giovedì 2 aprile 2009

Divieto di svolta

Quando sento parlare della "svolta pop" dei The Cure, quella che si fa prevalentemente (prevalentemente, cioè dalla critica ufficiale) coincidere con Disintegration, sorrido.

Chi conosce l'excursus di questa mitica band (e dire mitica è poco, in tutta sincerità) sa perfettamente che gli inizi degli allora giovincelli Smith, Tolhurst e Gallup furono tutt'altro che dark.
Killing an Arab, Boys Don't Cry e Jumping Someone Else's Train furono tra i primi singoli del gruppo.
Contenuti in Three Imaginary Boys e/o in Boys don't cry (la riedizione americana) questi tre gioielli del pop-senza-tempo non avrebbero all'epoca (si era nel 1979/80) fatto presagire i cupissimi album che seguirono (con il culmine di Pornography).
La verità è che The Cure hanno sempre seguito il genio ondulatorio del sig. Robert Smith, uno dei dieci motivi che spiegano la superiorità creativa della musica britannica su quella USA.
E che invece di fare una svolta, seguirono sempre percorsi più o meno tortuosi.
E quando Robertino era un postadolescente brufoloso più o meno (più meno che più, ma insomma) sereno faceva quelle splendide canzoni contenute in Three Imaginary Boys.
E quando Robertino s'incupiva e dava fuori di matto approdava agli ingorghi dell'anima di Seventeen Seconds (uno dei migliori dischi di tutti i tempi), Faith e Pornography.
Crescendo e maturando Robertino si è definitivamente smarcato dai ruoli predefiniti e se ne è fregato delle definizioni (sempre date dalla pallosissima critica ufficiale), firmando forse i più begli album inglesi della fine del secolo scorso, dove la distinzione tra pop e dark svaporava dentro una miscela di bellezze inauduite. The Head on the Door, Kiss me kiss me kiss me e Disintegration sono a tutti gli effetti dei masterpiece.
Che ormai Daviddino (uno dei numi tutelari di Robert Smith) aveva già dato e nu'je la faceva più a fare il faro.
Che dire, per tutti i miscredenti, risentitevi BOYS DON'T CRY.
Che male non fa mai.
E che vi fa capire come la svolta pop dei Cure esisteva già molto prima di quanto la critica ufficiale (sempre pallosissima) pensasse.
Halleluja!


The Cure "Boys Don't Cry"

14 commenti:

Lucien ha detto...

Un esordio folgorante.In quel periodo, giovanissimi inquieti, impazzimmo per questa musica. Se poi ci aggiungiamo Siouxsie, Joy Division e Clash...

Sandro ha detto...

Mi rendo sempre più conto, perchè ne ho la possibilità qua e da Assante per pensarci ad ogni post, che certa Musica, certi gruppi, appartengono ad un Sandro che non c'è più o, quantomeno, è diventato qualcos'altro. Perchè certa Musica accompagna bene un periodo, un'età. E può essere cupa, con sogni accompagnati da incubi, indecifrabile. I Cure mi sono stati accanto per un po', proprio quando stavo lasciando lo stato adolescenziale ed il mondo, ordinandomi di crescere, non riusciva però a rispondere alle mie domande. E sembrava davvero di annegare in un mare di interrogativi chiuso in un armadio buio di parole.
E' bene ricordarsi di certi momenti passati, molto umani e normali peraltro, e con essi ciò e chi ci ha accompagnato.
Come non farsi, quindi, vibrare l'Anima (parola che so non piacere a Loop.. ma mi perdonerà) nell'ascolto dei lamenti di Robert Smith?
Hai scritto l'ennesimo bel post, DD.. e te lo scrivo ora, prima che arrivi la scure del Re Scaldin.
C'è però una loro canzone sempre presente nella mia testa: Lullaby,
con quella linea melodica così semplice (banale sarebbe la definizione esatta) da parer inciampata quasi per caso. E la tastierona stentorea così anni ottanta che quasi mi pare di vedere i faccioni dei Duran Duran specchiarsi nella finestra sul cortile. E il bassone percussivo, smodatamente invadente, così peso da procurati bradicardìe. Il cantononcanto di Robert Smith con un testo a cavallo del non senso:
"and i feel like i’m being eaten
by a thousand million shivering furry holes
and i know that in the morning i will wake up
in the shivering cold"
E pensare che in questo pezzo, se l’ascolti, non c’è il refrain, non c’è il ritornello e tecnicamente avresti anche difficoltà a chiamarla canzone tanto è incantabile.
Da vertigine.
E sempre pel tuo ego.

DiamondDog ha detto...

Grazie per lo spunto, Sandro.
"Lullaby" è una delle maxime.
Purtroppo cadde in un periodo di classifiche alte, se non altissime.
E doppio purtroppo la versione remix andòdaddio in discoteque.
Conseguentemente la critica bieca e stolta parlò, perlappunto, di svolta pop. Di commercializzazione. Di svendita.

Riascoltandolo oggi, tutto Disintegration, quasi quasi invece sembrerebbe segnare per il gruppo un ritorno di fiamma dell'angoscia.

Un ritorno alla interiorizzazione delle paure dopo la sbornia euforizzante del doppio Kiss me Kiss me Kiss me che disvelò al mondo tutta la forza del gruppo in campi fino allora impercorsi (cito lo splendido funky di Hot Hot Hot).

