Siamo tutti figli di queste cose qua, non dimentichiamocelo mai.
Uno non c'è più, l'altro teniamocelo stretto.
Dario Fo sullo sfondo chissà ancora per quanto.
Scusate non voglio assolutamente portare sfiga, solo m'inquieta non poco sapere che tra qualche anno tutto questo andrà perduto "come lacrime nella pioggia".
Ma per fortuna ci sono i blog, il tubo e qualche povero cristo come me, come noi, che fra qualche anno riposterà ancora i nostri pezzi di storia.
Buonanotte. E sogni d'oro.
Bello questo concetto, nato per caso e rafforzato dalla tua considerazione. Mi piace l'idea che tra cinquant'anni ci sarà qualcuno (magari i nostri figli) che posterà ricordi dal passato per perpetuarli alle nuove generazioni. La nostra passione per la musica fa sì che noi si abbia questo piacere ma anche questa responsabilità.
Perchè 2 giganti di queste dimensioni non ne sono più nati in tempi recenti?Se mi sgaglio vi prego di farmi i nomi di personaggi dello stesso spessore che magari al momento mi sfuggono.
Mamma mia che nostalgia...e che tristezza nel constatare che una volta persi questi geniacci della tv, della musica, del teatro, del cinema, ecc...siamo di fronte al deserto culturale, o quasi. Non è il solito lamento tipo " si stava meglio quando si stava peggio.. " , è un dato di fatto !! Si accettano smentite ^_^
piri piri pirippippippiri piri....che testo triste quello del telegrafista......comunque hai ragione, enzino maestro di vita, guru, qualsiasi cosa ma "oltre" la musica
La canzone più toccante del Prof. Enzino, per chi abbia vissuto a Milano negli anni ‘40/’50, è indubbiamente “El me indiriss” (“Il mio indirizzo”, per i terùnitt), che risale al 1975. Quando ne ho sentito la sua reincisione di 4/5 anni fa, a 70 anni, mi è venuto “el magùn” (che sarebbe una specie di pianto trattenuto… “un forte groppo alla gola”, avrebbe detto il Sor Cilindro…). Perché la vita cittadina e le situazioni da “roba minima” descritti nel brano erano proprio quelli, allora… Negli anni ’40, quantomeno… A meno che tu non fudèssi il figlio del RE… o di qualche “cumenda” emergente…. Questo il testo, tradotto, per i soliti terùnscéi, nel dialetto di Dante, quello dell’olio, - EL ME INDIRISS / IL MIO INDIRIZZO . [parlato] Non ce l’ho la biro, non c’ho la biro. Va bene, non c’ho la biro, e allora? No, scusi, eh… lo so anch’io ch’è duro stare in fila… L’ho fatta anch’io la fila, senza la biro… Ho preso tre giorni di malattia per venire qui, sempre senza la biro… Ma se avevo la biro ce la chiedevo a lei? Va beh, allora stiamo qui tutta la vita in fila perché io non c’ho la biro… Ah, grazie eh! . (cantato) L’indirizzo di dove sono nato Io non me lo ricordo neanche più. Ma era una casa vecchia e per pisciare Tripli servizi, sì, ma in mezzo al prato. . Il mio indirizzo di dove sono nato Me l’hanno ricordato ieri in Comune Cercavo un documento di residenza E mi è venuta in mente tutta l'infanzia. . Eravamo una banda di sei ragazzi Volevamo far saltare per aria tutto il mondo Facevamo la colletta alla mattina Per 4 Alfa e 2 Esportazioni. . Tornavo a casa la sera e la mia mamma Mi puliva il naso tutto sporco di sangue Perché la legge era di darle via Ma era anche quella di prenderle. . A pensarci bene chissà che fine hanno fatto Quei miei compagni balordi che volevano spaccare il mondo Ma poi la vita fa quel che vuole Chi va, chi resta e c’è chi invece muore. . Ma sono già passati due o tre minuti E io mi rendo conto che ho rotto le palle. Ho qui il mio bel documento di residenza Cià, via andare… e vada a quel paese anche l’infanzia. . [parlato] E non ce l’ho la biro, Se c’avevo la biro, scusi, non ero mica obbligato a chiedercela a questo signore qua, no – ben gentile. Scusi? E lo so anch’io ch’è duro stare in fila! Lo dice a me? Non ce l’ho la biro! No, perché qui salta fuori che uno che lavora al tornio senza la biro è un pirla! T’è capii?
ah, in chiusura del cantato l'Enzino dice: "Cià, via menare… e va a dàa via ‘l cù anca l’infansia!" . ho tradotto "Vada a quel paese" perché in fondo sono un gentleman...
