martedì 4 dicembre 2012

Due al prezzo di uno, ovvero come David Bowie riesce ad essere credibile anche riciclando lo stesso brano

LODGER è l’album del 1979 che chiude idealmente la famosa trilogia berlinese di David Bowie.
Ho sempre amato questo disco anche perché è il primo disco di Bowie che ho comprato, incuriosito da un articolo su Ciao 2001. E che mi lasciò freddino all’ascolto, per almeno 2 o 3 anni.
Il tempo di iniziare a capirci qualcosa.
Col tempo Lodger ha acquisito valore, andando a rappresentare la punta della trilogia più proiettata nel futuro e meno nel breve-medio termine della New Wave nascente.
Ci sono moltissime contaminazioni “etniche” disparse qua e là, ma anche concentrate nel pezzo-muezzin “Yassassin” o nel tocco afro di ashanti nabari nabari “African Night Flight”, influenze peraltro giù udibili nella splendida The Secret Life of Arabia presente su Heroes (un pezzo che avrebbe dovuto stare su Lodger, per coerenza).
Ci sono suoni futuribili ma non sperimentali. Niente più facciate strumentali o suoni glaciali, ma canzoni sbilenche e distorte impreziosite dalla chitarra lacerante e straniata di Adrian Belew, a mio avviso l’uomo il cui suono si è sposato meglio con l’universo bowiano, insieme a quello di Mick Ronson.
Bowie parlò in molte interviste del disco, che penso gli continui a garbare parecchio (contiene per dire “Dj” e “Look back in anger”, due perle assolute).
Una curiosità che forse alcuni non conoscono è la coppia di canzoni “gemelle” contenuta nell’album.
Tutti ricordate il singolo apripista “Boys Keep Swinging”, quello con il video di Bowie vestito da donna (strano eh) e l’assolo assordante e totalmente distorto di Belew (uno degli assolo più innovativi che mi sia mai capitato di ascoltare).
Forse pochi ricordano invece “Fantastic Voyage” pezzo che se non erro apriva l’album.
Che rispetto al singolo presenta andamento più rilassato ma. Ma cosa? Ma che è esattamente Boys Keep Swingin (o Boys è esattamente Fantastic Voyage, il rapporto di dipendenza non è mai stato svelato) un po’ rallentata, con meno distorsioni e, ovviamente con un testo diverso.
Birichino di un Bowie, fece tutto questo per allungare il brodino, per prenderci per i fondelli o semplicemente per dare un’angolazione diversa ad una sua creazione artistica?
Io sarà che sono un fanatico ma propendo per la terza.

Voi che ne dite?





giovedì 29 novembre 2012

L'importanza dei Radiohead

La prima volta che esporto un post da Facebook a Rocksaloon, ormai il mondo va all'incontrario e dal piccolo commento si risale al ragionamento più ampio come i salmoni quando vanno a deporre le uova.....ad ogni modo parlavo con i miei amici come Thom Yorke e soci, qua al secondo album, parevano destinati a riscrivere le regole delle pop songs. 
Poi si sono rotti i coglioni quasi subito e hanno pensato con un filo di presunzione (ma neanche tanta eh) di riscrivere le regole della musica moderna definendo quello che sarebbe stato il sound del secondo millennio. High and Dry l'ascolterei in loop per ore, The Bends che lo contiene è bellissimo, magari non come Ok Computer, ma quasi. Però sono album quasi "normali" nella loro struttura. 
Col tempo, e con una certa fatica, ho imparato ad amare anche Kid A, che resta episodio incredibile e rivelatore. Dopo Kid A molta musica è cambiata. 
Io ci ho messo anni a metabolizzarlo, e con Amnesiac non ho ancora finito....ma sento che finirò per comprendere anche quello. 
Alla prossima non so se qua o su FB ma tanto, in tutta onestà, che differenza fa?

mercoledì 14 novembre 2012

Il gruppo del momento

Insomma la musica va avanti come dicono sempre quelli che non ci si può fermare a rosicare sempre sui pezzi della tua adolescenza.
E se la musica va avanti è anche grazie a gruppi che riescono a stare in buon equilibrio tra originalità e mainstream che di quelli troppo alternativi non se ne ricorda nessuno e quelli troppo mainstream è lo sputtanamento, come dicevano i grandi cochi e renato prima che renato iniziasse ad utilizzare anche il cognome (diventando meno alternativo e più mainstream, appunto).
A PLACE TO BURY STRANGERS vengono dal crogiolo alternativo di New York, che da almeno 4 o 5 anni sforna "next big things" in quantità industriale. Suonano un rock un pò alternativo ma anche no, pieno di riferimento sonori agli '80 meno lustrinati e qualcosa di noise e qualcosa di shoegaze, niente a che vedere con l'elettronica eccessiva o con i ritmi etnici brooklyn style.
Suonano belli tosti e il loro terzo album WORSHIP pare destinato a consacrarli definitivamente.
Qua uno dei pezzi migliori, secondo me, And I'm Up.

mercoledì 7 novembre 2012

L'omino di Tulsa

Amo quest'uomo.
Sì, un "pochino" anche Eric Clapton, ma mai come JJ Cale.
L'omino di Tulsa senza il quale molte "derive" (Knopfler e co.) del rock and blues non sarebbero mai esistite.
Senza il quale forse nemmeno la carriera solista di Clapton sarebbe mai decollata a livello mainstream.
L'omino di Tulsa è sempre stato schivo, avaro di mosse e di virtuosismi eppure tocca la chitarra come pochi e canta strascicato e biascicato come nelle migliori tradizioni del blues.
Ma è un antidivo per eccellenza, forse il più grande antidivo, assieme a Van Morrison e Leonard Cohen.
E in questo filmato, girato ad uno dei vari Crossroads Festival, amo il momento in cui JJ si gira tutto storto spalle al pubblico e lancia il solo di Eric con uno sminchiatissimo "Hey Clapton...." (della serie facce vede che sai fare).
Solo. I. Più. Grandi.
Goodnight everybody.

domenica 28 ottobre 2012

Hellapeppa! HELLACOPTERS!

"Musicalmente il gruppo si propone come un incrocio tra Mc5, Motörhead e Kiss." (cit. Wikipedia).

Con un incipit così come potevano, ex-post, non piacermi?
Svedesi, nati dalle ceneri degli Entombed (death metal) e dei Backyard Babies (guns and roses style + o -), gli HELLACOPTERS sono durati dalla seconda metà dei novanta alla seconda metà dei 2000.
E sono stati a tutti gli effetti alfieri del cosidetto rock and roll scandinavo di fine millennio, un non-genere che ha mietuto parecchie vittime tra le quali il sottoscritto.
L'incipit di wikipedia non è completamente esaustivo, as usual. Mancano i riferimenti alla tradizione (Kinks) e al Punk (sempre wikipedia li definisce garage punk). Ma un certo non so che di "dirty rock and roll" traspare a ragion veduta un pò qua e un pò là. Ci sono gli assoli, nervosi e brevi, ma nel punk gli assoli erano praticamente banditi.
Certamente meno hard rockers dei Turbonegro, glorioso gruppo norvegese assieme ai quali rappresentano ai miei occhi due diamanti grezzi che la musica anglosassone non ha.
Non mi sento molto da aggiungere, gli Hellacopters sono stati troppo diretti, un calcio in faccia e due pacche sul culo praticamente disco dopo disco. Vanno sentiti e visti. Per chi li conosce un piacevole refresh, per chi non li conosce un motivo in più per correre lassù al Nord. Dove osano le aquile del rock and roll.
Qua in un fumigante e grezzissimo live dei primi tempi, un audio da schifo abbinato ad un energia da paura, roba veramente da leccarsi i baffi.
See ya.

mercoledì 24 ottobre 2012

Ride On e un pò di dediche sparse


Dedicato a tutti quelli che.....continuano a pensare che gli AC/DC abbiano scritto una sola canzone nella loro ormai quasi quarantennale carriera.
Dedicato a Bon....uno dei grandi trapassati del Rock, uno scozzese catapultato in terra di canguri e geneticamente affezionato alla bottiglia, alle auto da corsa, alle belle donne, insomma un pieno di clichè che poi però lo senti cantare e capisci quanto sia stato unico e inimitabile, altro che clichè, che tu possa riposare in pace con la tua passione e con la tua gola riarsa.
Dedicato ad Angus.....che quando incideva questo mid tempo blues era ancora minorenne e aveva voglia di suonare dei veri e sentiti assoli di blues (non le due tre note che sparacchia da back in black in poi).
Dedicato a chi.....in quegli anni là, si perdeva tra trip cosmici e hard rock da stadio e sarebbe stato spazzato via in pochi mesi dall'esplosione punk senza sapere che laggiù in "the land down under" un paio di fratellini emigrati dalla Scozia ignari e assolutamente immuni a quanto succedeva in america e in britannia avevano già costruito uno stile che, volenti o nolenti, sarebbe andato contro le mode, contro i trend, contro tutte le previsioni. E sarebbe -ahivoi- durato più del prog, più dell'aor, più del punk.
Oh, i generi passano e loro invece sono ancora lì.
Buonanotte e RIDE ON, domani penseremo alle next big thing in arrivo da brooklyn o da sheffield.
 