Insomma non so se si capisce che parlerei per ore di questi qua.
Che è vero che ci hanno accompagnato verso la maturità.
Ma dai quali ogni tanto torniamo ad attingere emozioni ancestrali.

Anonimo ha detto...

Il vecchio Robert fa sempre un certo effetto, a rivederlo, tipo quando si presenta truccato e parecchio appesantito su un palco a fare la sua comparsata nel circo del rock... Ne aveva anche parlato Assante di un libro sull'"autenticità" nel rock e i suoi gradi di aderenza all'immagine data ai fans dai vari musicisti: è un discorso che viene in mente tutte le volte che la musica è "vestita" anche da una rappresentazione, e nel caso dei Cure si dà ancora oggi un'estetica insieme alla musica, estetica tanto più ingombrante quanto invecchiata uguale a se stessa, senza "svolte" davvero, tanto da far pensare se è coerenza al proprio autentico "io" oppure sciatteria di comodo, inerziale, insomma l'attore che diventa tutt'uno col suo personaggio, vedi Bela Lugosi che credette davvero di essere il principe delle tenebre fino alla morte.
Sta di fatto che i brividi vengono davvero a risentire i lamenti di Faith, Seventeen Seconds e non puoi pensare di assistere a una recita, ma se così fosse evviva l'interprete perchè da un fondo di umana sofferenza deve essere andato a pescare, dalla sua, certamente.

arc

DiamondDog ha detto...

Ieri guardavo il video di "Play for today" (!) (minchia che roba).
Non erano ancora truccati, sembrano molto sobri.
Che poi digiamogelo.
Sono loro i padri del look "emo".

porillo ha detto...

Mah, se non parliamo di svolta pop, sempre di svolta si tratta.
E stasera ho capito qual'e' la svolta ( non ridete...)
La chitarra acustica.
La maledetta chitarra acustica.

Lo so, lo so, nel periodo "acustico sono uscite delle splendide canzoni, Friday i'm in Love, bla bla bla...
Ma non importa.
"E quando Robertino s'incupiva e dava fuori di matto approdava agli ingorghi dell'anima di Seventeen Seconds (uno dei migliori dischi di tutti i tempi), Faith e Pornography."
Io sono ancorato a quelle sonorita', a quei lamenti, alle chitarre lancinanti, tipo Fascination Street, al "bassone percussivo, smodatamente invadente"...
Disintegration e' un album fantastico, concordo.
Ma in seguito i dischi seguenti hanno perso in intensita', e acquistato in leggerezza.

porillo ha detto...

Comunque l'amore sviscerato che nutro per Robert Smith mi fa dire che ancora adesso sul palco fa una degna figura.
Il concerto in piazza del Popolo trasmesso su MTV mesi fa (sponsorizzato dalla Coca Cola, sic!) ha proposto un Robertino appesantito ma per niente appannato, nonostante le schitarrate acustiche...( che peraltro erano le uniche canzoni che il pubblico di pischelli cantava..)

porillo ha detto...

Ah, per qualche " I remember " di qualche concerto, consiglio una visita a questo sito: http://www.cure-concerts.de/main/index.php

con una certosina catalogazione dei concerti tenuti in giro per il mondo, setlist, lineups e molti altri dettagli.
Io sono riuscito, dopo anni, a risalire al concerto che ho visto il 7/6/89...

Strato2006 ha detto...

Non ho mai amato la musica dark. Ma la statura dei Cure non si discute; soprattutto di Robert Smith, come giustamente sottolinei.

DiamondDog ha detto...

Io invece vedo i Cure molto legati ai periodi umorali di Robert.
Massimo, se tu vai a rivederti i video degli inizi non c'era alcuna "cupezza".
Non c'erano chitarre acustiche è vero, ma penso che per quelle fosse questione di arrangiamenti più che altro.
Di ricerca di sonorità attuali.
Che se negli anni '90 i Cure avessero suonato come su Faith chiunque li avrebbe presi per matti.
Oggi invece c'è un ritorno (ancora non troppo forte ma si sentono le avvisaglie) a certe sonorità più cupe.

Ah, per inciso. Restando in tema.
Ieri ho accattato il doppio GH dei Joy Division con le John Peel Session e un intervista a 8,90 euri. Una goduria.
Non voglio fare pubblicità ma l'ho comprato presso quella catena con il colore rosso che ha il mondo nel nome.

Anonimo ha detto...

Io ho visto "Control" un mese fa, lo consiglio a chi ama Ian Curtis e Joy D. Ero preoccupato del bidone invece avevano ragione i critici, la storia è ben dosata tra biografia e musica, la somiglianza dell'attore (non ricordo il nome) a Ian è notevole, anche il noto finale della storia è sobrio, sottinteso e ugualmente violento. Ci sono anche momenti di divertimento grazie al manager fuori di cranio e altre scenette tra il comico e il tragico. Enjoy.

arc

zero in-coscienza ha detto...

i Cure!!!, grandissimo Robert-ciccione-Smith. Sembra una balena spiaggiata ormai, però, grande uomo e bellissima boys don't cry. Molto bello anche il film che porta lo stesso titolo e ha questa canzone come colonna sonora, vedilo, major, ne vale la pena, cinema indipendente americano, storia di lesbiche...

Anonimo ha detto...

non se ne può più di lesbiche e lesbichi.

arc

DiamondDog ha detto...

Sì mi ricordo vagamente il film, quello che rivelò al mondo Hillary Swank. Ne ho sempre sentito parlare bene, magari se lo trovo.....