sabato 31 dicembre 2011

Rolling Stones minori: Heaven



Finiamo questo 2011 con un titolo pieno di speranza....e con il ricordo di una band che non si è mai sciolta perbene ma si è piano piano smandrappata .... sfrastagliata .... decalcificata, ecco.
L'ho detto tante volte che mi sento anche un pò rincoglionito per davvero ma è facile oggi sparare sulla vecchia baldracca con la giacca rosa che non smetterà di sculettare finchè avrà fiato per vivere o sulla mummia vivente che sembra sempre di più la sorella di barbara alberti che un chitarrista del delta.
Ma gli STONES sono stati i più grandi per me. La più grande band di sempre. I Beatles sono fuori classifica non li ho mai visti come una band. Non saprei come giudicarli se non come il perfetto connubio sinergico di due (forse tre) geni.
Ma gli STONES erano LA band.
E adesso che si è da poco celebrata la riedizione supermasterdeluxe con inediti autografo e cazzi e mazzi vari è però necessario ricordare che SOME GIRLS, pur superbo, non è affatto l'ultimo grande album degli Stones.
TATTOO YOU, che lo segue di   3 anni (giusto, alex), nel 1981, è il canto del cigno.
Dicheno sia pieno di outake di black and blue e di some girls, questo disco incredibile.
E allora?
Sentite questo pezzo qua, HEAVEN: ma come si fa a pensare che sia stato concepito, scritto, suonato e cantato dai ragazzi? Ci credereste se non fosse vero? Chitarra twangy batteria a spazzola Una chitarra leggera accarezzata semplice semplice, la batteria che ticchetta il tempo sul bordo del rullante (grazie allelimo per la dotta rettifica), cantato in falsetto melodia eterea ai limiti della psichedelia (mi piace giusy, ok) e via si stampi nella memoria.
Il classico pezzo "minore" degli Stones (me ne verranno in mente molti altri non temete, ho inaugurato l'ennesima rubrica che spero di non dimenticare come al solito nel pozzo delle etichette) che surclassa tante hit più facili e celebrate. Il pezzo che dimostra di che pasta erano fatti i satanassi, e che rende questo album inarrivabile non da solo ovviamente ma assieme ad altre "cosucce" come Start Me Up, Waiting on a friend, Slave, Hang Fire.
Buon anno amici.

sabato 24 dicembre 2011

Save a Prayer (ma davvero!)



Il titolo di questa canzone si adatta perfettamente alla situazione che stiamo vivendo.
Sembra quasi che le preghiere non siano da "sprecare" adesso, sotto Natale, ma siano da conservare per un futuro che si preannuncia nerissimo.
Volevo solo dare un paio di messaggi a chi avesse la pazienza di leggermi.
1) il prossimo siamo noi, quelli che adesso sono in difficoltà potremmo essere noi domani, non ce lo ricordiamo solo a Natale, smettiamola di rincorrere le cazzate e diamoci da fare, io per primo che per pigrizia non sono secondo a nessuno
2) Totonno ti abbraccio e tu sai perchè, hold on!!!!
3) Questa canzone da troppo tempo giace sbeffeggiata nel maremagnum dei "plasticosi anni 80" o dei "cialtronissimiduranduran". Non credo sia giusto perchè i DD hanno segnato un decennio nel male ma anche, ogni tanto, nel bene. Dalla loro produzione possiamo senza alcun dubbio estrapolare una manciata di pezzi pop che farebbero la fortuna, ma che dico la fortuna, l'eldorado, del 90% dei gruppi odierni di pop mainstream. Se penso ai Foster the People (che pure mi garbicchiano) che con i loro motivetti hanno infestato le classifiche da mesi mi chiedo: ma i Foster the People (ma vale anche per gli Austra o per gli XX, o per i millemila gruppi pop che mi elencherete) avrebbero mai potuto rivaleggiare con i Duran Duran? e la risposta che mi do è sempre, inesorabilmente, "NO".
Io a quei tempi vestivo idealmente a borchie e pelle, quindi sono un insospettabile. Ma, a risentirle oggi, alcune canzoni dei DD sono veramente valide. Tanto che ho sempre avuto il dubbio luciferino che le scrivessero davvero loro oppure si facessero dare un aiutino chessò da Stock - Aitken - Waterman (trio di autori che, per chi non lo sapesse, ha scritto e prodotto la maggior parte dei pezzi da classifica inglesi degli anni 80).
Ad ogni modo Buon Natale a tutti e non perdiamoci di vista che i tempi consigliano unità e fratellanza!!!!

giovedì 15 dicembre 2011

Wild Beasts e la "sindrome" sfatata (quella del terzo album)



I WILD BEASTS da Kendal (UK) fanno parte del gran calderone "indie" (Domino Records, una delle corazzate del genere) e sono arrivati da qualche mese al tanto temuto terzo album.
E' notorio che la maggior parte delle britanniche "next big things" solitamente incuriosiscono al primo disco, temporeggiano al secondo e, se ci arrivano, dicono di che pasta sono fatti al terzo.
Spesso conviene non esplodere subito, ma arrivare gradualmente, sperando che la casa discografica non ti cassi il contratto al gradualm.......
Insomma i WILD BEASTS, dopo aver flirtato indecisi con l'elettronica e con la dance, sono arrivati a SMOTHER, terzo lavoro, con un certo grado di maturità.
E se non hanno fatto il botto poco ci manca.
Adesso che siamo a fine anno, in moltissime graduatorie dei best 10 album del 2011 figura anche Smother.
Un riconoscimento "mediato" che forse è più convincente di quello delle charts, influenzate moltissimo dall'attività promo e dall'hype che si sa abilmente creare in ambiente indie con un sapiente lavoro di pubbliche relazioni.
"Albatross" è una canzone eterea vagamente ispirata al trip hop dove la incantevole voce di Hayden Thorpe disegna un percorso melodico fine e inconsueto finora per la band.
Un'altra roba da tenere d'occhio negli anni a venire, visto che la temutissima terza tappa sembra stata superata al meglio per davvero.
See ya.

lunedì 12 dicembre 2011

Band of Skulls e il Diavolo che pensa solo a sè stesso.

Questi ragazzi qua vengono da Southampton (UK) e rischiano di centrare l'obiettivo fallito a suo tempo dai White Stripes.
Laddove quel "fattucchiero" di Jack White (mai troppo reale per essere vero e soprattutto sempre troppo ossessionato da Jimmy Page per essere veramente alternativo) si è via via disciolto, dopo aver fatto ben sperare, in un rock blues manieristico e fastidioso.
BAND OF SKULLS a inizio 2012 editeranno il secondo attesissimo album ma c'è già in giro un succosissimo singolo. THE DEVIL TAKES CARE OF HIS OWN che lascia l'acquolina in bocca.
Garage rock tendente al pesante, più tosti e un filo meno mainstream dei Black Keys, con venature di rock blues che appaiono sincere.
In una parola: credibilità.
Tre ragazzotti, due maschi praticamente uguali (con questi barbettoni che vanno ora non si distinguono ma quello alla batteria pesta durissimo) e una femmina che non si capisce se è carina o no ma non gliene pò fregà de meno di mostrarsi carina (al contrario di Meg, cha faceva di tutto per compiacere l'audience). I nomi per il momento non dicono niente, se "saranno famosi" ne riparleremo ma per me lo saranno.
Insomma i tre stanno facendo da un paio d'anni il giro di tutti i festival indie e mietono parecchio successo sul palco. Il secondo disco in arrivo a Febbraio (dovrebbe chiamarsi Sweet Sour) ci dirà se abbiamo visto giusto.
Per ora mi limiterei ad entrare a gamba tesa in qualsiasi cuffia che abbia il volume alto con questo mid tempo. Godiamoceli prima che anche loro progettino di fare una Seven Nation Army.

domenica 11 dicembre 2011

Collaborazioni strane: Tipton, Entwistle & Powell - Unknown Soldier/Friendly Fire