domenica 14 ottobre 2012

no l'amore non è nel cuore, ma è riconoscersi dall'odore

Nel 1977 non avevo idea che la vita mi avrebbe portato a Milano e guardavo da lontano a questa grande metropoli con un misto di paura e di ammirazione. Erano anni bui e io da ragazzino non capivo molte cose, mi limitavo a registrare gli eventi e a dipingere nella mia mente una realtà possibile ma non sicura.
Anche se molto giovane ero stato conquistato da SUGO, album epocale di Eugenio Finardi del 1976 con molti musicisti degli Area a dar man forte, e dal singolo generazionale "Musica Ribelle" del quale ho già scritto in passato e che forse mi spinse sulla via del rock.
Non voglio ripetermi sulla grandezza di questa canzone pertanto salto un anno e vado a DIESEL, l'album che per noi ragazzini quattordicenni sembrò un tonfo della madonna. Ma come? Dov'era finita la ribellione sotto la cenere dell'album precedente? In una serie di canzoni più soft e riflessive, molte delle quali d'amore?
Eppure con gli anni Diesel ha riacquistato smalto, almeno agli occhi degli adolescenti di allora, visto che crescendo le pulsioni rivoluzionarie si sgonfiano e sale la ricerca di qualche certezza legata anche alla vita quotidiana.
In quell'album, che molti a torto giudicarono fiacco, c'era questa splendida canzone che resta a tutti gli effetti una delle migliori nel descrivere il rapporto di coppia.
NON E' NEL CUORE, di Eugenio Finardi, quando ancora credevamo che sarebbe stato il più grande cantautore di tutti i tempi, resta una delle migliori canzoni italiane di quegli anni, E non invecchia neanche male, ad ascoltarla oggi è molto meno datata di Musica Ribelle.
Augh!

mercoledì 10 ottobre 2012

una pazzia contagiosa!!!

in verità in verità vi dico. ma cosa vi dico?
vi dico che sono stufo di vedere gruppi hipster tutti tesi ad essere i più cool o ad essere i più in linea con la moda del momento.
dai discendenti degli arctic monkeys alla scena di brooklyn si vabbè c'è qualcuno che mi intriga ma siccome io sono un pò ondivago e non troppo normale mi mancano quei gruppi pazzi e sregolati da cui puoi aspettarti di tutto, dalle cazzate al capolavoro.
insomma non so se si è capito che mi mancano i MADNESS!
lo so che ancora sono in giro e fanno dischi ma non raccontiamocela.
gli anni 80 sono stati nobilitati da poca gente, tra questi la scena proveniente dallo ska revival e poi allargatasi a molti altri tipi di suoni sono tra i maggiori.
ci metto anche gli SPECIALS di Terry Hall (tra parentesi Ghost Town è uno dei miei pezzi preferiti di sempre) ma il "quid" di follia che avevano i Madness non ce l'aveva nessun altro.
d'altronde......mai la parola NOMEN OMEN fu meglio spesa.
adsalut, people.

venerdì 28 settembre 2012

I see THE DARKNESS

.....ok ok non è Bonnie Prince Billy.....è solo che è tornato Justin Hawkins e non sapevo come dirlo.
Quel simpatico cazzone è tornato dopo 7 o 8 anni dal secondo (e non esaltante) lavoro dei Darkness, inglesi col vizietto del ritornello e del chitarrone.
Così a prima vista sembra che non sia mai andato via, non c'è niente di nuovo se non la buona vecchia e autoironica miscela di AC/DC, Queen e un pò tutto il glam e l'hard rock degli anni 70.
Sembra che per i Darkness gli anni 80 (per non parlare dei decenni successivi) non siano mai esistiti se non per qualche vaga reminiscenza AOR che comunque fa capolino qua e là.
Cialtrone? Molto.
Paraculo? Parecchio.
Ma credetemi, il buon Justin sa dove andare a parare, dove mettere le note giuste e dove mettere i polpastrelli quando suona la chitarra.
Stamani in autostrada con il nuovo singolo a palla cantavo che sembravo uno del coro degli alpini dopo aver vuotato le bocce delle grappa.
EVERYBODY HAVE A GOOD TIME è spassosa, appiccicosa, totalmente infondata e priva di reale motivazione ma talmente goduriosa che ci caschi dentro fino al midollo. E sopporti anche l'ennesimo videoclip non-sense privo di garbo e sobrio come uno sciacquone amplificato col marshall.
Ma loro, per me, sono irresistibili. E non mi fate le solite pippe, non cambio idea.
See ya.


http://video.virginradioitaly.it/tv/episode/view/id/1741

domenica 23 settembre 2012

Blue Oyster Cult I LOVE THE NIGHT


Non potrò mai tralasciare di ascoltare questa fantastica band, ahimè.
Dentro ci sono 5 grandi songwriters, 4 ottimi cantanti solisti, strumentisti raffinati e mai banali provenienti dai circuiti underground newyorchesi degli anni 60.
Dentro c'è la musica rock a tutto tondo, dai Doors ai Led Zeppelin passando per i Blue Cheer e gli Steppenwolf e la psichedelia di fine anni 60.
Erroneamente etichettati come i Black Sabbath americani, in realtà sono un compendio rock di rara ampiezza e spessore, hanno spaziato tra i generi come pochi altri ed hanno anche (penso unici al mondo) tentato di "arricchire" i testi rivolgendosi a famosi autori di Science Fiction (Moorcock, Van Lustbader).
Il sodalizio con il produttore Sandy Pearlman (poi deflagrato in una marea di produzioni rock) costituisce ancor oggi uno degli esempi di come un bravo professionista poteva portare valore aggiunto alla "grezzitudine" di una band.
Vi posto questa che resta da sempre una delle mie favorite, un tune sospeso tra romanticismo e inquietudine (sentire l'arpeggio) che era un cavallo di battaglia della figura di maggior spicco della band, quel DONALD "Buck Dharma" ROESER che imbraccia la Gibson (spesso SG, talvolta Explorer) come pochi altri nel mondo dell'hard rock. E non mi riferisco alla postura. Pezzo contenuto nel controverso album "Spectres", uno dei più discreti e, al tempo stesso, oscuri della loro produzione, contenente grandi anthem da stadio (Godzilla, RU ready to rock), raffinate e sognanti ballad (questa qua e Death Valley Nights), hard rock song complesse e discontinue (Nosferatu, Golden Age of Leather).
Ad ogni modo "questa qua" si chiama I LOVE THE NIGHT.
Buonanotte, folks.

sabato 15 settembre 2012

I Colourfield e un album da riscoprire

Quando uscì "Virgins and Philistines" nel 1985 i Colourfield erano in giro da un anno e avevano già proposto parecchi pezzi. TERRY HALL, personaggio di primissimo piano del periodo (ex-Specials, ex-Fun Boy Three) si unì a due suoi bravi compari di Coventry e fondò la nuova band stanziandola in quel gran crogiuolo musicale che è sempre stata Manchester. 
L'album uscì come una sorta di greatest hits, contenendo gemme preziose ma già edite come appunto "Colourfield", "Take", "Thinking of you" e come la mia preferita "Castles in the air".
Un grande album dove (era il 1985) non ci sono praticamente sintetizzatori, dove domina un pop rarefatto di chiara matrice british (qualcuno ricorda i Prefab Sprout e gli Aztec Camera? siamo da quelle parti lì per capirsi) venato di malinconia.
I Colourfield non ebbero grande fortuna, il disco andò bene nei mercati anglosassoni ma non ci furono mai seguiti interessanti e il tutto si dissolse abbastanza velocemente.
Penso però valga la pena recuperare il lavoro credetemi, sia per chi non lo conosce affatto, sia per chi lo tiene gelosamente nascosto nello scaffale dei vinili come il sottoscritto.

martedì 4 settembre 2012

Chi l'ha visto? (secondo episodio): LA MUSICA

Pochi giorni fa leggevo che alcuni blog di cucina, causa traffico elevatissimo, "devono" diventare impresa ed assumere collaboratori. Ora con tutto il rispetto per la Cucina e per gli amici "food blogger", possibile che la Musica sia ormai relegata a passatempo di nicchia?
Non si vendono più dischi, ai concerti sempre di meno, si formano meno nuove band, non ci sono quasi più programmi televisivi (abbondano invece i talent show di cuochi!!!),  i temerari che ancora tengono in vita dei blog in tema sono costretti a confrontarsi tra di loro come carbonari, non parliamo delle riviste agonizzanti e delle tv specialistiche che spostano il proprio palinsesto sui reality e sui cartoon.
E non parlo neanche di me che scrivo avanzatempo e quando ho voglia, ma di vere e proprie (sulla carta) corazzate editoriali che non riescono più, nonostante la qualità, ad interessare nessuno.
Cosa sta succedendo alla musica?
Mancano sicuramente i contenuti a sfondo sociale che ne hanno sempre accompagnato lo sviluppo, ma non basta a giustificare il quasi totale disinteresse delle nuove generazioni. La Musica bene o male è cultura, non merita questa stagnazione.
Io per ora lancio solo un S.O.S, come facevano a suo tempo i Police, con una delle canzoni più grandiose della fine dei 70. Ammappela, sono già passati 33 anni......

