Cale, ma anche qualcosa di Clapton.
Mancava soprattutto qualsiasi riferimento modaiolo e di attualità.
Non c'era alcun riferimento al look.
E, clamoroso, il disco uscì in Inghilterra, dove ai tempi neanche il più cinico dei critici avrebbe scommesso una cicca su quel tipo di "sound".

SULTANS OF SWING sta ancora là, in tutta la sua scintillante bellezza, con tutti i suoi arpeggi di chitarra così nitidi, fluidi e personali. Con la sua storia del gruppo che non gliene frega una mazza del successo ma vuole solo suonare la sua musica in qualche club sfigato (Guitar George, he knows all the chords è personaggio da antologia....). Con quella voce nasale che sembra fluttuare sulla struttura della canzone e invece la domina come farebbe un marinaio ubriaco in un mare in tempesta. Con quel faccione a metà tra James Woods e Clive Griffith in mezzo al quale è incastonato uno dei "nasoni" più proverbiali del rock.

Con questo cosa voglio dire. Che quando scrivi una bella canzone e la suoni bene e la canti con passione, il successo arriva.
COL TEMPO CAPISCI CHE LA BUONA MUSICA E' SENZA TEMPO

i DIRE STRAITS di Mark Knopfler si imposero pertanto alla faccia dei critici, dei generi musicali, delle mode, degli scaffali dei dischi con i divisori e, consentitemi again, della cazzo di Rhino.

Halleluja.

domenica 3 febbraio 2008

ZUCCA....VUOTA?


Gli anni '90 sono un decennio che per me presenta ancora oggi alcuni lati oscuri, alcune pieghe impreviste, alcune situazioni irrisolte.
Billy Corgan è tra queste ultime. Da sempre. Inesorabilmente.
Questo post non vuole essere una critica pura, piuttosto una richiesta di aiuto.

Io ho provato ormai molte, troppe volte a cercare di capire perchè Mr. Corgan abbia avuto un successo così ampio e un seguito così devoto.
Quale musica, ad esempio, ha "definito"?
Quale stile ha creato?
Quale pezzo emblematico lascerà ai posteri per le antologie di fine millennio?
Non riesco a darmi risposte. Perchè fare alcuni buoni album di rock molto "ondivago" non è segno di aver lasciato il segno.

Per capirsi, i Nirvana (peraltro assai sopravvalutati) hanno lasciato un segno, i Foo Fighters (peraltro buoni rockers) a tutt'oggi assolutamente NO.

Corgan ha percorso gran parte delle tematiche rock con alterne arrabbiature e depressioni che hanno portato il sound delle band di cui ha fatto parte (un eufemismo, visto che ne è sempre stato il leader maximo) a indurimenti, diluizioni sonore, sperimentalismi. Ci sono state canzoni più toniche e originali (sicuramente Cherub Rock e Ava Adore). Ci sono stati album più convincenti di altri.
Ma niente a mio avviso che giustifichi i livelli d'interesse ricevuti dalla stampa e anche dal pubblico.
Non so. Non riesco a capire. Aiutatemi.
Forse Corgan ha coperto periodi di "buchi-rock" in cui bastava fare un pò di hard e un pò di prog e una spruzzata di grunge e santiddio non dimentichiamoci un tocco di elettronica che non si sa mai.
Come direbbe un mio amico, in un mondo di ciechi anche un orbo da un occhio può sembrare un superman.
Ma magari sono io che mi manca il feeling con la cara vecchia crapa pelata. O che non riesco ad entrare in sintonia con 'sto tipo e la sua musica. D'altronde, succede anche con le persone vere, che ogni tanto non ti capisci.
E per questo vi prego, aiutatemi.
Ma sul serio. Non elencatemi le charts o le canzoni imprescindibili che quelle le conosco anch'io.
Ditemi invece COSA ha rappresentato Corgan e COSA resterà di lui da qui a vent'anni.
Sono i miei unici personali metri di giudizio per distinguere se uno è un grandissimo o semplicemente un buon musicista, eletto nell'Olimpo per mancanza momentanea di altri candidati.

Grazie. Alla prossima.