Adesso tutti a parlare di LULU dei Metallica con Lou Reed e va bene. Un disco coraggioso non ho ancora capito bene se sia valido o meno, la critica è tuttora spaccata in due come un melone maturo e non vola manco un 6 (o tre stellette). O bene bene o male male. I dischi che solitamente piacciono a me, ma non voglio parlare di questo che ancora non mi sono fatto un’opinione solida e duratura.
Voglio invece parlarvi di un episodio di tono molto ma molto minore che alcuni anni fa vide coinvolti due (anzi tre) (anzi quattro) pesi massimi di sponde apparentemente non compatibili.
Si parla di GLENN TIPTON, uno dei chitarristi hard rock e heavy metal più sottovalutati di sempre, un tipo che unisce una tecnica molto evoluta ad un gusto per il fraseggio epico e lirico davvero di prima fila. Velocità e tocco. La storica lead guitar dei Judas Priest, band il cui contributo nel panorama hard non è certo secondo a nessuno.
E si parla, udite udite, di JOHN ENTWISTLE, nessun bisogno di presentazioni eh, probabilmente il miglior bassista rock di tutti i tempi che formava con Keith Moon LA sezione ritmica degli Who. Quel-la se-zio-ne rit-mi-ca.
Se a questi due unite anche il mitico COZY POWELL alla batteria (ha suonato in più gruppi lui che le maglie vestite da Bobo Vieri) e l’altrettanto noto DON AIREY alle tastiere è evidente che siamo di fronte ad un supergruppo della madonna.
Dopo la partecipazione ad un lavoro solista di Tipton nel 1996 (Baptism of Fire), nel 2007 fu assemblato questo bellissimo album postumo, alla memoria dei due grandissimi Entwisle e Powell (Airey che si tocca i maroni è ancora vivo e attivo grazie a Dio). Nessuna operazione “pelosa” da parte di Glenn, visto che tutti i ricavati andarono al Teenage Cancer Trust.
EDGE OF THE WORLD è il titolo di questo lavoro sospeso nell’aere e mai troppo pubblicizzato.
In esso si respirano le tipiche arie metal dei Priest ma con una maggiore propensione al lirismo e con qualche accenno di prog (Tipton è infatti da sempre l’ala “epica” dei Judas, lasciando a KK Downing l’onere delle partiture più selvagge) che portano la band sui territori di Rush, Michael Shenker e perfino qualche accenno di Yes.
Non è un lavoro rivoluzionario ovviamente. Però si tratta di un tipo di collaborazione inusuale e fuori dagli schemi tra amici, che poteva diventare un'avventura più seria se solo la sorte fosse stata meno malevola.
Ma in tempi in cui tutti si scandalizzano per Lulu mi pareva giusto ricordare che non siamo di fronte a un mai-visto-prima. Per non parlare della vecchia collaborazione (anni 80) tra Lou Reed a Ace Frehley….ma questa è un’altra storia un altro post un altro racconto.

domenica 4 dicembre 2011

The Black Keys - Lonely Boy


Sono notoriamente una testa dura, come molti nella blogosfera possono confermare, e tendo a non fidarmi delle "novità".
Diciamo che devo prima metabolizzarle poi darmi un pò di tempo per cercare di capire se possono durare valutare soppesare confrontare rimuginare sfanculare reazionare poi tornare per capire per sentire per provare a farmele piacere davvero.
I BLACK KEYS ci ho messo un quattro/cinque anni a digerirli (loro sono in giro da dieci ma io sono lento come un bradipo...e poi quella cacchio di formazione monca).
Direi che con l'ultimo recente EL CAMINO e con questo strepitoso pezzo finalmente hanno fatto breccia.
Sono probabilmente quanto di meglio possa offrire in questo momento il panorama rock.
Senza essere odiosamente indie, senza essere maldestramente mainstream.
Sono semplicemente là e spaccano il culo (ps il tizio che balla è troppo bello per essere vero).
Per i pochissimi che, più (indo)lenti del sottoscritto, ancora non li conoscessero, fateci un giro.
Chitarra, batteria e via andare: Daniel Auerbach e Patrick Carney da Akron (Ohio), una città che è conosciuta solo per i musicisti e per la Goodyear.

lunedì 28 novembre 2011

Musica e Immagine

Chiariamo subito le cose.
Per me il ROCK non è solo Musica.
No, questo non è lo spot di Virgin Radio, è la mia visione della cosa.
Certamente la Musica è l'asse portante, il veicolo senza il quale niente sarebbe mai arrivato.
Cosa sarebbe stato di Elvis senza l'allora nascente ibrido (sì dai non ce la meniamo, dal country degli appalachians che veniva dalle giga irlandesi incrociato con l'hillbilly delle pianure e fuso con il blues del delta e quelle storie lì....) passato alla Storia come ROCK AND ROLL? Probabilmente niente.
Cosa sarebbe stato dei Rolling Stones senza la matrice Blues sapientemente fusa con il Beat? Idem.
E via andare.
Ma c'è un ma.
Rovesciamo la medaglia.
Cosa sarebbe stato del ROCK AND ROLL se Elvis non gli avesse dato una faccia una voce e un corpo? Mah. E senza le labbrone di Mick Jagger o la frangetta di John e Paul? O senza il cesto di capelli e la giacca con le striscioline di daino (era daino?) di Jimi? O senza la lambretta dei Mod? O senza la Harley Davidson e i giubbottoni di pelle degli Hell's Angels più o meno sempre stilisticamente citati da tutto il mondo hard&heavy? O senza il rimmel stortato di Robert Smith? O senza la cresta dei Plasmatics? O senza la scenografia di Ziggy? O senza i capelli a capanna di Plant e Gillan?
Potrei continuare per ore ma non lo farò perchè ho pietà di voi, al contrario di altri che vi affliggono con menate seriose e acidità sparse. Però fatemi passare questo concetto di Rock allargato all'immagine. E non aggiungo nient'altro che se mi stiro verso il "way of life" è finita.
Solo se pensate al Rock come un unicum che tutto "omnicomprende", allora solo allora capirete il perchè, amare il Rock include anche amarne svisceratamente la sua iconografia.
E capirete perchè in fondo al cuore di noi "ultimi romantici" possano sostare anche (ma non solo eh) band poco presentabili come quelle che spesso vi propino.
Perchè noi amiamo col cuore e con la pancia.
La testa, che pure ogni tanto proviamo ad usare ma senza esagerare, la lasciamo a quelli un pò più intelligenti e snob di noi.

giovedì 24 novembre 2011

Love Shack dei tardi B-52's (ma meglio tardi che mai)


Diciamo che esaltare i B-52's per "Private Idaho" e "Rock Lobster" e i primi due album sarebbe stato troppo facile come il Milan che gioca in casa con il Lecce (con tutto il rispetto per).
La band di Athens-Georgia è stata una delle punte di diamante della new wave stelle&strisce, facendogli da sponda pop e contemporaneamente portando avanti un curioso recupero dell'iconografica preseventies.
Senza andare a ripercorrerne le gesta annoiandovi (ma chi non li conosce, specialmente i più giovani, dovrebbe andare a razzo al recupero perlomeno dei primi due album, ma anche di Mesopotamia perchè no) volevo riproporre un pezzo dei tardi B-52's, quelli senza il defunto Rick Wilson che si rimisero in pista alla fine degli anni 80.
LOVE SHACK è del 1989 ma cacchio come mantiene inalterata la freschezza e l'attualità, ditemi se è un pezzo contestualizzabile. No che non lo è, potrebbe uscire oggi e andare al numero uno. Con quel suo delizioso mix di beat-pop misto dance.
Oggi i ragazzi superano la sessantina ma mi dicono che la Kate sia ancora in grande spolvero e io seriamente ci credo.
Che la giovinezza, loro, ce l'hanno veramente dentro.