venerdì 24 agosto 2012

Rival Sons e il "nuovo" rock

Sì vabbè, le virgolette.
Avete capito più o meno dai.
Il "nuovo" rock NON esiste. Semmai esiste una ri-proposta di vecchi schemi e stilemi.
A volte fatta coi piedi. A volte fatta con stile, competenza, bravura.
RIVAL SONS da Los Angeles (ma hanno successo in Canada più che altrove) sono una band che suona rock piuttosto duro ma pieno di pathos e che sembra emanata direttamente dagli anni 70. Un binomio che ci suggerisce subito il primo riferimento: gli Zeppelin.
Riferimento che aumenta di peso se guardiamo anche il look dei californiani e ancora di più se sentiamo l'ugola (d'oro?) di Buchanan.
Ma è nelle progressioni armoniche che fa capolino qualcosa dei Beatles, più Lennon che Macca direi.
Insomma niente di nuovo sotto il sole ma una bella canzone come non se ne sentivano da tempo: FACE OF LIGHT.
Buona fortuna ragazzi. 

lunedì 6 agosto 2012

"CHI L'HA VISTO?" (primo episodio)

Ora ditemi perchè e percome ci sono generi musicali che spariscono come ingoiati dai Langolieri (in un noto racconto di Stephen King, contenuto in 4 past midnight, erano delle entità metafisiche che divoravano il passato). Capisco le cosette più o meno di moda, che nascono e muoiono nel giro di due o tre anni.
Non capisco le correnti musicali che provengono dalla cultura e dalla tradizione di un paese e, pur fra mille difficoltà e solo in presenza di grandi personaggi che le veicolano, riescono comunque ad assurgere a dimensioni planetarie ed a influenzare gran parte della musica pop e rock susseguente.
Sto parlando del REGGAE, genere che non ho mai amato alla follia trovandomi lontano anni luce dalla sua filosofia, ma a cui ho sempre riconosciuto oggettivamente uno spessore straordinario.
Non era mica un opinione che in tutti gli anni 70 e anche un pò di 80 si trovassero artisti giamaicani in cima a tutte le classifiche e a riempire gli stadi. Certo non potevano essere tutti enormi come Bob Marley ma insomma ce n'era di ogni. E il classico battito in levare veniva largamente impiegato in tutti i possibili generi come una modalità ritmica nuova. Se penso che anche Hotel California degli Eagles nasce dall'idea di dare un taglio reggae al country rock dei californiani (poi in sala d'incisione si annacquò parecchio la cosa ma l'intento originale di Don Henley era quello).
Insomma il Reggae non è stata la moda di un mattino e anche se i suoi big per un motivo o per l'altro hanno levato le tende mi pare incredibile che oggi esista solo come sub genere di nicchia o in qualche furba campionatura di Sean Paul per non parlare di Shaggy.
Insomma dov'è finito il reggae, chi l'ha visto?

lunedì 30 luglio 2012

gli opposti si attraggono sempre

Insomma si sapeva che Joey era un fan di Phil Spector e che quando fu possibile lavorare insieme i due ci dettero dentro da paura.
Johnny non era molto d'accordo avrebbe preferito il sound dei primi lavori della band in eterno ma insomma bisognava dare una piccola svolta alla carriera dei ragazzi che si era un pò incanalata.
END OF THE CENTURY è il primo disco dei Ramones che ho comprato, pensando ad una specie di rockabilly revival, poi capii che era un filino diverso.
Il punk già ampiamente melodicizzato dai Ramones qua diventa zucchero allo stato puro roba da cariare i denti ma anche al tempo stesso saturazione totale dei sensi. L'immedietezza totale dei ramones (one two three four e via) incontra sulla sua strada il perfezionismo allo stato puro capace di registrare per giorni una nota finchè non veniva come diceva lui.
L'incontro tra la grezzezza dei Ramones e il famoso "wall of sound" del pop di Spector dette alla luce un album irripetibile nella storia del gruppo e in genere della musica rock.
End of the century ancora oggi (raccolte a parte) è l'album più venduto in USA dei ragazzi del Queens e ci sarà un perchè, il perchè è che a volte anche gli incontri più improbabili danno vita a creature nuove, non sempre ibridi orripilanti, talvolta appunto creature nuove che meritano di vivere e brillare per poco magari, ma meritano.
Che poi ce lo vedo Johnny a tentare di fare l'attacco di rock and roll high scholl una cinquantina di volte per fare contento Phil, un ossimoro concettuale grandioso che la dice lunga su come devono essere andate le registrazioni.......
Insomma basta con le ciance e via con il pezzone che rese celebri i ragazzi anche in Italia dove li conoscevano sì e no 4 gatti, sarà anche questo un merito no?


martedì 24 luglio 2012

Andate tutti affanculo



Al cinismo più bieco e posato
tipo quello da cantautorato
esser stronzi è dono di pochi
farlo apposta è roba da idioti

A chi è andato a vivere a Londra
a Berlino, a Parigi, a Milano o Bologna
ma le paure non han fissa dimora
le vostre svolte son sogni di gloria

A chi critica, valuta, elogia
figli di troppo di madre noiosa
l'arte è pensiero che esce dal corpo
né più né meno come lo sterco

Alle donne, agli uomini ai froci
vi amo, vi adoro e ricopro di baci
corpi ignudi sgraziati o armoniosi
perdenti per sempre perfetti per oggi

A voi che vi piace di farvi fregare
dai nati vincenti, dal navigatore
dalla macchina nuova e dal suo fetore
dalla prova finale dall'uomo che muore

martedì 17 luglio 2012

domenica 15 luglio 2012

Leggende viventi (e anche piuttosto in forma)

Ok bon, il 24 maggio è uscito il nuovo singolo degli Aerosmith, "Legendary Child" che anticipa l'album non ricordo come si intitola in uscita in tutto il mondo alla fine di Agosto.
Che dire, trattandosi di una band ormai leggendaria, che il titolo è molto autoreferenziale così come l'intro del video? E vabbè, da loro ci si può attendere questo ed altro, li perdoniamo di sicuro.
Perdoniamo anche la commistione di Sweet Emotion e Rock this Way che innerbano questo brano, non del tutto nuovo di pacca (la prima versione era stata messa giù per Get a Grip del '91).
Perdoniamo anche l'ennesima mancata occasione di sterzare verso qualcosa di più "traditional" (ricordate lo splendido bluesy Hunkin on bobo di qualche anno fa?).
Insomma perdoniamo loro qualsiasi cosa perchè quando "tirano" un pezzo così come se fossero ventenni c'è poco da dire. Moriranno sul palco suonando, questo è certo.
Dinosauri? Forse. Ma dinosauri dannatamente charming e con una classe sconfinata.

PS perdoniamo anche la meche bianca di Joe Perry? Massì va......

domenica 8 luglio 2012

GUCCINI FOR DUMMIES

Ci sono molti modi di rapportarsi a Francesco Guccini. Vediamone alcuni.
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INDIE SNOB: "Ehi, ancora con questi cantautori che non hanno mai capito un'acca di musica, loro e le loro nenie pseudo intellettuali..."
TARDO HIPSTER: "Non dirmi che ancora ascolti quelle robe là da Prima Repubblica"
CANTAUTORE DYLANIATO: "Esiste solo DeGregori, tutto il resto è un filler".
GGGIOVANE DI OGGI: "Guccini? E chi cazzo è?"
ABITANTE DI PAVANA: "Ma come? E' tornato a stare qua? non poteva restare a Bulagna che almeno non arrivavano giornalisti a rompere i maroni"
TOSCANO MEDIO: " Guccini è l'unico cantautore degno di questo nome. L'unico che abbia veramente graffiato il perbenismo e la società insieme a Edo (Bennato, nda)"
ESTEROFILO: "Che musica di merda".
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IL SOTTOSCRITTO, VELOCE, IN DUE PAROLE TIPO TWITTER: "Guccini non è un musicista, è la tua coscienza che ogni tanto ti dà qualche segnale di vita". 

A voi in una delle sue cose migliori, per testo, musica, intensità, umanità, poesia.


martedì 3 luglio 2012

IPSE DIXIT 2

Diciamo che Ozzy, per quanto fulminato, non mette mai  lì le parole per caso.
Diciamo che l'Ipse Dixit n.1 viene abbondantemente spiegato dall'Ipse Dixit n.2.
Diciamo.

STING
"Il successo rende necessario un grado di spietatezza. Davanti al dilemma di scegliere tra amicizia o successo, probabilmente sceglierei il successo."