9 commenti:
giusto; noi blogger siamo i "guardiani della memoria" un pò come il personaggi di Farenheit 451.
Bello questo concetto, nato per caso e rafforzato dalla tua considerazione.
Mi piace l'idea che tra cinquant'anni ci sarà qualcuno (magari i nostri figli) che posterà ricordi dal passato per perpetuarli alle nuove generazioni.
La nostra passione per la musica fa sì che noi si abbia questo piacere ma anche questa responsabilità.
Perchè 2 giganti di queste dimensioni non ne sono più nati in tempi recenti?Se mi sgaglio vi prego di farmi i nomi di personaggi dello stesso spessore che magari al momento mi sfuggono.
Mamma mia che nostalgia...e che tristezza nel constatare che una volta persi questi geniacci della tv, della musica, del teatro, del cinema, ecc...siamo di fronte al deserto culturale, o quasi.
Non è il solito lamento tipo " si stava meglio quando si stava peggio.. " , è un dato di fatto !!
Si accettano smentite ^_^
piri piri pirippippippiri piri....che testo triste quello del telegrafista......comunque hai ragione, enzino maestro di vita, guru, qualsiasi cosa ma "oltre" la musica
La canzone più toccante del Prof. Enzino, per chi abbia vissuto a Milano negli anni ‘40/’50, è indubbiamente “El me indiriss” (“Il mio indirizzo”, per i terùnitt), che risale al 1975.
Quando ne ho sentito la sua reincisione di 4/5 anni fa, a 70 anni, mi è venuto “el magùn” (che sarebbe una specie di pianto trattenuto… “un forte groppo alla gola”, avrebbe detto il Sor Cilindro…).
Perché la vita cittadina e le situazioni da “roba minima” descritti nel brano erano proprio quelli, allora…
Negli anni ’40, quantomeno…
A meno che tu non fudèssi il figlio del RE… o di qualche “cumenda” emergente….
Questo il testo, tradotto, per i soliti terùnscéi, nel dialetto di Dante, quello dell’olio,
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EL ME INDIRISS / IL MIO INDIRIZZO
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[parlato]
Non ce l’ho la biro, non c’ho la biro.
Va bene, non c’ho la biro, e allora?
No, scusi, eh… lo so anch’io ch’è duro stare in fila…
L’ho fatta anch’io la fila, senza la biro…
Ho preso tre giorni di malattia per venire qui, sempre senza la biro…
Ma se avevo la biro ce la chiedevo a lei?
Va beh, allora stiamo qui tutta la vita in fila perché io non c’ho la biro…
Ah, grazie eh!
.
(cantato)
L’indirizzo di dove sono nato
Io non me lo ricordo neanche più.
Ma era una casa vecchia e per pisciare
Tripli servizi, sì, ma in mezzo al prato.
.
Il mio indirizzo di dove sono nato
Me l’hanno ricordato ieri in Comune
Cercavo un documento di residenza
E mi è venuta in mente tutta l'infanzia.
.
Eravamo una banda di sei ragazzi
Volevamo far saltare per aria tutto il mondo
Facevamo la colletta alla mattina
Per 4 Alfa e 2 Esportazioni.
.
Tornavo a casa la sera e la mia mamma
Mi puliva il naso tutto sporco di sangue
Perché la legge era di darle via
Ma era anche quella di prenderle.
.
A pensarci bene chissà che fine hanno fatto
Quei miei compagni balordi che volevano spaccare il mondo
Ma poi la vita fa quel che vuole
Chi va, chi resta e c’è chi invece muore.
.
Ma sono già passati due o tre minuti
E io mi rendo conto che ho rotto le palle.
Ho qui il mio bel documento di residenza
Cià, via andare… e vada a quel paese anche l’infanzia.
.
[parlato]
E non ce l’ho la biro,
Se c’avevo la biro, scusi, non ero mica obbligato a chiedercela a questo signore qua, no – ben gentile.
Scusi? E lo so anch’io ch’è duro stare in fila!
Lo dice a me?
Non ce l’ho la biro!
No, perché qui salta fuori che uno che lavora al tornio senza la biro è un pirla!
T’è capii?
ah, in chiusura del cantato
l'Enzino dice:
"Cià, via menare… e va a dàa via ‘l cù anca l’infansia!"
.
ho tradotto "Vada a quel paese" perché in fondo sono un gentleman...
e pensare che dei due, mannaggia, ho visto solo quello vivo. io che poi per gaber.....
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