sabato 19 novembre 2011

Matchbox Twenty - Unwell


Sembra un secolo ma sono passati solo pochi anni da quando i MATCHBOX TWENTY erano al top delle classifiche USA (oh, tre dischi e 40 milioni di copie eh, "bucare" avevano bucato), poi si sono diluiti come neve al sole anche se il leader ROB THOMAS ha proseguito tra collaborazioni varie (la più nota resta Smooth, superblockbuster contenuta in Supernatural di Santana) e produzioni soliste di buon livello. Anche se i Matchbox non si sono mai sciolti ufficialmente il loro ultimo disco è del 2007.
A me un pò dispiace perchè da quando la mia amica Sonia me li fece conoscere pensai subito che fossero l'ideale scia di quel filo rosso che unisce i seminalissimi BIG STAR di Alex Chilton, gli ottimi COUNTING CROWS di Adam Duritz e i meteorici (nel senso della durata, non della qualità) SOUL ASYLUM della famigerata Runaway Train.
Gente che dal power pop alla ballata acustica di livello superiore ha costruito e definito parte della musica americana degli ultimi 40 anni.
Rob è un cantante di levatura mondiale, ed è anche otttimo songwriter: scrive pezzi che pur mantenendosi in linea con il pop da classifica, rappresentano delle piccole "standard song". Pensate un pò ai TRAIN (epigoni di buon livello ma epigoni) o ai CALLING (un pò più bassi ma comunque capaci) che lo hanno preso evidentemente come riferimento. Ma la lista potrebbe continuare.
Questo pezzo è tratto dal loro terzo album, è del 2002. Va in loop nelle orecchie molto presto e resta lì.
Qualcuno obietterà che sono solo canzonette. Giusto.

(.."non mettetemi alle strette
e con quanto fiato ho in gola
vi urlerò: non c'è paura!
ma che politica, che cultura,
sono so...sono so.....sono solo canzonette!
...")


Può darsi, ma sono canzonette fatte bene.
Io quando viaggio in macchina i Matchbox Twenty ogni tanto me li metto e il tragitto sinceramente è più piacevole.
Ciaus.

martedì 15 novembre 2011

Tanto son fatto così, primo non fidarsi mai (Gorillaz - On Melancholy Hill Live on AOL Sessions)



Eppure che DAMON ALBARN sia una delle menti più fertili apparse sul pianeta Musica negli ultimi 20 anni è un dato di fatto. Non fosse solo perchè è un Bowiano di ferro.
Amavo i primi Oasis e continuo ad avere un debole per Noel (non per il fratello scemo) ma devo a posteriori riconoscere che non avevano la forza dei Blur.
Scherzavo con quel coso lì del cartone animato con quel buffo titolo ("Clint Eastwood" I'm happy...I'm feeling good.....) senza capire che eliminare fisicamente la band era mossa concettualmente ardita e futuribile. Che poi i GORILLAZ mi veniva da ridere solo a pensare che ci sarebbe stato un seguito al primo disco-divertissement.
Sentivo puzza di muffa e di quattrini quando Damon ripescò dalla pensione dorata sua divinità Paul Simonon per quel mezzo progetto abbozzato alla sergioleonespaghettiwestern di The Good, The Bad & The Queen (scommettiamo che avrà un seguito e che sarà più focalizzato del primo?).
Insomma a Damon non l'ho mai preso sul serio quando era il momento giusto, salvo poi regolarmente ricredermi dopo un pò davanti all'evidenza.
Sarà perchè è belloccio e sembra Jude Law e io penso che se è famoso e ha successo è per le ragazzine? Tipo per dire Lenny Kravitz?
Sarà perchè è un pò indie-snob e un filo di puzzetta sotto il naso la tiene, mentre io parteggio da sempre per quelli "bruttisporchiecattivi" come i fratelli Gallagher?
Non lo so però, come spesso succede, ho torto (non quando discuto con allelimo eh non esageriamo).
E quando me ne rendo conto the oxes do have run away (i buoi son belli che scappati).
Per esempio questo disco lo sto assaporando adesso, con un ritardo normale per quelli della mia generazione, ritardo cosmico per i ragazzini che sono già passati sopra un paio di centinaia di next big thing, nel frattempo.
ON MELANCHOLY HILL mi mette un misto di allegria/malinconia che però mi scalda. E' uin pezzo semplice moderno orecchiabile facile e contemporaneamente tremendamente cool (oh, l'ho detta! questa cazzo di parola che non vuol dir niente ma viene comoda quando hai finito gli aggettivi) (no, "stiloso" non lo dirò neanche sotto tortura per quanto sarebbe adattissimo a questa canzone...).
Basta che non pensi all'orrendo orsetto abbracciatutti di Colorado Cafè con dentro dj angelo, che mi prende il nervoso e lo sconforto.
So long e, PS, vediamo un pò quanti scovano la CHICCA contenuta dentro questa performance......almeno quelli con un quarantello sulle spalle dovrebbero riconoscere i due "nostromi" a fianco di Damon......

sabato 12 novembre 2011

Black Sabbath Reunion e Children Of The Grave



La notizia è bomba. L'ha battuta Reuters e pare non essere stata smentita dai vari entourages dei ragazzi.
BLACK SABBATH tornano in pista per un album e una tourneè. E fin qui sai che novità, ogni due/tre anni ripartono più o meno assemblati con nomi più o meno architettati.
No, la notizia è che OZZY torna a far quartetto con Tony, Geezer e Bill.
I 4 membri originari.
Il gruppo che più di ogni altro ha influenzato l'heavy metal come lo conosciamo.
Certo, Zeppelin e Purple presero strade differenti, grandiose e luminescenti. Ma i veri padri dell'heavy metal sono loro. I Sabs da Birmingham. Chiedete al concittadino zio Halford, tanto per dirne uno che conta, cosa ne pensa.
E per questo la parola "reunion", un termine che mediamente puzza sempre come il pesce dimenticato nello scomparto del frigo da una settimana, non può che mettere curiosità infinita se riferito ai Black Sabbath quelli veri. Siamo al cospetto di gente che ha fatto la storia eh, e anche se andranno in scena con le stampelle e il gobbo, non è possibile far finta di niente e limitarsi a pensare a come è stata penosa quella dei Police.
Ci manca solo che anche Ritchie smetta i panni da menestrello e i leggins e torni laddove i suoi vecchi pards lo attendono da anni......e poi possiamo anche chiudere i battenti.
Hasta luego e, con mestizia visto che ne sono comunque un ammiratore, non posso fare a meno di sottolineare che questa canzone qua è il posto esatto dove iniziano gli Iron Maiden e il modo di comporre musica di Steve Harris. Come sempre, nulla si crea, nulla si distrugge.

mercoledì 9 novembre 2011

Blue Oyster Cult: Death Valley Nights



Una delle canzoni più notturne e romantiche dei Blue Oyster Cult, con la classica "strofa-preludio"e un ritornello pre-AOR, questa canzone di grana fine era contenuta in uno degli album più enigmatici della band, quello SPECTRES pieno di hook memorabili (I love the night e Nosferatu su tutti, oltre alla canzone postata) come anche di grezzonate vecchia maniera (Godzilla, peraltro grande successo della band).
Non vi parlerò ancora dei BOC, uno dei gruppi cult (eh, con quel nome) che hanno accompagnato tutta la mia esistenza. E' un universo sonoro in cui o si entra (e difficilmente se ne esce) o non si entra affatto.
Di loro dispiacciono soprattutto due cose: la prima che vengano ancora relegati nello scaffale "hard&heavy" quando le loro produzioni hanno spaziato veramente in lungo e in largo in tutto lo scibile del Rock (e non solo). La seconda che in Italia non siano mai stati veramente promossi dalla CBS, loro etichetta storica, e quindi la loro conoscenza sia tuttora limitata tra pochi fanatici sparsi un pò ovunque ma con densità da deserto del gobi. Ricordo ancora quando, ad una festa, partì un pezzo..mi pare che fosse Black Blade...e io e un altro pirla ci guardammo e capimmo di essere due mosche bianche, ma felici.
Perchè meriterebbe davvero approfondire le gesta di Eric Bloom, Donald Roeser, Joe e Albert Bouchard e Allen Lanier il quintetto originale e insuperato, capace di grandi finezze e di composizioni superbe (tutti scrittori di musica e tutti grandi interpreti allo stesso tempo).
Potenti, raffinati, originali, intensi.
Almeno fino al 1980, quando con Fire of Unknown Origin si chiuse il loro decennio d'oro e iniziarono contemporaneamente abbandoni e declino.
Ma tutti i dischi usciti tra il 1971 e, appunto, il 1980 sono da avere e mandare a memoria, senza pregiudizi di sorta. Come quello stupidissimo che li tacciava di fascismo per la famosa immagine della croce celtica che tendeva solo ad ammantare con un pò di mistero la loro già nebulosissima immagine.