O no?

venerdì 29 giugno 2012

IPSE DIXIT 1

"A volte sono spaventato di essere Ozzy Osbourne. 
Ma mi sarebbe potuta andare anche peggio. 
Avrei potuto essere Sting."


lunedì 18 giugno 2012

ENYA e le allucinazioni collettive


L'altro giorno mi sono imbattuto in una canzone di Enya e mi si è ri-scoperchiato un mondo che pensavo fosse appartenuto solo alla penna di Tolkien. Ma che davvero c'è stata un'epoca che stavamo tutti a sentire la musica celtica quella col gaelico che non ci si capiva niente nei testi ma che faceva così figo sentire e poi raccontarlo agli amici tipo hai sentito quella bucolica me pare "jjkkssnagard ghwgnifen lirrtyyyyskandergarden" oppure era "snirlfs ognnath ynnnnnerscc"? Poi sono arrivati i Sigur Ros a fare titoli ancora più ridicoli ma insomma vuoi mettere il fascino della verde Irlanda e dei fiordi e del salmone appena pescato? E giù di Clannad la mattina e la sera che parevi rincojonito.


Ora ripensandoci non possiamo far del tutto gli stronzi e dire che era robaccia, siamo solo degli ignobili gelosi, in fondo le tradizioni e la cultura musicale dell'Irlanda hanno di fatto influenzato enormemente la nascita della musica moderna quale noi la concepiamo, andando a spingere gli ululati degli Appalachians via via che dalle aje si propagava mouth-mouth quella specie di proto-country da cui sarebbe nato almeno il 50% della musica rock (il resto viene dal blues, ovviamente).


Ma a noi, da Sgurgola Marsicana a Ovindoli, da Roncobilaccio a Pessano con Bornago, della musica celtica, che ce ne doveva fregare? Tanto valeva ascoltare quella dello Swaziland. Abbiamo la nostra di musiche folk, che basta e avanza. E invece tutti a fingerci druidi. Ce ne siamo intrippati bene bene e ce ne siamo beati come se avessimo tutti i capelli rossi e trapattoni come allenatore capo. Una moda collettiva che oggi, a dire il vero, è un pò passata.


Sembra un altro mondo, davvero.
E allora, per celebrarlo, rimettiamo sul piatto la deliziosa garbata, e anche un pò gnocca, ma pallosissima ENYA (all’anagrafe, pare ma vallo un po’ a verificare, dovrebbe fare qualcosa tipo Eithne Patricia Ní Bhraonáin) (pensa te da bambina quando si allontanava come la chiamavano) con uno dei suoi pezzi migliori che penso tutti voi prima o poi abbiate sentito mentre passeggiavate serenamente sotto il cielo azzurro d'irlanda, meriggiando sui bordi di un fiordo sorseggiando tè e dando morsi ad un salmone affumicato di 10 chili. Che poi ridendo e scherzando e gorgheggiando, piano piano poco poco ho letto che tra Clannad e carriera solista ha venduto 75 milioni di dischi. Esticazzi.


Next Stop, see ya


(tra parentesi, il video è bellissimo)

giovedì 14 giugno 2012

Painkiller e la fine di un'era


Correva l'anno 1990 e i JUDAS PRIEST ormai in declino dopo i fasti degli ultimi 15 anni davano alle stampe il disco definitivo dell'heavy metal. Da lì in poi, con il parallelo inaridimento del thrash (il filone che aveva reso ossigeno al mondo dell'hard&heavy) e l'avvento dei sub-generi avvitati su sè stessi avrebbe definitivamente decapitato il capostipite e reso l'hard una nicchia.
Capire PAINKILLER oggi è più facile, i Priest fecero il cosidetto canto del cigno e poi si separarono fino alla reunion (neanche tanto patetica, ma comunque sempre reunion è) del 2008. Ancora girano e spaccano ma, come si suol dire, sono diventati la cover band di sè stessi.
PAINKILLER mise il sigillo, per chi odia il genere è solo un disco di fastidioso metallo, ma per chi lo ha amato e seguito il disco in questione rappresenta questo:
"ecco adesso è stato veramente detto tutto e ai massimi livelli, più di così non si può, chi cercherà di fare ancora queste cose sarà solo un imitatore".
Negli anni a seguire arrivarono solo morti sgozzati, shredder e un rosario di generi sempre più incomprensibili (doom, death, grind e tutte quelle robe lì). Fino a vedere qualche luce negli ambienti post-metal (Isis e Neurosis i massimi a mio avviso). Oppure a vedere band ricopiare pedissequamente stili e metodi dell'epoca d'oro (cito i Trivium tra i tanti, che sono bravi sì ma si rifanno pesantemente al passato).
Dentro Painkiller ci sono tante belle canzoni, fra tutte spicca la melodica e cadenzata Touch of Evil che, spogliata dell'arrangiamento heavy, suonerebbe buona anche in un disco di pop. Perchè i Priest erano ottimi songwriter, oltrechè depositari dell'iconografia del genere.
Ma la title-track condensa in 7 minuti quanto si era saputo masticare e rimasticare nei 15 anni prima.
In particolare la chitarra di Glen Tipton (non credete a chi lo snobba, è uno dei 5 massimi guitar-hero del mondo hard) sciorina un compendio delle tecniche possibili non disdegnando l'hammering (quella col ditino della mano destra a martello sulla tastiera) di vanhaleniana memoria ma puntando molto sullo sweep-picking (difficile da spiegare, una specie di arpeggio velocissimo in cui guida la destra e la sinistra segue sulla tastiera, un pò invertendo i ruoli delle mani).
Ma nello sciorinare le tecniche Glen lo fa con il suo stile inimitabile. Anche lui parte della categoria "UN UOMO UN SUONO", guida l'assolo dentro una voragine di epicità e liricità che ha pochi uguali. Scale velocissime ai limiti dello shredding ma incanalate dentro una linea melodica da paura che solo lui è stato in grado di gestire per così tanti anni senza ripetersi e assurgendo al ruolo di modello per schiere di aspiranti axemen.
Praticamente l'assolo definitivo dell'heavy metal dentro il disco definitivo dell'heavy metal.
Tutto questo mentre esplodeva la potenza restauratrice del grunge e si delineava sullo sfondo la rinascita del rock che partiva dalle delicatezze e dalle tristezze del mondo low-fi e dalle distorsioni sonore del mondo del feedback.
Sarebbe stato un gran bel decennio, quello dei novanta. Ma prima c'era bisogno di chiudere i conti del genere che aveva dominato il pianeta rock per tutti gli anni 80.
E i Judas Priest, fra i maestri del genere, si incaricarono di fare l'ultimo tiro da tre, mutuando un linguaggio da basket.
Alla prossima.

giovedì 7 giugno 2012

Solo come un solo



Nasco rockettaro e per me l’assolo di chitarra (il “solo”) è e rimarrà sempre qualcosa di fondamentale.


Purtuttavia col passare degli anni ho sviluppato una diversa sensibilità verso gli assoli, il che mi ha portato a svalutare gente che pensavo esagerata e a rivalutare gente che pensavo poco più di un cane.

Questo perché l’assolo è composto da molte componenti, ognuna importantissima. Con la maturità arrivi a dare pesi più equilibrati alle diverse componenti. E quindi il mix che compone un assolo si modifica con tutte le conseguenze del caso. Andiamo a cercare di elencare quelle che io considero le componenti determinanti. Chiarimento: non sono un tecnico né un musico, quindi andrò alla cazzo di cane come pare a me.


La creatività

Ogni assolo è come se fosse una composizione. Un pezzo strumentale all’interno di una canzone. Il chitarrista bravo “scrive” l’assolo nota per nota, decide come inizia (magari come creare tensione, come introdurre il tema principale), come si svolge (quanto veloce, che scale usare, le tecniche, i collegamenti con la melodia base della canzone) e come finisce. Se deve essere più energico o più lirico, se deve avere una linea melodica memorabile o solo integrare quella della canzone. Insomma gli assoli PRIMA DI TUTTO si scrivono. Diffidate degli improvvisatori assoluti. Va bene una svisata in jam session ma quando siamo in sala d’incisione l’assolo va “progettato”.

La tecnica esecutiva

Deve essere adeguata all’assolo che si intende effettuare. Chi sa di essere superveloce o di saper usare a manetta lo sweep-picking può cimentarsi in scale pirotecniche, chi sa di essere un po’ più limitato deve puntare su altri aspetti (la melodia, le distorsioni, gli effetti). Non importa chi è più veloce ma chi mette la propria tecnica al servizio della canzone e dell’assolo che ci sta dentro. Brian May, che non è esattamente uno shredder, pone gli assoli come vere e proprie integrazioni del cantato di Freddie Mercury, te li ricordi nota per nota. E lo fa con la propria tecnica e con il proprio suono”. Molti lo schifano, ma averne.

