martedì 28 luglio 2009

Diritto di replica! (2)


Ma proseguiamo con un ulteriore salto nel passato, sia a livello di post sia a livello di dischi.
E non a caso.
Visto che sono recentemente usciti con un lavoro nuovo di cui, peraltro, sento parlar bene....
Visto che hanno appena "regalato" un concerto alla causa di Venezia riscuotendo un successo strepitoso....
Ladies and Gentleman, i SIMPLE MINDS.



(Menti Semplici - Venerdì 3 Novembre 2006)

La famosa New Wave ha raggiunto forse il suo apice con i Simple Minds.
Che peraltro perirono "artisticamente" con essa, come i migliori capitani che si rispettino.
Dei tanti ottimi dischi che fecero, e al di là delle simpatie personali (le mie vanno a "Sister Feelings Call"), si può dire che New Gold Dream 81-82-83-84 rappresenta il vero disco perfetto.
Perfetto perché raggiunge il miglior equilibrio tra cifra stilistica del gruppo e scala commerciale, mantenendo qualità artistiche altissime ma consentendo di scegliere tra una fruizione facile del lavoro oppure una fruizione più “fine”, andando a scavare sotto la superficie. Per inciso da "Once upon a time" in poi (quello di alive and kicking) la fruizione fine sparì del tutto.
Perfetto perché il gruppo non tentò mai di bissarlo. Il successivo "Sparkle in the Rain", album superbo ma condotto dal grande Steve Lillywhite sulle piste sonore degli U2, i veri killers dei SM, non ne ricalca assolutamente la linea.
Perfetto perché la produzione di Peter Walsh infuse una grande vena romantica nelle composizioni un po’ troppo “glaciali” dei primi album (pensate a League of Nations come pezzo-guida). Della serie “anche i tappeti di tastiere hanno un’anima”.
Ma scendiamo nello specifico.
I picchi del disco sono l’ariosa ma un po’ cupa e carica di tensione Hunter and the Hunted (con lo stupendo solo liberatorio di Herbie Hancock), l’ariosa ma ottimista Someone Somewhere in Summertime e la maestosa cavalcata del pezzo omonimo, New Gold Dream.
Roba da far generare almeno 3 o 4 Killers (nel senso del gruppo).
Si tratta di tre brani senza alcuna pecca. Da consegnare alla storia. Grondanti quella passione che gli scozzesi precedentemente faticavano a mostrare.
Spiccano anche le canzoni compositivamente più legate ai precedenti lavori, Colours fly and Catherine wheel, Big sleep e King is white and in the crowd: meno emozionanti ma perfetti meccanismi ad orologeria di spunti melodici e ritmi e arrangiamenti stratificati.
A non brillare in modo significativo sono soltanto i due pezzi danzerecci “da classifica”, Glittering Prize (triste anticipatore delle successive svolte commerciali) e Promised you a miracle; ma si deve tener conto del livello elevatissimo di qualità intrinseca del disco. Brani chè avrebbero ben altrimenti brillato sui lavori successivi. Ma insomma qualche singolo serviva pure per lanciare il disco e per introdurlo presso le sale da ballo.
Sul tutto svettano gli arrangiamenti d’epoca (con le tastiere-ovunque di McNeill, capaci di creare il giusto fondale emotivo e sempre senza arrecare danni - miracolo per le tastiere!-)(quanto ci manca un tastoerista come McNeill oggi...), il clamoroso basso di Derek Forbes (per le scelte di linea melodica che spessissimo guidano le canzoni), la voce e le enormi capacità interpretative di Jim Kerr, un cantante mai troppo lodato.
No, non ho mai amato alla follia Charlie Burchill checchè se ne dica del suo ruolo guida nel gruppo. So soltanto che sparito McNeill i Simple Minds sono scesi di diversi gradini.
E’ in sintesi un disco da avere assolutamente, anche se non si è stati amanti del genere.
Rappresenta al meglio un’epoca intera, diciamo dal 1978 al 1985 al di là del titolo.
E’ la summa degli umori di un periodo e di una società inquieti e a “destination-unknown” come quelli post punk. Torme di giovani inconsapevolmente diretti verso l’edonismo reganiano, lo yuppismo e il paninarismo verso i quali tentavano di opporre una forma pacifica di resistenza.
Ma questa, è un’altra storia……

mercoledì 22 luglio 2009

Estate, tempo di repliche (1)



Siamo onesti, d'estate tutti i media mandano avanti i fondi di magazzino.

Non ci sono programmi veramente nuovi, si va dalla ritrasmissione de "La Freccia Nera" alla 35^ volta di "Pretty Woman" e "Ufficiale e Gentiluomo".

Ciònonostante (bell'avverbio, toh) non tutto è da scartare. Anzi. Spesso le repliche sono MOLTO MEGLIO delle trasmissioni attuali.

Vale anche per i blog? Non so, comunque mi divertirò ogni tanto a "riavvolgere il nastro un pò per chi non sa di quel nostro tempo là" (odio citare i Pooh, ma la frase è perfetta alla bisogna).

E, casomai, intervenire correggendo laddove mi sono sentito di avere scritto qualche cazzata. A voi, e come sempre, halleluja!