lunedì 7 novembre 2011

DONNE DA INCORNICIARE: Beth Gibbons (Portishead - Roads)


Inizio con Beth questa piccola nuova rubrica dedicata all'universo femminile.
Che noi rockettari (oddio "noi rockettari".....forse Allelimo si perplimerà di questa insana affermazione?...) siamo spesso tacciati di maschilismo o di andare appresso solo alle sgallettate (...mmm...aspetta anche questa non so se la capisce...poi inizia a citare le solite note donne del rock che sono l'eccezione che conferma la regola.....vabbè va ormai l'ho detta, me tapino).
E non è così.
BETH GIBBONS è una delle voci più intense e toccanti mai udite, all'interno di quel piccolo gioiello che sono i PORTISHEAD, gruppo capace di distillare come pochi la propria creatività (ehm 3 album, uno più bello dell'altro, in 17 anni.......insomma neanche i Boston....) (aaarrgggh, che esercizio di equilibrismo eh? in fondo l'aver pubblicato solo 3 album in eoni sarà mica una cosa in comune no? dai lo sapete tutti che l'ho fatto apposta perchè sono un fanatico dei Boston e in realtà dei Portishead non me ne è mai fregato niente......epperò mi sono scordato di chiedere prima l'ok al direttore ombra del blog) .
Non c'è molto da aggiungere all'ascolto di questo fantastico pezzo: ROADS. Una delle vette di uno degli album più belli degli anni '90, quel "Dummy" che cresce anno dopo anno come un distillato invecchiato nelle botti migliori.(oddio ho detto due volte distillato/distillare....stai a vedere che mò Allelimo mi da dell'alcoolista?)

venerdì 4 novembre 2011

ANIMALI DA PALCOSCENICO: LUI (The Rolling Stones - Shattered)


Circa l'evento che ricorre con tanto di celebrazione del disco deluxe (sto parlando di SOME GIRLS) con inediti e dvd vari (poi vediamo il prezzo) vi rimando all'articolo del mai troppo lodato Zambo sul tema, con la cui prosa e contenuti non oso confrontarmi.

Circa la mia rubrica dedicata ai "monster of performance", inaugurata con la Tina e zio Rod, non potevo esimermi dall'includervi il sommo rappresentante della categoria.
MICK JAGGER non ha bisogno di commenti, va guardato e ascoltato. Il suo mix di urletti urlacci mosse e mossettine varie è unico. E non ve ne sarà mai un altro uguale.
A mio avviso resta anche un enorme cantante, magari potrà stare sulle bolas il timbro acido e sardonico del suo cantato ma ne ho sentiti pochi in grado di cantare ai massimi livelli qualsiasi cosa come lui: dal rock and roll più puro alla black più nera, dalle ballad al pop, Mick è sempre stato al top. Nel mio pantheon, subito dopo quello lì che ha dato origine al tutto compreso il mio nickname, viene proprio Mick.

Qua una SHATTERED sopra le righe registrata durante un concerto in Texas proprio nel tour di Some Girls. Oltre alla grande scenicità del Mick, qua in periodo di grande fermento durante gli anni della rinascita che andarono dal 1977 (pubblicazione di "Some Girls") al 1981 (anno di "Tattoo You", ultimo grandissimo masterpiece del gruppo) da notare anche l'ottimo stato di forma di Ron e Keith, mai così affiatati e presenti.
Insomma che dire, erano strepitosi, la più grande rock and roll band di sempre, mai frase fu più condivisa nel mondo della musica, ma c'è il suo perchè.

giovedì 3 novembre 2011

Genesis, Anyway e tutto questo andrà perduto come lacrime nella pioggia


Caspita, sono costretto a tornare sui Genesis, anche se non sono un fan dei Genesis.
Trovo profondamente ingiusto lo "stato di abbandono" a cui è sottoposta oggi la loro musica, un universo sonoro che è anche riduttivo inglobare tout court dentro la bolla del Progressive Rock.
Non è vero che facevano solo suite di 20 minuti piene di assoli, non è vero che facevano testi irreali e surreali e incomprensibili al genere umano, non è vero che togliendo la coreografia rimaneva poca "ciccia".
Ci hanno ingannato, a noi non fan. A noi passati sotto i venti del punk e della new wave, a noi adepti del rock duro a noi nostalgici del glam rock, ci hanno propinato per anni un'immagine distorta e parziale di questa straordinaria band, immagine figlia anche delle luminose post-carriere di Gabriel e Collins, una più incensata l'altra meno.
Gabriel e Collins non erano i Genesis perdio.
Steve Hackett, Tony Banks, Mike Rutheford a risentirli oggi lo erano probabilmente molto più di loro.
Nessuno ci aveva detto la verità.
Ed è giusto ogni tanto (oh, a dosi controllate eh, mica siamo Genesis fan sul serio) recuperare confidenza con cenni di passata grandezza come questo splendido pezzo tratto da "The Lamb lies down on Broadway".
Così, sapete, tanto per non rischiare di materializzare l'antico adagio di rutgerhaueriana memoria "e tutto questo andrà perduto come lacrime nella pioggia...."

giovedì 27 ottobre 2011

DISCOTIME: Deee-Lite e Groove Is In The Heart



Ma chi l'ha detto che la musica dance debba essere per forza limitata al periodo dorato lustrini e paillettes della Disco Music?
All'inizio degli anni '90 esplose nuovamente la dance mania, con arrangiamenti al tempo stesso più techno e più contaminati dall'hip hop culture.
DEEE-LITE da New York spaccarono di brutto con questo GROOVE IS IN THE HEART, funkettone inframezzato rap e progenitore di tanta musica venuta dopo (penso a Andre 3000 e i suoi Outkast, per esempio).
Lady Kier (uno dei corpi più belli mai visti su palco abbinato ad una voce che levati) e i suoi due pards (ballerini clamorosi inventori di mosse e mossettine che neanche MJ) imbastirono questo pezzo epocale colorato musicalmente e visivamente e per alcuni anni impazzarono in ogni dove.
A risentirla, questa canzone, non suona datata. Potrebbe uscire oggi e sembrare attuale.
Se solo esistessero ancora i dance club di una volta e il tutto non fosse ridotto ad un orrendo "aspira-al-privè-che-c'è-quello-famoso-del GF12 o 13" (aspira nel senso del desiderio, non della coca eh).
Notte gente, che la danza vi ritrovi.

lunedì 24 ottobre 2011

Jonathan Wilson - Desert Raven


Ecco il classico disco che mi fa esclamare "porca puttana ma chi è questo qua?". Raro ma succede ancora.
Non ricordo quale amico me l'aveva segnalato (forse Chiarina? sì, potrebbe essere nelle sue corde....e se non fosse stata lei chiedo venia si faccia avanti il colpevole! sì, è stata lei) (ma anche Sigur lo aveva segnalato, e ci avevo pure scritto!!!chiedo venia) ma alla fine quello che conta è che sia arrivato anche se a scoppio ritardato.
A proposito si chiama JONATHAN WILSON, viene dal North Carolina e ha 37 anni (ma per quello che suona potrebbe anche averne 77...).
Ci sono molte influenze nella sua musica, dagli Allman Bros a Neil Young, da Bob Seger a David Crosby e anche un friccico di Dr. Hooker e via via chi più ne trova, ma il mix è a tutti gli effetti molto "personale".
Certamente ascoltandolo e andando in deliquio vi chiederete PERCHE' oggi uno se ne esca con una roba così che se fosse uscita tra la fine dei 60 e la prima metà dei 70 sarebbe andata in orbita dappertutto e oggi rischia seriamente di fare la muffa tra gli immaginari scaffali di Itunes.
Non lo sapremo mai, temo.
Ma quel che conta è che il signore in questione, con un disco nel cassetto clamoroso come GENTLE SPIRIT, alla fine lo abbia schitarrato fuori con tutto il suo karma.
Sentite questo pezzo, si chiama DESERT RAVEN ed è il terzo del disco ed è liquido e sognante: se siete fatti di quella pasta che credo io, godrete come maiali.
Ogni tanto ci vuole, santiddio.
Ola.