La personalità

Ogni chitarrista che ambisca ad essere ricordato deve essere riconoscibile da subito. Che lo faccia scegliendo un suono inimitabile (Mick Ronson, Carlos Santana) o una tecnica a proprio uso e consumo (l’hammering di Van Halen, gli armonici di The Edge, gli arpeggi di Knopfler) non importa. Chi ha personalità spicca, tutti gli altri (anche più bravi tecnicamente eh) vanno a fare numero. Chi si ricorda dei Warren De Martini o dei Chris Impellitteri? Nessuno. Molti invece sanno chi è George Lynch o Yngwie Malmsteen. Criticabilissimi ma immediatamente riconoscibili.

La passione

E qui si entra molto nel soggettivo. Dopo anni e anni di ascolti penso si possa arrivare a riconoscere se l’assolo trasuda di passione o se è una cosa fredda messa lì, magari con garbo e bravura ma sempre fredda. Esempi? L’assolo di Like a Hurricane di Neil Young (non esattamente un mostro di tecnica) trasuda passione, alcune cose di altri due non esattamente tecnici come Lee Ranaldo e Thurston Moore pure, l’assolo di Beat it di Eddie Van Halen (peraltro mio idolo) invece assolutamente no. Lo stesso Eddie che mette passione nelle cose personali (sentire l’assolo di Little Dreamer), non ne mette se “prezzolato” da Michael Jackson.


Invito i miei pochi aficionados ad aggiungere “componenti”.


E una cosa mi preme sottolineare. M’inkazzo come una bestia quando su youtube vedo video di ragazzini di 12 anni o di aspiranti shredder che mostrano quanto sia facile replicare Eruption di Van Halen o l’assolo di Flying high again di Randy Rhoads o l’assolo di Confortably numb di David Gilmour. Ma bravi! Magari esercitandosi a manetta per tre mesi alla fine vi riesce davvero. E magari nei commenti trovate gente che scrive cose tipo “ellapeppa, anche un ragazzino sa suonare queste cose qua…..”. Ma la cosa da tenere sempre a mente è che quegli assoli sono stati scritti da qualcuno. E chi copia pedissequamente la gioconda di Leonardo non diventa Leonardo solo per essere un grande copiatore. Capito?

domenica 3 giugno 2012

SLEEPING BAG e le barbe

Il mio amore per questo powerissimo trio travalica quello puramente musicale e invade la sfera dell'empatia, come è giusto che sia per ogni vera passione.
Così come non amerò mai del tutto un gruppo che, per quanto bravo, mi sta pesantemente sul cazzo, allo stesso modo idolatro un gruppo che, anche se con evidenti limiti, mi sta sovranamente simpatico.
Come? Non sono obiettivo? Chissenefrega.
ZZ TOP forever e senza pensarci neanche un pò.
E non ce la meniamo con la solita tiritera che i primi album quelli più blues erano bravi poi si sono dati alle classifiche.
Io ce li ho ELIMINATOR e AFTERBURNER, son comunque due dischi della madonna.
I due barbuti (il divino Billy Gibbons un uomo un suono + il basso di Dusty Hill) coadiuvati da Frankie Beard alla batteria sono stati capaci come nessun altro di coniugare il ruvido rock blues degli esordi con ritmi dance e sintetizzatori. Un paio di album portentosi, pieni di canzoni, tecnicamente superbi, con suoni all'avanguardia e con un tiro da paura.
Che difatti sbancarono anche se la critica ad hoc, tipo quella del mucchio selvaggio e buscadero, storceva il naso....e vabbè saiquanto.
Camionate di hit singles dalle quali estraggo questa qua, che a me ha sempre fatto saltare sulla sedia.

lunedì 28 maggio 2012

La canzone più immediata che conosca è...

Le canzoni sono un mistero.
A prescindere dal fatto che ognuno di noi ha un rapporto personalissimo ed unico con i pezzi che conosce, non si può non notare come per certi pezzi la parola IMMEDIATEZZA sia universalmente condivisibile.
E non si tratta dei pezzi migliori o di quelli di maggior successo commerciale, si tratta di pezzi che amen, appena li senti li memorizzi ti si stampano a vita non escono più dal file che hai nel cervello e te li porti dietro tutta la vita.
Potresti partire da LOUIE LOUIE per dire e proseguire fino a MY MY HEY HEY.
Ma anche gli stessi artisti non sempre addivengono ad una canzone immediata, resta un mistero come gli venga fuori dalla penna.
Che penseranno una volta che l'hanno scritta? Ommadonna come mai mi è venuta così di getto? Avrò mica scopiazzato qualcosa senza volere? Dai dimmelo. No riprovala che questa fa il botto.
E via di YOU REALLY GOT ME e SHEENA IS A PUNK ROCKER.
Ma la canzone che io reputo la più immediata in assoluto nella storia del rock (ho detto immediata non migliore) è sicuramente questa.



La prima volta che l'ho sentita è come se l'avessi sentita altre millemila volte prima, e non mi sembrava copiata da niente.
Che poi capisci anche perchè, per quanto Joe fosse la "mente" culturale della band, i Clash non sarebbero mai potuti esistere senza Mick Jones.
La più grande rock and roll band di tutti i tempi insieme a Stones e Ramones.

giovedì 24 maggio 2012

MOBY FOR COMMERCIALS

Richard Melville Hall, in arte MOBY, nasce a New York nel 1965 e il fatto che sia quasi un mio coetaneo me lo rende simpatico. Oltre a questo trascurabile fatto, il suo essere un fanatico totale di David Bowie me lo rende ancora più simpatico.
Diciamo che è un artista che si è un pò perso per strada. Ma che dagli esordi nei primi 90 fino alla fine del decennio si è fatto apprezzare.
Genietto dell'elettronica, passata al filtro dance spruzzata di soul, MOBY realizza il suo colpaccio nel 1999 con l'uscita di PLAY, successo planetario da una decina di milioni di copie vendute.
L'album ancora oggi tiene, nonostante una passata di polvere, anche grazie alla miniera di potenziali singoli contenuti.
Un album che fu saccheggiato ai tempi dal mondo della pubblicità, che ne utilizzò canzoni e spezzoni per rendere più "cool" molti commercials e trovò ampio utilizzo anche nelle soundtrack delle produzioni televisive (documentari in particolare).
A me piace ricordare uno dei tanti pezzi noti di quel disco, la suadente "Porcelain", quella introdotta dal tappeto di synth e dalle note malinconiche di un piano (che accompagnerà tutta la canzone), poi sviluppata in una sorta di incedere di chiara matrice bowiana intercalato da intermezzi più modernamente (ripeto, si parla del 1999) chillout e vocalizzi soul di riempimento. Ma insomma che ve la descrivo a fare, sentitela e basta. See ya.

lunedì 21 maggio 2012

SHINEDOWN fanno catenaccio

Tra i gruppi Rock che oggi vanno per la maggiore non si possono non citare gli SHINEDOWN.
Il gruppo proveniente dalla Florida è arrivato al decimo anno di carriera ed al quarto album, AMARYLLIS, prendendo un pò in mano (assieme a band come gli Avenged Sevenfold e i Disturbed) le ceneri dell'hard rock melodico americano. Rispetto alle due band citate gli Shinedown sono un pò meno hard e un pò più variegati. Svisano dal southern rock al post-grunge. E, piuttosto ben prodotti, immettono spesso un pò di "emo" nella loro musica, sia come contenuti che come melodie.
Il risultato è un mix di ottima fattura, privo di alcunchè di nuovo, ma capace di portare avanti con estrema dignità e professionalità un percorso di mainstream rock che oggi boccheggia seriamente a tutte le latitudini.
Insomma, fanno un pò di "catenaccio", come si usa dire in gergo calcistico.
E siccome oggi nel rock non gira nessun maradona o messi, già fare catenaccio ti permette di stare alto in classifica (il nuovo album ha esordito al 4° posto in Usa) e di far sperare che se uscisse qualche fuoriclasse il futuro sarebbe un pò più luminoso.
Nell'attesa accontentiamoci degli Shinedown e del poderoso cantato di Brent Smith.
Qua la hit single piuttosto tirata, molto epica e con un ritornello totalmente catchy, che tratta di una tematica delicata (il bullismo) andando un pò oltre i soliti clichè contenutistici del genere: BULLY.

domenica 13 maggio 2012

NO QUARTER

La mia nuova amica virtuale Harley Quinn ha riacceso in me l'antica fiamma (mai sopita) dei LED ZEPPELIN.
Claro che non è mai stato in discussione il mio amore viscerale per la band, probabilmente la più grande di tutte nel parco dell'hard&heavy anche se è riduttivo considerarla solo in quel comparto.
Ogni tanto ci ritorno sopra, come i salmoni che tornano dove sono nati dopo milioni di km di nuotate, e claro che sì, le canzoni sono ancora dentro di me.
In particolare una, quella che io prediligo. Perchè sono stron....strano e non mi importa di condividere col resto del mondo Stairway o Heartbreaker.
Io amo dal profondo del cuore, e arrivo a pensarla come una delle 10 canzoni della mia vita NO QUARTER, contenuta in uno dei dischi più controversi e misteriosi, Houses of the holy.
Un pezzo che è inutile descrivere, perchè contiene almeno 30 o 40 anni di rock. E non solo.