IL MIO PRIMO DISCO DI ROCK di majortom (05/05/2005 - 18:45)

Avevo 13 anni ed mi stava venendo la nausea per i troppi 45 giri da “Lelio Luttazzi Hit Parade”, unica mia fonte sonora dell’epoca, a parte le gare di rutti con gli amici. Mi aggiravo per la città nervoso, in cerca di qualcosa che desse uno scopo ed uno sfogo alle mie inquietudini interiori. Donne? Non le conoscevo abbastanza, cioè tante ragazzine rompicoglioni che dopo averci flanellato ti facevano leggere "Cioè" a palla. Che palle.
Motori? Niente motorino fino a 14 anni (seeee......ma anche dopo nisba).
Calcio? Un tifoso del Milan a Firenze è di fatto un appestato e poi la squadra andava male, c’era anche lo sciagurato Egidio Calloni….(niente paura, stiamo tornando su quei livelli).
Cammina cammina mi imbatto in un negozio, ohibò, di dischi. Esistevano davvero, non credete a chi vi dice che sono tutte invenzioni di vecchi rincoglioniti.
E vedo i faccioni in copertina. I "loro" faccioni. Ehi, mi sembra di conoscerli. Un bel LP singolo con copertina apribile doppia, di quelli chissenefrega degli sprechi. Con 5 faccioni (2 e mezzo a copertina chiusa, 5 aprendola). Discretamente sfavati ma in fondo simpatici.
Il mio primo impatto coi Rolling si stava per manifestare in tutta la sua pienezza.
Era BLACK AND BLUE, era il 1976 mi pare estate, sarebbe diventato il mio primo vero disco di rock. (Suzi Quatro, perlomeno all'epoca, non la consideravo tale, e i Beatles piacevano anche a papà e mammà...).
Divenni così rockettaro, proprio per risposta alle mie inquietudini ed il Rock mi aprì le sue braccia ruvide come nessun altro avrebbe saputo fare all’epoca.
Ebbi lunghi periodi di bulimia spesi sui vari versanti, generi e sottogeneri. Scendendo financo nei bizzarri mondi dell’hardcore metal, del dark e del punk. Innamorandomi perdutamente dell'opera omnia di David Bowie, peraltro. Ma questo non sposta il discorso.
Non persi mai però del tutto il contatto con la realtà, e quando ero indeciso se farmi crescere i capelli lunghi come Steve Harris o tagliarmeli a pazzoide come Robert Smith (il rossetto sbaffato no, non è mai stato previsto), era allora che tiravo fuori i 5 scapestrati e tornavo al “cuore” del rock. Attorno al quale ho sempre girato, al di là delle infatuazioni momentanee.
Desiderai per lunghi anni essere una rockstar, ma poi il buonsenso prese il sopravvento e mi misi a studiare Economia. E via e via con la vita normale.
Però tengo ancora accanto a me, sul mio comodino virtuale, per i giorni bui, i 5 faccioni con tutto il loro portato di vita vissuta e con una manciata di canzoni che definire “straordinarie” è poco.
Non sarà il miglior disco dei Rolling Stones forse. Ma lo è per me. Perchè è stato e sempre sarà il mio primo vero disco di rock.

Hot Stuff
Hand Of Fate
Cherry Oh Baby
Memory Motel
Hey, Negrita
Melody
Fool To Cry
Crazy Mama

lunedì 20 luglio 2009

eiappappappà

Ok bon.
Depressurizziamo.
Come depressurizza questa canzone non ce n'è.
Sto depressurizzando come un palloncino che scappa verso il blu.
Flushhhhhhhhhhhhh..............
Halleluja!

(ps altre canzoni atte alla bisogna?)

mercoledì 15 luglio 2009

FOOD FOR THOUGHTS (riflessioni dall'esselunga)

Ma se alla "Cassa veloce (max 10 pz.)" mettono una cassiera lenta, a cosa serve la cassa veloce?

Soundtrack: MONEY - PINK FLOYD


Money - Pink Floyd

lunedì 13 luglio 2009

BLONDIE (senza Dagoberto)

Dreaming (Debbie Harry, Chris Stein) – 3:08
The Hardest Part (Harry, Stein) – 3:42
Union City Blue (Nigel Harrison, Harry) – 3:21
Shayla (Stein) – 3:57
Eat to the Beat (Harrison, Harry) – 2:40
Accidents Never Happen (Jimmy Destri) – 4:15
Die Young, Stay Pretty (Harry, Stein) – 3:34
Slow Motion (Laura Davis, Destri) – 3:28
Atomic (Destri, Harry) – 4:40
Sound-A-Sleep (Harry, Stein) – 4:18
Victor (Harry, Frank Infante) – 3:19
Living in the Real World (Destri) – 2:53