giovedì 20 ottobre 2011

Gli Eurythmics prima dell'Euro

Strano destino quello di Annie Lennox e Dave Stewart.
Gente che stranamente e contro molte leggi artistiche veniva incensata quando era in vita anzichè dopo "morti".
Quando mutarono il nome da Tourists a Eurythmics (eppure venivano da una discreta hit come I only wanna be with you, in fondo chi glielo faceva fare?) si aprirono loro le porte del successo con la S.
Critica, pubblico, charts. Per anni non mancò niente, nonostante moltissimi cambi di rotta a livello di arrangiamenti che li videro oscillare dalla new wave al soul, dal pop alla dance elettronica.
Poi come sempre lo scioglimento e l'oblio con Annie che imbastisce una discreta carriera solista e Stewart che perlopiù si dedica allo scrivere per gli altri ed alla produzione.
E gli Eurythmics di colpo iniziano ad essere banditi da qualunque tavola, forse per l'unica colpa di aver visto il successo (con la S) nei rutilanti anni '80. Come se aver avuto successo (con la S) negli anni 80 fosse sinonimo di scarsa qualità. E invece, CRIBBIO, di canzoni ce ne hanno lasciate veramente tante di belline e anche alcune di molto belle. Il binomio funzionava alla grande, soprattutto quando si circondavano di collaboratori di valore (alcune coriste che levati, Clem Burke alla batteria....). Io insomma ammiravo la voce di Annie, la sua decisione fragile, il suo piglio. E capivo la professionalità di Dave Stewart, uno che di musica ne mastica davvero.
Non so se oggi sono ancora riuniti (dopo il buon ritorno di ehi ehi i saved the world today) ma poco importa.
Bando alle ciance. Li ripropongo dall'inizio, da quel pezzo da brividi che ancor oggi provoca a sentirlo e a guardarlo (un videoclip debitore verso quello pre-mtv di ashes to ashes ma averne).

HERE COMES THE RAIN AGAIN resta a tutti gli effetti una signora canzone (con la S), con una delle intro più clamorose e copiate della musica pop.

lunedì 17 ottobre 2011

Io e i Genesis (Mad Man Moon)



Io e i Genesis non ci siamo mai incontrati.
Non ci siamo mai incontrati durante il periodo "progressive" guidato dal faro di Peter Gabriel (lui sì che mi prese, anni dopo).
Non ci siamo mai incontrati durante il periodo "pop" guidato da Phil Collins (un buon autore, non capisco perchè questa acredine contro di lui, è "solo" un ottimo autore pop e grande batterista perchè chiedergli di essere di più?).
Ci siamo però sfiorati, sì ci siamo sfiorati. Io e i Genesis.
Successe per un paio di album, quelli della transizione dal primo al secondo periodo, quelli dove Phil Collins cantava come cantava Peter e dove il genio di Tony Banks e l'abilità di Rutheford e Hackett ancora brillano.
A TRICK OF THE TAIL non sarà il miglior album dei Genesis per carità, chi sono io per giudicarli non sono neanche uno che li conosce a menadito.
Ma A Trick of the tail sono i "miei" Genesis. Un album che conosco solco per solco, parola per parola, nota per nota. Dalla tumultuosa Robbery, Assault and Battery, passando per la grandissima Ripples, fino al grandissimo elegiaco sognante e malinconico pezzone qua: MAD MAN MOON. Una delle canzoni che più mi commuovono e che continuano a farmi chiedere chi diavolo rappresentasse questo pazzo uomo luna. Ma si sa, i testi dei Genesis sono sempre stati simbolici e raffigurativi, non c'è neanche bisogno di capirli troppo.....bisogna solo scivolarci dentro.
E allora vado nuovamente a struggermi in questo brano, scusatemi, ma ogni tanto è più forte di me.

mercoledì 12 ottobre 2011

ANIMALI DA PALCOSCENICO: Tina Turner & Rod Stewart - Get Back & Hot Legs live 81



Scoppio di rubriche, adesso lancio "Animali da palcoscenico" una serie dedicata a tutti quelli che quando sono sul palco rubano la scena e catalizzano l'attenzione del pubblico.
Gli animali da palcoscenico sono purtroppo in clamorosa diminuzione nowadays, forse nel convulso mondo di oggi non servono neanche più, impegnati come siamo a correre dietro agli mp3 e ai festival dove suonano in millemila un quarto d'ora a testa.
Ma è bello almeno per me ricordare chi e come, pescando a piene mani innanzitutto dal rocchenrolle.
E quale miglior inizio di una rubrica se non quello di 2 al prezzo di 1?
Due GRANDISSIMI e indescrivibili animali da palcoscenico alle prese con due canzoni atte alla bisogna (la prima non c'è bisogno di presentarla la seconda è da sempre uno dei cavalli di battaglia live di Roddie).
Due come non se ne fanno mica più, lo "stampino" chissà chi l'ha fottuto.
Non vi tedierò con note su questi due mega artisti che hanno caratterizzato almeno un paio di decenni della musica. Qua il Roddie era in inizio di fase calante ma ancora in splendida forma sia vocale che fisica, la Tina era appena stata ripescata dal baratro e iniziava a godere la sua seconda giovinezza (a cui ne sarebbero seguite molte altre ma la Tina è la Tina oh, a 60 e passa anni da ancora dei punti alla Beyoncè).
Seguiranno altre puntate, per ora godetevi questi due qua.
Prosit!

domenica 9 ottobre 2011

DISCOTIME: Odissey - Going back to my Roots



Il Rocksaloon rimette per un attimo la maschera del dancefloor e continua la rassegna dei pezzi che fecero la stagione della disco/dance music, incentrata specialmente su quegli artisti che non ebbero da quell'epoca fama imperitura.
Gli ODISSEY erano nel solco della tradizione funky-leggero con quel riffettino di chitarra a-la-nilerodgers e quei fiati di contrappunto a-la-koolandthegang, per capire il posizionamento.
In pista andarono di brutto, come qualunque diggei dell'epoca poteva capire fin dall'incipit del pezzo "walking on the boots....going back to my roots!" che nel 1981 spopolò in prekaraoke.

Peraltro la versione degli Odissey è passata alla storia forse più dell'originale, proposto 4 anni prima nel 1977 da quel gran genio della musica black che risponde al nome di LAMONT DOZIER (sì, proprio il celeberrimo autore che in coppia con Brian Holland firmò una marea di pezzi soul dell'epoca Motown). Vi metto anche questa versione, per palati più fini di quella prima, che apre col piano anzichè con la chitarra e appare un pò meno "levigata".


Alla prossima gente.

mercoledì 5 ottobre 2011

The Magnetic Fields - Epitaph for My Heart



Dopo svariati anni dalla sua pubblicazione continuo a non saperne quasi una mazza di questo album e del suo autore Stephen Merritt (che si cela sotto lo pseudonimo di Magnetic Fields). Ma che mi frega mica sono un giornalista. Anzi vi dirò di più manco c'ho il ciddì. Forse ce l'ho su mp3 ma non ricordo in quale chiavetta o hard disk l'ho messo.

Vi ho mai detto che uno dei problemi più seri della musica digitale è la sua archiviazione? Io non ritrovo mai niente eppure ho tantissima roba sparsa. Che pena non sapere dove è andato a finire quel pezzo che avresti voglia di sentire subito-subito e non puoi andare allo scaffale ad estrarlo dal suo posto..

Quindi come faccio a usufruire della potenza melodica del capolavoro mai più ripetuto di 69 Love Songs, uno dei più grandi (in tutti i sensi) concept album mai concepiti? Semplice, vado sul Tubo e riesco sempre a trovare random una canzone del disco con buona qualità sonora e me la sento in cuffietta-computer (tanto mica li produceva John Mutt Lange.....e per provare le casse dello stereo tengo sempre a portata di mano breakfast in america). E' sempre un toccasana, un piccolo buffetto di sostegno alla mia anima che magari dondola indecisa sul da farsi.