C'è la malinconia, c'è il dark side, c'è il pathos, c'è il riffone, c'è l'incedere mid tempo, c'è l'arpeggio strappalagrime, c'è la contaminazione con il jazz rock (sentite l'assolo e poi mi dite), c'è il blues, c'è il grunge che doveva ancora venire (soundgarden e black hole sun non sarebbero mai esistiti senza questo pezzo qua), c'è un artwork di copertina ancora oggi inimmaginabile, c'è la più grande band del mondo in azione e che sia studio version o che sia live version non ce n'è per nessuno.
Signori miei, un affresco sonoro dal secolo scorso che traccia la via anche in questo.   
E basta.
Alla prossima fermata.


mercoledì 9 maggio 2012

CREDERCI SEMPRE, un pò come i JOURNEY


Dopo 3-post-3-filo-new wave è giunto il tempo di tornare al classic rock.
Di fatto stamani andando al lavoro mi sono imbattuto in DON'T STOP BELIEVIN' e sono circa 4 ore che ammorbo i colleghi con quel coretto.
Che poi i JOURNEY non li ho mai veramente amati, diciamo che li rispetto. Non sono il mio genere; l'AOR lo conosco bene e ci sono parecchi pezzi che amo ma la mia cultura è un pò più hard e street, per dire.Quindi AOR a piccole dosi, nessun ascolto di album interi tutti di fila, ma una galleria di band e di pezzi incastonati comunque tra i miei preferiti di sempre.
E questo pezzo rientra a pieno titolo nella descrizione di cui sopra.
E' una canzone epocale per qualsiasi americano cresciuto negli anni 80, ha quell'aria di periferia un pò alla Bruce Springsteen. Ed è uno di quei pezzi che ti infonde ottimismo, carica, voglia di fare. In rete ad alcuni fischieranno le orecchie (ehm....Giovanni....) altri scapperanno via impauriti da cotanta melodia.
Ma fa niente, non si può mica piacere a tutti per forza. E bisogna continuare a crederci, sempre.
Perchè spesso "crederci" fa la differenza.

Just a small town girl
livin in a lonely world
she took the midnight train going anywhere
just a city boy
born and raised in south detroit
he took the midnight train going anywhere


domenica 6 maggio 2012

New Order nonostante tutto



A volte penso quanto sia stata dura per Sumner, Hook e Morris salire sul palco per tutti gli anni 80 con il fantasma di Ian Curtis sulle spalle. Che se CLOSER resta disco immortale, quello che hanno fatto i superstiti per almeno un paio di decenni è altrettanto importante.
I NEW ORDER sono stati la spina dorsale del pop elettronico inglese a partire dalla svolta epocale di Blue Monday e a finire con i vari side projects tipo i Bad Lieutenant, viaggiando sempre in parallelo con i CURE post-Pornography, alternandosi nella corsia di sorpasso a seconda dei momenti (True Faith, Lullaby....). Spesso penso ad invertire i vocals delle due band, ci starebbe benissimo Ciccio Smith a cantare le canzoni dei New Order.
Certo, le tematiche "dark", il nichilismo, il romanticismo insito in canzoni come Love will tear us apart, l'asciuttezza di Transmission e tutte quelle robe lì a cui tutti noi siamo attaccati come alla coperta di Linus......ma caspita, i NEW ORDER sono sempre partiti con l'handicap!
E visto quello che ne hanno cavato, cari signori miei, tanto di cappello.
E che BIZARRE LOVE TRIANGLE vi travolga!

giovedì 26 aprile 2012

KILLING JOKE

Esaurito il compito iconoclasta del punk, spuntarono quelli che facevano sul serio.
Agli albori degli anni 80 apparve o si consolidò un gruppo di band scevre dai simboli anarcoidi e nichilisti del movimento, piuttosto contestate da quelli della prima ora, ma vividamente proiettate nel futuro e vogliose di imporre la loro cifra stilistica di matrice dark. Dark in senso lato, non mi riferisco al filone della new wave che in Italia fu così denominato. Mi riferisco ad un certo modo di porsi, di creare immagini sonore e visive senza sorrisi e piuttosto passionali. Mi riferisco ad un certo tipo di musica potente, piena di riff ai limiti dell'hard rock, senza troppi sconti alla melodia. Una musica che veniva dal punk per allontanarsene e gettare le basi di una nuova era rock senza fronzoli ma di spessore.
Tre band portavano avanti questo discorso.
KILLING JOKE, BAUHAUS, STRANGLERS.
Tre band unite dal fil rouge dell'inquietudine. Uno strano sentimento lontano dalla malinconia dei gotici e lontano dalla furia dei punk, pur essendone stretto parente. A modo loro seppero mettere dei paletti sonori da cui sarebbe stato impossibile tornare indietro. Vogliamo chiamarlo post punk? Forse.
Di loro oggi metto i primi (avremo modo di riparlare degli altri due siatene certi), autori di uno dei più grandi "debut-album" di tutti i tempi, il self titled "Killing Joke" così compatto e livellato verso l'alto che ho difficoltà a sceglierne una. Direi REQUIEM o WARDANCE, le più famose ma non è nel mio stile mettere quelle che conoscono tutti. E allora "ripiego" su THE WAIT, un pezzo che dovrebbe far riflettere molti metallari sul vero senso della parola rock. E detto da me......
Alla prossima.

venerdì 20 aprile 2012

Una delle versioni migliori di A Forest (1992)



Non riesco a non emozionarmi ancora oggi, a 32 (!) anni di distanza da questo stupendo affresco sonoro, a 20 anni di distanza da questa esecuzione siderale con la formazione "allargata" del periodo della svolta pop, non riesco a togliere A Forest dalla lista delle mie canzoni da isola deserta, non riesco a sostituire i Cure con nessuna band "indie" venuta dopo di loro, non riesco a pensare a un altro che canti come lui.
E non è questione di essere un "passatista" è questione di pensare che di tizi come Robertino Smith il mondo della musica ce ne regali massimo uno ogni 30 anni. Forse anche di meno.
Grazie Lucien, per avermela fatta rientrare nelle ossa con il tuo post delle canzoni che ti hanno cambiato la vita.
Buon risveglio, è quasi l'alba.

lunedì 16 aprile 2012

Echo & The Bunnymen - The Killing Moon



In questo preciso istante questa canzone è tra le più belle che abbia mai sentito, seguita a brevissima distanza da The Whole of the moon dei Waterboys e da Here dei Pavement.
Sto tentando di trovare il filo conduttore ma forse è troppo tardi.
Ad ogni modo Ian McCulloch avrebbe potuto essere una supernova invece la sua parabola ha preso una piega diversa.....ma forse è meglio così.
Buonanotte e speriamo di rivederla, la luna, dopo giorni di nuvole pioggia vento e umido.

mercoledì 4 aprile 2012

Gomez - Get Miles


Qual è il problema dei Gomez da Southport UK? Probabilmente non essere mai stati trendy, non aver mai rappresentato seriamente una next big thing, non aver suonato low fi, non essere una bandiera troppo sbandierata del circuito indie. Insomma che cacchio ci stavano a fare in coda al brit pop degli anni 90 con quelle canzoni un pò psichedeliche? Non l'ha mai capito veramente nessuno ma loro sono andati avanti imperterriti senza mai raccogliere il meritato successo, in realtà presumo fregandosene perchè non hanno mai fatto ruffianate capaci di proiettarli in cima alle classifiche.
Conseguenza di tutto questo? Una delle band più sottovalutate di sempre.

GET MILES è il pezzo che preferisco di loro, ipnotico bluesy e un tantinello "in acido". Il primo pezzo del primo mitico album "Bring it on". Uno di quei dischi che hanno caratterizzato l'ultimo decennio del secolo scorso.
Chi ha raccolto oggi il loro testimone? Forse gli Spoon, un altro mio pallino.
Alla prossima.

mercoledì 28 marzo 2012

Robert Plant - 29 Palms (e Alannah Myles)




Dice la leggenda che il divin Robert Plant (oh divin per me, poi fate voi, a me la sua voce atterrisce per profondità espressiva e capacità tecniche, mai sentito un altro capace di passare da tono dolce a cattivo come lui, da velluto puro a motosega Husqvarna), dicevo......dice la leggenda che il divin Robert scrisse questa canzone, una delle sue più famose senza Page, dopo una breve love story con la cantante canadese Alannah Myles, e per chi se la ricorda diciamo che ne valeva la pena (oh se ne valeva).
Il che mi porta a sottolineare un paio di cose
La prima che il sempiterno detto "class is not water" viene puntualmente confermato nel corso degli eoni in cui si snoda la sua carriera (recentemente approdata al country soft) dal divin Plant. Ancor oggi questa canzone "minore", 29 Palms, (minore se paragonata al repertorio ingombrante degli Zep) riesce a stupire a svariati lustri di distanza per freschezza e bravura.
La seconda, visto che alcuni di voi saranno curiosi di sapere chi cacchio fosse questa Alannah, è che vi posto anche un suo video, che provano che i gusti del divin Plant non erano conquistati solo dalla carne ma anche dalle doti canore e sceniche della ragazza, per i canadesi una sorta di eroina nazionale.......qua nella sua canzone più nota al pubblico internazionale, Black Velvet.
Poi oh, quando ho più tempo e più voglia vi parlerò anche degli Eagles che non so se si è capito dal post di prima che The Long Road out of Eden è veramente un gran disco.
Ad Salut.

sabato 24 marzo 2012

Young the Giant - "Cough Syrup"



Bello avere amici in rete, un pò qua un pò là, un pò donne un pò uomini, un pò giovanissimi un pò maturi, un pò italiani un pò stranieri, di gusti i più variabili possibili.
Antonia di musica se ne intende abbastanza per farmi drizzare le orecchie ogni volta che mi consiglia qualcosa. E anche stavolta penso ci abbia preso. Magari questo interessantissimo gruppo non diventerà il più cliccato sul tubo ma la canzone è forte, pop moderno bello teso con sempre quel friccico di passato dietro le quinte che lo rende miele per le mie orecchie.


