mercoledì 24 ottobre 2012

Ride On e un pò di dediche sparse


Dedicato a tutti quelli che.....continuano a pensare che gli AC/DC abbiano scritto una sola canzone nella loro ormai quasi quarantennale carriera.
Dedicato a Bon....uno dei grandi trapassati del Rock, uno scozzese catapultato in terra di canguri e geneticamente affezionato alla bottiglia, alle auto da corsa, alle belle donne, insomma un pieno di clichè che poi però lo senti cantare e capisci quanto sia stato unico e inimitabile, altro che clichè, che tu possa riposare in pace con la tua passione e con la tua gola riarsa.
Dedicato ad Angus.....che quando incideva questo mid tempo blues era ancora minorenne e aveva voglia di suonare dei veri e sentiti assoli di blues (non le due tre note che sparacchia da back in black in poi).
Dedicato a chi.....in quegli anni là, si perdeva tra trip cosmici e hard rock da stadio e sarebbe stato spazzato via in pochi mesi dall'esplosione punk senza sapere che laggiù in "the land down under" un paio di fratellini emigrati dalla Scozia ignari e assolutamente immuni a quanto succedeva in america e in britannia avevano già costruito uno stile che, volenti o nolenti, sarebbe andato contro le mode, contro i trend, contro tutte le previsioni. E sarebbe -ahivoi- durato più del prog, più dell'aor, più del punk.
Oh, i generi passano e loro invece sono ancora lì.
Buonanotte e RIDE ON, domani penseremo alle next big thing in arrivo da brooklyn o da sheffield.
 

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Questi sono gli AC/DC che mi hanno tenuto alla larga per anni.
Ma veniamo alle cose serie: a quando un post sui Turbonegro?
PS E ne aspetto sempre uno generazionale sugli Squallor; impegnati DD ... per la miseria!
(atom-ery)

Unknown ha detto...

No, gli AC/DC non hanno scritto una canzone sola...ne hanno scritte 2 Ride ON e tutte le altre!))
A parte gli scherzi: loro sono come la birra, sempre uguale, sempre piacevole.

DiamondDog ha detto...

@atomico
vado a onde, quando mi ri-sintonizzo su quella simpatica ciurma dei turbonegro ne avrai ben donde, non temere....

@evil
sono uno sfatatore di luoghi comuni per definizione, potrei citarti titoli degli Ac/Dc che (matrice sonora e arrangiamenti a parte) sono assai diversi tra loro e assolutamente non-anthemici come la maggior parte degli uditori pensa....andando a memoria calda butto lì Touch too much (ritornellosa), Beating around the bush (nervosa e a scatti), Night prowler (lenta e cattiva e bluesy), The Jack (simil Ride On), TNT (quasi oi), Can I sit next to you girl (outrageous), Shoot to thrill (metal nudo e crudo), Rock and roll damnation (stoniana).....ma potrei continuare....:-)

allelimo ha detto...

Questa te la passo perchè ne hanno fatta una cover (su "The Low Road") i loro conterranei Beast of Bourbon, il gruppo di Tex Perkins e Kim Salmon.
Ascoltata in concerto al Bloom, il secondo chitarrista (Spencer P. Jones, uguale preciso a Massimo Boldi) su questo pezzo faceva il coro cantando con la sigaretta a penzoloni da un angolo della bocca.
Scena stupenda, che ricordo a distanza di anni :)

lorenzo ha detto...

Davvero un bello slow blues... è sempre un piacere ascoltarli.

unwise ha detto...

forever young, Young forever!

Harley Quinn ha detto...

Gran bel post... si! :)

Alexdoc ha detto...

Gli Ac/dc di Bon erano la punta estrema (all'altro lato, i Dire Straits) di quell'ideale "rock dell'uomo della strada" dei Seger e Springsteen, impropriamente definito "retro-rock", distante in egual modo da Pop, Prog, Glam, Aor e Punk-New Wave. La loro ne era però una versione a loro modo rivoluzionaria senza inventare nulla, un'idea di Rn'r senza ballate, tastiere e chitarre acustiche, ma nel suo schema incredibilmente eclettica e legata al solco di una classicità Rock ("Beating around the bush" sembrava "My generation", "Night prowler" una seconda "Midnight rambler") che con "Back in black" hanno perso per sempre, per diventare un brand, più che una band, dedito a battere i record di "rumorosità" live a suon di decibel, come dei Manowar qualsiasi, rinchiudendosi involontariamente nel pur danaroso "recinto" parametallico. Peccato, perché senza essere mai stato un istintivo poeta dei bassifondi come Ronald Belford "Bon" (forse l'ultimo grande bluesman bianco), il simpatico Brian "Jonna" aveva più frecce al suo arco della monodimensionalità dimostrata coi "canguracci".

Alexdoc ha detto...

"Ride on" é la quiete nella tempesta dei quattro teppisti sottoproletari più uno scolaretto terribile. Ecco la rispettosa versione dei grandi Beast of Bourbon, che include il (profetico?) testo del caro Bon:

http://www.youtube.com/watch?v=wyrlzEDVYy0

Margherita Devalle e Marta Stone ha detto...

saranno sempre qui!

DiamondDog ha detto...

ma benvenute! è forse il primo commento "stereo" che ricevo!