Musica dell'anima mi piace, accomuna tanti brani appartenenti ad artisti/generi i più svariati ma che in qualche modo influiscono sul tuo stato d'animo. Il mix personale di brani di musica dell'anima, ad avere il fegato di confessarli tutti, dice più cose di te del tuo psicanalista semmai ne avessi avuto uno.

Coraggio, a voi. Io indico Epitaph For My Heart come uno dei miei pezzi preferiti per leccarmi le ferite.

lunedì 3 ottobre 2011

Bruce Dickinson ha il suo perchè e percome

Paul Bruce Dickinson è indubbiamente uno dei cantanti più bravi e dotati di sempre, nel mondo hard&heavy. Fa parte della schiera degli "urlatori" che discende dai padri Gillan&Plant e prosegue alla stragrande con i vari Ronnie James Dio e Geoff Tate. Pensate che quando militava da regazzino negli storici Samson, Bruce Bruce (il suo nome dell’epoca) era noto come "air raid siren", e ho detto tutto.


Sono una genìa di cantanti di grande apertura vocale, intonazione superba, capacità di estensione incredibile. Talvolta eccedono un po', ma fa parte del genere e del gioco che non prevede molta sobrietà per definizione.

Bruce subentrò al più originale (ma inadatto al suono epico dei Maiden) Paul Di Anno al terzo album della band, quel THE NUMBER OF THE BEAST che viene giudicato da molti un caposaldo dell'intera produzione mondiale di hard. Era il 1982. Bruce completò il già elevato asset dei Maiden con l'apporto di una prestazione fisica e vocale di prim'ordine, unita ad una solida capacità di songwriting (che consentì un pò di variazione rispetto ai pur elevati standard di Steve Harris) dando alla band l'attuale status di prima fila.

Vidi il secondo concerto in assoluto della formazione con Bruce, a Firenze nel 1982. Nessuno sapeva niente e dopo un paio di minuti di fischi misto urla DiAnno-DiAnno....lui prese il microfono in mano cacciò un urlo e ammutolì tutti. Da lì un successo travolgente e senza precedenti. Ma ve ne racconterò meglio a parte un'altra volta…
Inutile star qui a parlare dell'importanza capitale dei Maiden nel trasferire le stigmate del genere al futuro. Senza di loro la lezione dei Deep Purple non sarebbe confluita mai nell'heavy metal e i toni epici sarebbero rimasti un ricordo. Ma anche questo è un altro post.
Insomma, com'è come non è, come in tutti gli amori, anche Bruce e i Maiden hanno avuto la loro crisi.

Successe quando a fine anni 80, Bruce si stancò della ripetitività in cui si era incanalato il sound della band (a cui comunque contribuiva pesantemente come songwriter) e iniziò a cercare sbocchi alternativi producendo dischi solisti a nome proprio con l'ausilio del chitarrista Roy Z, personaggio trasversale al mondo dell'hard anni '90.

Mentre uscivano dischi dei Maiden sempre più calanti, Bruce tentò strade anche un pò impervie che lo portarono a includere nei propri lavori (sempre di matrice hard) anche psichedelia, rap, jazz e perchè no glam rock.

Ci furono molti eccessi, a dire il vero. Anche troppi sperimentalismi. Però oh. Tentar non nuoce. Meglio che ripetersi come facevano ormai da anni i Maiden che sono poi divenuti more solito la cover band di sé stessi.

Alcuni album di ottimo livello come TATTOED MILLIONAIRE e ACCIDENT OF BIRTH si alternano ad altri più disomogenei e discutibili ma vendono in un paio di casi addirittura più di quelli stanchi e contemporanei degli ex-compagni di viaggio. Il problema è che Bruce da solo non ha la forza e l’immagine dei Maiden al completo, almeno sul piano commerciale. Non riesce a sfondare a livello di massa, pur investendo in ricerca e qualità. E’ la solita vecchia storia vista mille volte del frontman-che-pensa-di-farcela-da-solo e poi si ritrova senza il culo coperto sul palcoscenico (vero David Lee Roth, Rob Halford ma potrei dire anche Serj Tankian e Chris Cornell?).

Inevitabile il ritorno a casa del figliuol prodigo, assieme all’altro fuoriuscito (e amico di Bruce) Adrian Smith che ha portato all’attuale assetto di maxi-band a 3 chitarre soliste (bravi i Maiden a non dare un calcio nel culo all’incolpevole Janick Gers che nel frattempo, era stato reclutato a compensazione).

Inevitabile il rientro alla base, per consentire ai Maiden (e ai due ex-Maiden) di rientrare in orbita. Cosa a dire il vero solo parzialmente riuscita perché gli anni si cominciano a sentire tutti e la carenza di creatività da svariati anni è pressochè totale.

Si salva la dimensione live: i Maiden sono grandi professionisti, integri, e figurano stabilmente tra gli act di maggior successo di pubblico. Rifanno sè stessi ma sul serio, non sono una cover band. Sono i Maiden un pò invecchiati che ci danno dentro da matti e con bravura.

Una storia però a pensarci bene tipica del rock dei nostri giorni, una musica a doppia faccia dove giovani band si affacciano alla ribalta sfruttando le nuove piattaforme mediatiche e le vecchie band si sfidano a colpi di stadi e palasport. In mezzo pochi ibridi che cercano di tenere i piedi in parecchie staffe. Pochissimi (Radiohead, ma a fatica) ci riescono.


Però vi giro due pezzi di Bruce per farvi capire meglio.

SHOOT ALL THE CLOWNS è un rock moderno, anni luce avanti ai Maiden, addirittura rappato (no, non temete, non è nu metal), con suoni e arrangiamento non-classici e invitanti.

TEARS OF THE DRAGON è invece un pezzone classico che alterna momenti morbidi e duri alla maniera della madre di tutte le power ballads (devo proprio dirvi qual è?), un pezzone che quando uscì,  Steve Harris avrebbe dato un rene e un polmone per essere ancora in grado di scrivere quella roba lì.

Ultima curiosità: sapevate che Bruce negli anni ’90 ha fatto il pilota aereo di linea a tempo pieno e continua a guidare il Boeing con cui la band si sposta nelle tourneè? Manco John Travolta….







 

venerdì 30 settembre 2011

WHEN NAPOLI WAS CALLING...

Ricevo e pubblico questo post dall'amico Totonno, appassionato del Neapolitan Sound per ovvii motivi genetici....
:-)
PS Vi invito a visionare il video perchè la versione di Papa's got a brand new bag ivi contenuta è veramente clamorosa. Io personalmente non avevo mai sentito parlare di questo gruppo (The Showmen) così seminale e determinante per lo sviluppo dell'intera scena musicale partenopea.


Per parlare un po' di questo movimento così influente che esplose in Italia nella seconda metà dei '70,il Neapolitan Sound...cercando di ricostruirne gli albori, a parte le figure un po' a sè stanti alla Carosone o il primo Peppino di Capri, mi viene da pensare che l'inizio di quel suono rabbioso, caldo, così tanto etichettato ("Nero a metà", "Il rock del Mediterraneo"...che non era poi tanto rock ma così lo chiamava "Per voi 'ggiovani"...), sia stato generato da questi signori, in gran parte venuti dal "famigerato" quartiere di Scampia...chissà se un po' di facce le riconosciamo tutti......