YOUNG THE GIANT è una band californiana un pò multirazziale, il disco d'esordio è del 2011 per la solita finta indie Roadrunner (a proposito, ma Roadrunner non era un etichetta da metallari?).
Cough syrup è, assieme a My Body, il pezzo che li ha un pò lanciati.
Non sarà diventato un tormentone, ma pare si sia fatto sentire parecchio. Io sono arrivato un pò lungo ma per i miei consueti tempi di assimilazione del nuovo sto facendo passi da gigante eh.

giovedì 15 marzo 2012

Shot Down in Flames e i "veri" AC/DC

Ormai sono dei vecchi babbioni ma trovatemi da qualche parte, andando avanti e indietro con il cursore del tempo, un'altra band capace di stare in bilico magicamente tra blues e hard rock come loro. Una chitarra semplice ma dal suono unico (quelle note, cazzo, nessuno le suona così intense a due all'ora), un cantante abrasivo come Bon, un mostro della chitarra ritmica (e autentico riff maker) come Malcolm.
Non sono uno di quelli che rimpiange i tempi andati, sono uno di quelli che rimpiange gli artisti.
Non ne verranno più così, ma anche prima di loro non ce n'erano stati di uguali.
Meglio o peggio sì, uguali mai.
Genuini, grezzi, potenti, diretti.
Rock and roll allo stato puro.
Qua in una delle incarnazioni migliori, prima del "gigantismo" post Highway to Hell che portò i canguri sul tetto del mondo snaturandoli un pò.

PS Non è che non abbia seguito il gruppo con Brian Johnson ma personalmente l'ho sempre trovato un pò meno originale. Non tanto per il timbro di Brian diverso da quello di Bon, quanto per le scelte stilistiche della band che virarono verso produzioni più monumentali e poderose. Ovviamente Back in Black è una pietra miliare ma gli AC/DC più scattanti agili "sporchi" e diretti resteranno per sempre quelli degli anni 70, quelli prodotti da Vanda & Young (George, zio dei fratelli e leader degli Easybeats). Highway to hell fece assaggiare la mano di Mutt Lange alla produzione ed esplodere il fenomeno a livello mondiale, seminando i germi del cambiamento. Poi la morte prematura di Bon Scott completò l'opera.
Ancora oggi, per chi volesse cimentarsi con la vera natura della band senza pregiudizi, io consiglio di ascoltare il live "If you want blood, you've got it" e di vedere il film "Let there be rock". Scoprirete i veri AC/DC, quelli che per me resteranno per sempre impressi nella storia del rock. Senza nulla togliere agli album degli anni 80 e successivi che vanno però per la loro strada. 

martedì 13 marzo 2012

The Shins - Simple Song

In attesa spasmodica di novità che possano far drizzare le antenne arriva il nuovo "Port of Morrow" degli americani SHINS, indie pop band di Albuquerque (New Mexico) il cui frontman James Mercer appare dotato di carisma, voce e intensità di spicco, pur se corredati da un look assolutamente antidivico.
No. Nonostante la somiglianza, non è Kevin Spacey sotto mentite spoglie.
Non sono in giro da ieri, gli Shins, ma producono comunque da sempre buone cose. Forse quest'album consentirà di fare un passo in avanti a livello di notorietà.
L'apripista è un singolo fresco fresco, un filino epico (ma non troppo), in ottimo equilibrio tra cose moderne e riferimenti al passato, una linea melodica che "entra" in circolo dopo due o tre ascolti e che trasmette positività ed energia.
Io ci giro intorno da un pò, adesso come si suol dire hanno trovato una sorta di "green light" nei mei ascolti che, ultimamente, oscillano veramente tanto tra le epoche e gli stili.
E che sia la "semplicità" il rimedio a tanta ricerca? Chissà. Per oggi, anzi per stanotte, mi è sufficiente.
SIMPLE SONG. E alla prossima.

lunedì 5 marzo 2012

Ronnie Montrose non c'è più

Non prendetemi per snob, ma di Lucio Dalla hanno scritto tutti e tutti meglio di quanto avrei potuto fare io, per cui scriverò di un'altra morte non meno dolorosa per la storia del rock.
E' scomparso anche (e sottolineo "anche" perchè da alcuni anni è in corso una vera e propria mattanza di rockstar, vuoi per ragioni anagrafiche vuoi per stili di vita eccessivi) RONNIE MONTROSE.
Ne parlavo pochi giorni fa per citare indirettamente Sammy Hagar, adesso che i Van Halen stanno riprendendo in mano fan e classifiche con David Lee Roth. Per dire che comunque Sammy Hagar era un bel sentire, anche se coi Van Halen non c'è mai entrato una beata fava, apparentemente.
Apparentemente perchè guardacaso Sammy Hagar era il cantante perlappunto dei Montrose, il cui debut album omonimo del 1973 rappresentava il massimo debut album dell'hard rock americano PRIMA che uscisse Van Halen I.
Ed entrambi i dischi curiosamente (ma non casualmente) furono prodotti da Ted  Templeman e con il deciso contributo del sound engineer Donn Landee.
Ronnie Montrose era un chitarrista dallo stile rodato da anni di session man work  (Boz Scaggs, Van Morrison...non certo gente hard & heavy), dal suono incendiario e deragliante quanto basta per fungere da prezioso modello per schiere di guitar-heroes venuti dopo di lui.  A me è sempre parso un pericoloso incrocio tra Jimmy Page, Paul Kossof e Ted Nugent, ma con una dose di adrenalina se possibile maggiore.
Oggi purtroppo Ronnie non c'è più, oggi in cui superficialmente tutti (me compreso) si ricordano dei Montrose come della band che lanciò la carriera luminosissima del biondo Hagar e non come di uno dei progetti di maggior impatto sonoro capitati negli anni 70.

Oltre alla glamster Bad Motor Scooter da me postata, sentire anche "Space Station # 5" (con tematiche sonore che anticipano di almeno 5 anni la New Wave of British Heavy Metal) e "Rock Candy" (un mid tempo capostipite di tanti altri mid tempo, uno per tutti I love rock and roll) per capire meglio le loro potenzialità. Una band veramente ricca e completa di talento (oltre a Sammy Hagar c'erano anche anche l'ottimo batterista Danny Carmassi, poi nei Whitesnake, e il bassista virtuoso Bill Church) che non ebbe fortuna e che non riuscì mai a bissare l'eclatante debutto.
Oggi però piangiamo tutti Ronnie, anima e core della band, un chitarrista che ha veramente lasciato il segno.
Rest in peace man.

mercoledì 29 febbraio 2012

The Fray - How To Save A Life (Live Abbey Road 2009)


Sono anni che conosco questo pezzo, forse l'ho sentito in qualche serie tv (ok non resisto e scopro che è stato uno dei pezzi guida di Grey's Anatomy, a questo punto non so se il titolo del brano è casuale o pensato apposta per quella serie....), forse alla radio fatto sta che mi sono ritrovato spesso a cantarlo senza sapere di chi fosse prima di scoprire del tutto casualmente che si trattava di un blockbuster del 2006.
Devono molto a Rob Thomas/Matchbox 20 (soprattutto per l'uso della voce), ed anche alle piano-rock band inglesi come i dimenticati Keane o agli americani Train, per l'uso predominante del piano nella gestione della canzone
Ma nonostante THE FRAY non si siano mai più ripetuti su questi livelli, il pezzo resta bello intonso e vivido nel suo incedere pop, con un ritornello che si stampa in testa da subito e un finalino di batteria in coda che dà il tocco di classe definitivo alla canzone.
Non sempre si può essere band planetarie o meglio non sempre si può restare sul tetto del mondo per un periodo più lungo di un battito d'ali.
Ma si può sempre sperare di scrivere un bel pezzo come questo e restare nella memoria della gente.
Scusate se è poco.