Questa è la playlist di uno dei migliori album dell'intero periodo New Wave: EAT TO THE BEAT dei BLONDIE.
Il disco dove la band riesce a raggiungere la sintesi perfetta tra le 3 direttrici che ne componevano la musica: Punk, Dance e Pop.
La critica imperante tende a preferirgli il corposo PARALLEL LINES (sì, quello di Heart of Glass...) o anche il prequel di PLASTIC LETTERS. Entrambi eccellenti lavori ma non così equilibrati come EAT TO THE BEAT.
Qua ci sono i singoloni pop da classifica (Dreaming, Union City Blue, Slow motion), la disco ai suoi massimi livelli (Atomic, consentitemi di spezzare una lancia per questo pezzo ingiustamente meno famoso di Heart of Glass e di Rapture), i rigurgiti post punk (Accidents never happens, Living in the real world, Eat to the beat), le ballatone (Sheila, Sound asleep) il Funk (The hardest part) e il Reggae (Die young, stay pretty).
C'E' TUTTO QUELLO CHE SERVE e ai massimi giri di motore. Con una copertura di generi musicali a 360° come forse solo i Clash hanno saputo fare (nel tempo).
La band è al top della forma, ahimè non sarà mai più così energica e creativa.
Debbie canta da dea, Chris Stein è la mente suprema del progetto e buon chitarrista (e partner di Debbie), Jimmy Destri (tastiere) e Nigel Harrison (basso) le menti aggiunte (andatevi a vedere i songwriting.....gente così merita rispetto eterno), Frank Infante buon comprimario e poi c'è Clem, cazzo. Clem Burke. Probabilmente il più grande batterista di quei tempi. Stargli dietro doveva essere duro.
Di tutta sta roba vi posto un paio di cosette che ho messo in pista anche su FB. Sperando che vi siano gradite eccovi il video di THE HARDEST PART con una Debbie bruna e provocante e quello di ACCIDENTS NEVER HAPPEN, con mise classica e sempre efficace. Soprattutto quest'ultima è una canzone perfettamente in bilico tra rock pop e punk come poche altre.
Halleluja!







mercoledì 8 luglio 2009

MORPHINE Contro ogni dolore, sempre.

Uffa che palle. E' vero che Valerio lo prendo spesso un pò per i fondelli per quella sua innata capacità di impallinarsi con cose che il tempo poi generalmente tenderà a ridimensionare.
Però ci son delle volte in cui ti apre delle prospettive nuove e inattese, dandoti la possibilità di espandere i tuoi confini.
Ergo bisogna sempre andare a scandagliare quello che ti propone.
A volte torni a casa un pò deluso, altre esaltato (quasi) come lui.
MORPHINE per esempio, del fu Mark Sandman.
Dopo averne letto in ogni dove mi sono armato di youtube e sono andato a cercare delle cose.
Per adesso non ho trovato niente di brutto.
Anzi in quei 4 o 5 pezzi ho trovato almeno un paio di perle.
Una è questa.
Non so innanzitutto come definire questo "non genere".
Indie-Rock è troppo inutile e fuorviante ed oggi non significa più niente.
Diciamo che il gruppo è un trio basso-sax e batteria. E già questo mette in ansia. Per la definizione.
Fanno un rock un pò gloomy, tristanzuolo e strisciante ma emozionalmente potente.
Con delle bellissime striature jazz apportate dal grande sax di Dana Sculley Colley (o ho sbagliato nome io o si chiama come il personaggio di X-Files) (anche se è un uomo barbuto e non una federale in tacchi a spillo).
Poi Mark Sandman aveva una gran voce. E anche questa è una certezza.
Poi le canzoni che non conosco ancora bene ma hanno sicuramente originalità e fascino.
Vi inoltro quindi questa "Buena", invitandovi a visitare il sito di Valerio per approfondire.
Halleluja!
 








lunedì 6 luglio 2009

tormentoni e meteore - 1

Come ogni anno all'apparire del primo caldo becco, iniziano gli immancabili servizi dei tiggì dedicati ai "mali di stagione".
Come sopravvivere al caldo evitando di uscire nelle ore centrali della giornata e bevendo molto (sic!), come sopravvivere agli esodi estivi da milioni di auto contemporaneamente sulle autostrade, come andare in vacanza senza fare mutui, come spegnere le sigarette nel portacenere dell'auto senza buttarle dal finestrino eccetera.
Il tutto condito da filmati di repertorio che ormai hanno qualche annetto come la pubblicità del grande pennello e della famosa cedrata.

E come ogni anno iniziano i servizi sui mitici Tormentoni, dove puoi riascoltare la discografia completa dei Righeira e di Valeria Rossi, e vedere pirotecniche esibizioni sulla pista del villaggio vacanze dei 65enni in calore al ritmo di macarene, meneiti e mambonamberfaiv.

Io voglio ricordarne uno del 2001, uno che purtoppo per quella band pare dedita ad altro ha rappresentato il marchio a fuoco peggio di mysharona con i knack.

MAMMA INSEGNAMI A BALLAR, dei torinesi TRIBA', furoreggiò quell'anno e continua a farlo immancabilmente all'apparire dei primi caldi.

E chissà se molti pensano a misteriosi ed esotici cantanti creoli o orchestre caraibiche.

Invece niente, sono solo i TRIBA'. Una band di Torino. Chissà se esistono ancora. Nel caso, fatemi sapere.
Halleluja!



Tribà - Mama insegnami a ballar