Ok bon, via alla "caccia alla faccia"!!! Io ne avevo riconosciuto uno solo......fatevi sotto.

giovedì 29 settembre 2011

Friendly Fires - Live Those Days Tonight



Ecco se proprio devo scegliere qualcuno che tra le "nuove proposte" (mi sono rotto di chiamarle next big thing) mi smuove qualcosa che non sia un transito intestinale, ecco dicevo che questi qua sono sicuramente nel gruppo in testa alla corsa, assieme ai Wu Lyf, ai Black Lips ed alcuni altri, e hanno qualche minuto di vantaggio sul gruppone che insegue ansimando.
Arrangiamenti moderni, tematiche sonore non banali, un ritornello micidiale incastonato in strofe al passo coi tempi.
Avanti tutta con i FRIENDLY FIRES.
Da St.Albans, Hertfordshire, England (non so dove sia nel modo più totale, tranne England).
Dal secondo album PALA per XL Recordings.

domenica 25 settembre 2011

DISCOTIME: "Superstar" di Bob McGilpin



Tutti abbiamo iniziato da qualche parte.
Io quando c'era la disco music iniziavo parecchie cose della mia vita.
Riviste all'indietro eran tutte cazzatelle ma vissute ai tempi parevano robe importanti.
Il primo bacio, le prime uscite serali, i primi locali, i primi dischi.
E pensare che ero già un rocker. Comprati Rolling Stones (Black and Blue) e Led Zeppelin (Presence) ascoltati qualche volta e poi messi via coi miei capelli alla Allen Collins. Nessuno dei miei amici teen ager li conosceva cacchio.
E quindi giunse il dancefloor. Almeno per 2 o 3 anni non ci fu niente altro, tranne qualche canzone di cantautori nostrani che riusciva a "bucare" anche la mia giovanissima generazione (es. Musica Ribelle di Finardi). Poi tornai a cose differenti, crescendo anagraficamente.
Posteròpperò di tanto in tanto qualche pezzo "disco", un genere semplice e diretto nato a latere della musica black ma ben presto sviluppatosi in innumerevoli filoni indigeni e autoctoni, anche in Europa e persino in Italia (chi si ricorda gli Easy Going di Paul Micioni è benemerito). Un genere che nella sua "povertà" ebbe  alcuni meriti.
Introdusse per esempio diversi elementi nuovi per il music business, tipo i grandi produttori di suoni (moroder, soccio, morali, poncia) che ebbero modo di influenzare non solo il genere disco.
Sdoganò completamente il "gay world" che apparve in tutto il suo variopinto potenziale (come avrebbero potuto esistere le Scissor Sisters 30 anni dopo, sennò?).
Lanciò personaggi di caratura interessante e destinati a rimanere sulla cresta dell'onda anche e dopo la morte della Disco (Donna Summer, for instance).
Insomma la Disco non era niente di che ma aveva un suo perchè.
E soprattutto fu la colonna sonora dei miei "inizi". C'era quella come soundtrack impossibile sfuggirle.
Mi piace ricordarla in questa serie di post con cui vi ammorberò, con alcuni pezzi non troppo noti (non metterò You make me feel di Sylvester o Macho Man dei Village People o I will survive di Gloria Gaynor, per dire).
Pezzi però di "qualità" capaci di tirare in pista migliaia di persone (vi ricordate le maxi discoteche?) con suoni da leccarsi le orecchie e, appunto, produzioni avanti di brutto.
SUPERSTAR di Bob McGilpin è indubbiamente uno di questi pezzi. Sentite il sound secco e asciutto della batteria ci sono dischi di rock degli stessi anni prodotti da cani oppure la (vera) sezione archi come introduce il pezzo ma anche le parti quasi completamente percussive che servivano ai diggei per cambiare brano, mixandolo con uno di analoga ritmica.
Spero di avere qualche lettore di nicchia che sappia capire la natura di questi post e ne comprenda la natura che non è celebrativa di alcunchè di artistico ma ha tutto il sapore dell'amarcord.
See ya.

mercoledì 21 settembre 2011

I "mostri" della laguna

Adesso vi giro un pezzo che mi ha sempre dato quelle che siamo soliti definire "good vibrations".
Non chiedetemi perchè, dovrebbe rispondere il mio spirito non la mia testa, ma quando metto su LAGUNA SUNRISE è come se mi si riaprissero i polmoni.
Quell'arpeggio così originale (non mi intendo di accordature ma quelle di Toni Iommi non erano esattamente standard....PS Nota dell'amico SHADO: sì lo erano solo che la chitarra era accordata qualche tonalità più bassa) che parte sognante e poi si apre con una maestosità degna della colonna sonora di un filmone da hollivuddone, quello stile così inconsueto per i "cattivoni" mangiatori di pipistrelli e stracciagroupies, quella sua melodia chiaramente percepibile ma mai ruffiana, quell'atmosfera così poco BLACK SABBATH e allo stesso tempo così magicamente incastonata nei pezzi dei Black Sabbath da starci quasi bene, nella sua bio-diversità.
Insomma per me è un punto di riferimento, un pezzo magari non da memorabilia ma da tenere sempre nell'Ipotetico-Ipod (che non porto comunque mai con me) per un utilizzo nei momenti di stress.
Alla prossima folks!

lunedì 19 settembre 2011

La musica impegnata e faticosa

A volte mi piace la musica disimpegnata, altre volte ho voglia di ascoltare qualcuno che scrive canzoni per dire qualcosa di serio, di importante, di concreto. Sono sempre meno, ahimè.
Pierpaolo Capovilla non è un mostro di simpatia ma nel panorama italico è uno dei numeri uno da anni, sia con il suo gruppo originario (One Dimensional Man, ascoltateli sono veramente forti) sia con il suo gruppo parallelo italico-arrabbiato-intenso e parlo del TEATRO DEGLI ORRORI, autore di un disco solido, tra i migliori in Italia negli ultimi anni, come A SANGUE FREDDO.
Musica dura, quasi noise, testi di denuncia e/o di amara constatazione dello squallore della realtà che ci circonda, per capirsi.

E' un filone che sta prendendo sempre più piede nel nostro disastrato paese, che vede il Teatro degli Orrori in prima fila a fianco di Massimo Volume, Le luci della centrale elettrica e pochi altri. Forse anche I Cani, perchè no, seppur su un piano un pò più sarcastico.
Di seguito testo e video dell'omonima canzone, ben nota a chi segue il circuito indie nostrano un pò meno a chi segue sempre e solo quello di oltreManica.

PS Ovviamente, e onestamente, prima di conoscere questo splendido e amarissimo pezzo anch'io non sapevo chi fosse Ken Saro Wiwa.


A SANGUE FREDDO

Non ti ricordi di Ken Saro Wiwa?
il poeta nigeriano
un eroe dei nostri tempi
non ti ricordi di Ken Saro Wiwa?
perché troppo ha amato
l’hanno ammazzato davanti a tutti
bugiardi dentro
fuori assassini
vigliacchi in divisa
generazioni intere
ingannate per sempre
a sangue freddo
ken saro wiwa è morto
evviva ken saro wiwa
non è il tetto che perde
non sono le zanzare
non è il cibo meschino
non basterebbe a un cane
non è il nulla del giorno
che piano sprofonda
nel vuoto della notte
sono le menzogne
che ti rodono l’anima
in agguato, come sempre
la paura
la paura di morire
non ti ricordi di ken saro wiwa?
il poeta nigeriano
un eroe dei nostri tempi
non ti ricordi di ken saro wiwa?
perché troppo ha amato
l’hanno ammazzato davanti a tutti
io non mi arrendo
mi avrete soltanto
con un colpo alle spalle
io non dimentico
e non mi arrendo
io non dimentico
è nell’oblio che un uomo
è nell’indifferenza che un uomo
un uomo vero
muore davvero
quanto grande è il cuore
di Ken Saro Wiwa
forse l’Africa intera
il nulla del giorno
sprofonda piano
nel vuoto della notte
avete ucciso Wiwa
ladri in limousine
che dio vi maledica
pagherete tutto
pagherete caro
non ti ricordi di ken saro wiwa?
il poeta nigeriano
un eroe dei nostri tempi
non ti ricordi di ken saro wiwa?
perché troppo ha amato
l’hanno ammazzato davanti a tutti
bugiardi dentro
fuori assassini
vigliacchi in divisa
generazioni intere
ingannate per sempre
a sangue freddo





Di seguito invece la poesia di Ken che ha evidentemente ispirato Capovilla e co..

Non è il tetto che perde



Non sono nemmeno le zanzare che ronzano


Nella umida, misera cella.


Non è il rumore metallico della chiave


Mentre il secondino ti chiude dentro.