domenica 26 febbraio 2012

Carlos Santana ft. Peter Green - BLACK MAGIC WOMAN/live


Questa è una delle 50 canzoni della mia vita, e l'affermazione vale sia per la versione originale dei Fleetwood Mac 1.0 (quelli senza Stevie Nicks e Lindsay Buckingham e senza Rumors) (non perchè Rumors sia da disprezzare ma perchè è totalmente un'altra cosa) sia per la versione contenuta in quel disco generazionale che fu Abraxas e che cugini, zii e amici ci hanno tramandato magari anche rompendoci i coglioni ma sempre con costrutto.
Lo stile asciutto e pre-Clapton di Peter Green (che insieme a Mike Bloomfield è uno dei due massimi chitarristi blues dalla pelle bianca ever) e lo stile latino e ridondante ma comunicativo di Carlos Santana si fondono qua in uno dei pochi duetti disponibili sul tema.
Inutile giudicare meglio/peggio, inutile dire si stava meglio quando si stava peggio il rock non morirà mai le canzoni di oggi sono quelle di ieri ricicciate ormai tutto è stato detto e il blues è fatto sempre nel solito modo e cazzate varie.
Il rock (in senso lato) è esistito esiste ed esisterà sempre in momenti come questo, in concerti suonati casualmente da qualche gruppo minore del passato o del presente o da qualche "maestro" in stato di grazia, in qualche band di periferia che metterà l'anima in quel che suona nel 2027 o in un maxi raduno di massa come le messe cantate di Donington, Reading, Coachella eccetera.
Il rock è puro spirito, ogni tanto discende dentro qualcuno senza un perchè e un percome. Magari anche a prescindere dal merito e dalla preparazione tecnica. Scende e basta. Nel momento in cui ti metti ad analizzarlo è già sparito.
A noi spetta solo acchiapparlo al volo quando lo intercettiamo e non farci troppe domande.
Fanculo. Prosit. Buonanotte e peace and love.

mercoledì 22 febbraio 2012

Le velleità dei Cani



Se c'è una cosa che mi ha ispirato Sanremo a parte il transito intestinale è l'andare a ripescarmi (altrove) le soluzioni musicali italiane che veramente valgono la pena e cercano di distinguersi dal piattume generale. Non c'è tantissima roba ma ogni tanto emergono cose interessanti e che "bucano" l'etere.
"Il sorprendente album d'esordio dei Cani" appunto de I Cani (uno dei titoli più ganzi ever), anche se non recentissimo, rappresenta ai miei occhi uno spaccato della nuova musica italiana che mi piace ascoltare di tanto in tanto in cerca di radici e di cose che si muovono.
Si vabbè, questo pezzo ricorderà un pò Battiato, il testo pur graffiante e generazionale non è profondissimo, l'arrangiamento in bilico tra indie rock e cantautorame poteva essere fatto meglio.
Ma I Cani (gruppo tuttora misterioso composto probabilmente da un singolo artista di cui ufficialmente non è noto il nome) hanno saputo farsi notare e siamo in attesa di vedere cosa combineranno al secondo disco (se fossi in loro lo intitolerei "L'attesissimo album della riconferma dei Cani" o giù di lì.....).
Salute!

lunedì 13 febbraio 2012

Prevenire è meglio che curare

Premesso che ADELE non è la mia "cup of tea" e che, nonostante le apparenze, il tenutario di questo postribolo resta assolutamente fedele alla rock culture, ecco premesso questo fatto dire che 21 di Adele non sia il disco dell'anno da poco concluso sarebbe a dir poco singolare.
Tutte-ma-proprio-tutte le charts mondiali l'hanno visto al numero uno, vende un numero di copie che sarebbe stato enorme anche negli anni 80, la sentiamo ovunque andiamo (supermercati, sale d'attesa dei medici, metropolitana) le sue canzoni ci inseguono fino a casa e lì guai ad accendere la radio.
E' un fenomeno mass-mediologico che tanto di cappello, a mio avviso realizzato con grande professionalità e bravura.
Spanne sopra le altre concorrenti che ancora si dimenano cercando di vendere musica con le curve e le pose hard.
Adele semplicemente non può. La sua "diversità" la obbliga a incidere buone canzoni.
SEMPRE IN AMBITO MAINSTREAM prima che qualcuno inizi a schifarla.
Se la gioca con Lady Gaga e Rihanna per dire, non con John Grant. Per capirsi.
Ecco, in questo contesto, c'è però una cosa che mi preme dire.
L'ho vista ai Grammy's (i vari servizi fotografici) molto male. Smagrita, con aria persa, quasi sofferente, messa giù come un fake di una bambola hollywoodiana un pò in carne.

E quindi lancio la mia richiesta di aiuto.
Magari non serve, ma attenzione a non spremere troppo il limone, altrimenti rischia di fare la fine di Amy e di Whitney.
E spero proprio che quel che resta dell'industria discografica abbia preso queste due "tragedie annunciate" come esempio, anche se in cuor mio ci credo poco.
Come dicevo nel titolo, PREVENIRE E' MEGLIO CHE CURARE.
O no?

martedì 7 febbraio 2012

NOSFERATU "Highway" e i misconosciuti gruppi degli anni 70

"Contrary to other bands produced by the famous Conny Plank (KRAFTWERK, GURU GURU and many others), NOSFERATU's musical career was very short and suffered of a lack of recognition by a larger public. Almost nothing is said about their history and the only thing we have from them is a fresh, enthousiastic, atypical jazzy rock album dominated by raw, aggressive guitars and progressive "folk" arrangements. NOSFERATU belongs to this kind of German bands who success to create a deep and trippy atmosphere thanks to fine moments of long instrumental solos, crossing with an original touch guitars to sax, flute and electric organs. The lyrics are sung in English and stay very strong. An enjoyable effort which can be compared with others "cult" German fusion items. Similar bands: DZYAN, XHOL, SAMETI, OUT OF FOCUS."

Mi sono imbattuto del tutto casualmente in questa roba qua.
Non so quando mi riavrete. Trip assoluto.
Rock teutonico anni 70 pieno zeppo di riferimenti, stili e oltre ogni genere.
Dietro Conny Plank (che poi sarebbe diventato produttore di successo con Kraftwerk e Ultravox 2.0).
Incredibile quanta roba buona non abbia potuto emergere o arrivare al successo.




venerdì 3 febbraio 2012

LONG COLD WINTER

Mai brano fu tanto coerente con la metereologia che stiamo vivendo, perlomeno da Firenze in su.
Qua a Milano non si riesce a tirare sopra lo zero, oggi c'è anche un pò di sole ma siamo inesorabilmente a -2° e la notte ci si asserraglia dentro casa che neanche l'assedio di stalingrado.
Ieri ho "tentato" di andare verso Firenze in treno ma a Bologna sono dovuto tornare indietro risucchiato nel Grande Gelo come da un'antica profezia lovecraftiana.
(tra parentesi ho visto ora il meteo e a Cefalù danno 16 gradi, porcauacca)

E allora che c'entrano i CINDERELLA di Tommie Keifer?
C'entrano eccome. Il loro pezzone che oggi vi propongo risente del mio stato d'animo attuale.
Un bluesaccio di quelli tristi, che discende in linea diretta dalla canzone rock che amo di più in assoluto, ovvero "Since I've been loving you" degli Zep.
LONG COLD WINTER è un gran pezzo, Tom Keifer una voce da paura e un discreto chitarrista.
I Cinderella però arrivarono nel momento sbagliato, paradossalmente quando i dischi di hard rock e heavy metal dominavano le classifiche di mezzo mondo.
(a proposito a volte penso all'epoca dello strapotere hard&heavy come al periodo in cui sulla terra dominavano i dinosauri, chissà quale meteorite ha abbattuto questo genere e perchè)

Furono confusi, i Cinderella, con la marea dei gruppazzi di glam metal imperanti (forse per le chiome cotonate?), e non riuscirono a farsi notare nel modo dovuto. Pur piazzando un paio di dischi ai piani altissimi, in realtà il loro mood troppo simile ai Grandi Padri e un pò meno simile alle canzonette pop metal dei Poison e dei Motley Crue non fu apprezzato quanto avrebbe meritato. Eppure erano un paio di spanne sopra la media del periodo, fidatevi.
Riuscivano, e lo dico per i miei detrattori, a fare anche incredibilmente a meno degli assoli a millemila l'ora, ripiegando su solidi solos di matrice seventies senza udite udite neanche un accenno di tapping.
E riuscivano a scrivere pezzi al limite del commovente, come questo.
Unico loro neo era indugiare su qualche power ballad di troppo, ma anche lì con più equilibrio e meno melassa del solito. E con l'unico obiettivo di dare al disco quel paio di pezzi giusti da far sdilinquire i romanticoni (es. la famosa e strappalagrime "Don't know what you got till it's gone").

Insomma se Long Cold Winter deve essere, almeno che sia quello giusto!