Non sono le meschine razioni


Insufficienti per uomo o bestia


Neanche il nulla del giorno


Che sprofonda nel vuoto della notte


Non è


Non è


Non è.


Sono le bugie che ti hanno martellato


Le orecchie per un'intera generazione


È il poliziotto che corre all'impazzata in un raptus omicida


Mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari


In cambio di un misero pasto al giorno.


Il magistrato che scrive sul suo libro


La punizione, lei lo sa, è ingiusta


La decrepitezza morale


L'inettitudine mentale


Che concede alla dittatura una falsa legittimazione


La vigliaccheria travestita da obbedienza


In agguato nelle nostre anime denigrate


È la paura di calzoni inumiditi


Non osiamo eliminare la nostra urina


È questo


È questo


È questo


Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero


In una cupa prigione.






mercoledì 14 settembre 2011

FLORENCE!

Non è mistero la mia passione per Florence Welch, immagine e corpo di Florence & The Machine.
Sono sinceramente rapito dalla di lei silhouette, dagli occhi color acquamarina, dalla chioma rossa fuoco.
Ma non prendetemi per un donnaiolo o pensare che ami Florence per il fatto che si chiama come la mia città.
Io amo Florence anche e soprattutto per le sue capacità artistiche.
Adesso che, ahinoi, è deceduta Amy, penso sia la figura femminile di spicco del panorama pop inglese.
Perlomeno la maggiore (e di gran lunga) fra quelle emerse diciamo negli ultimi 4 o 5 anni.
Le canzoni le ha, sono notevoli e molto originali. I suoni.....il vero punto di forza.
La voce, nonostante possa capire non piaccia a tutti, è caratteristica, unica, inimitabile.
La band è (per adesso, che mi sa che fra 2 o 3 anni imboccherà una strada completamente solista) di livello, gli arrangiamenti sopra la media, l'uso dell'arpa per ora vincente (ma dovranno trovare strade nuove che alla lunga può "stuccare").
Consentitemi quindi di avvertire il mondo (hahahaha, siete 4 o 5 e lo sapete già tutti....) che il 31 Ottobre esce "Ceremonials", il secondo nuovissimo disco che si annuncia un pò più dark del primo.
Il singolo apripista ("What the water gave me") non mi ha convinto del tutto anche se, parafrasando il titolo del pezzo, la classe non è acqua e si sente.
Cresce comunque in modo esponenziale la curiosità per il nuovo lavoro, di qua e di là dell'oceano (Florence si avvia a diventare una stella anche in USA, dove le sue tourneè hanno avuto successo e l'album di esordio ha chartato bene nonostante i suoni distantissimi dal mondo stelle e strisce).


Io sono comunque tra quelli che aspetta. E, credetemi, non ne aspetto tante di nuove uscite.....

venerdì 9 settembre 2011

Il mondo che vorrei (I)

che bello se i rolling stones facessero un disco tutto di blues e andassero in tourneè nei piccoli club e annunciassero finalmente al mondo di smettere di annunciare una nuova tourneè

che bello se sting divorziasse dal carlino, tornasse a insegnare letteratura e suonasse solamente piccoli concertini jazz nei club di newcastle

che bello se jovanotti, dopo averci propinato "Io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa, passando da Malcolm X attraverso Gandhi e San Patrignano arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano...", si togliesse definitivamente dai maroni e entrasse in seminario

che bello se bob dylan si ritirasse in un eremo e smettesse di sputtanare la propria musica e la propria immagine prima di morire

che bello se david bowie fosse già morto in segreto e ci risparmiasse lacrime e dolori futuri

che bello se gli zz top si tagliassero staccassero le barbe

che bello se gene simmons facesse un disco di canzoni pop alla beatles (la sua vera vocazione, credetemi ne è capace) e andasse primo in classifica alla facciaccia dei denigratori

che bello se i verdena si capisse ciò che dicono nei dischi

che bello se vasco rossi e ligabue aprissero una trattoria di cappelletti e zampone fra la via emilia e il west, tipo quella dei dikdik a milano

che bello se i fratelli gallagher (quelli famosi, non quelli dei raven) scoprissero di non esserlo, chissà magari tornerebbero insieme e smetterebbero di scaccolarsi in pubblico per far vedere chi è il più duro

che bello se ogni anno uscissero una decina di dischi come quello dei wu lyf e quello di john grant

che bello se florence welch parcheggiasse un attimo "la macchina" e accettasse la mia proposta di matrimonio................



(to be continued)

martedì 6 settembre 2011

VAN HALEN: nuovo album di inediti?

Sono sempre stato appassionato di chitarra elettrica. Viene quindi da sè che ho attraversato la mia bella fase di andiamo-alla-caccia-del-chitarrista-che-ce-l'ha-più-lungo.
Ed in questa fase non potevo non imbattermi in EDWARD VAN HALEN, uno degli uomini che ha maggiormente rivoluzionato (dal 1978 in poi) il linguaggio e la tecnica della chitarra rock. Sì, senza limitarsi all'hard rock, il modo di suonare di Eddie è stato imitato veramente da tutti, dai semplici cloni a quelli che invece ne hanno tratto spunti per arricchire il proprio fraseggio (esempio maximum Glen Tipton dei Judas Priest che partendo da una base lirica/epica/classica di un certo livello e inserendo hammering e tapping e sweep-picking ha raggiunto capacità incredibili di espressione - basti l'assolo di Painkiller a sintetizzare quello che sto dicendo). Poi oggi in rete è pieno di ragazzini che suonano a memoria gli assoli di Van Halen. Ma vai a farli te la prima volta. Pensali, progettali, suonali in un modo che ancora nessuno aveva fatto. Cose incredibili che lo installano di diritto tra i primi 10 della storia del rock.
Insomma tutto questo sproloquio (che pochi intimi capiranno) per dire cosa.
Che i Van Halen in formazione (quasi) originaria hanno appena terminato di registrare un album di inediti da studio (già finito il mixaggio manca solo il master), il primo dopo enne anni e soprattutto il primo con DAVID LEE ROTH in pianta stabile, dopo le tourneè rigeneratrici degli ultimi 2 anni.
Certo, al posto del buon MICHAEL ANTHONY c'è WOLFGANG VAN HALEN, figlio di Edward e nipote di ALEX, portando a 3 su 4 la presenza della famiggghia sul marchio. Ma insomma dai, la continuità con il passato dovrebbe essere garantita.
La notizia buona è che David "I'm just a gigolò" Lee Roth pare tornato in ottima forma, sia fisica che vocale. E lui che fu uno dei più grandi frontman mai visti su palco, è una garanzia. Perlomeno fino a quando non rilitiga con Eddie.
La notizia cattiva è che Sammy Hagar, per anni cantante al posto del defenestrato Dave, lo stesso Sammy che conosce vita morte e miracoli di Eddie e ne ha patito le ubbie e i fuoriditesta, nutre seri dubbi sulle capacità di recupero quest'ultimo. Non è infatti mistero che Eddie, malattia a parte (tumore alla lingua dal quale ormai pare fuori), abbia passato anni schiavo della bottiglia e sia tuttora incapace di gestire qualsiasi cosa, dalla vita privata alla chitarra. Che dire, come non avere le stesse perplessità?
Ma speriamo in bene e speriamo che ci diano un disco non dico a livello dei primi 4 che siamo nell'Olimpo del Rock ma almeno a livello di un OU812.......dal quale vi passo questa a me sempre gradita FINISH WHAT YA STARTED anche per omaggiare gli anni di "militanza" di Sammy che nel frattempo si è ricreato un suo giocattolino con i Chickenfoot assieme a Michael Anthony e qualche altro "sbarbino" di primo pelo....


PS Ho cambiato il video ne ho trovato uno di qualità sonora superiore..

venerdì 2 settembre 2011

I've got a pocket full of kryptonite

Certamente ho già scritto di loro in qualche angolo del passato, ma porca vacca se ogni tanto me ne dimentico c'è sempre qualche stazione radio (anche commerciale, massì) a ricordarmi gli SPIN DOCTORS e i maledetti ANNI '90.
Gente è vero che sono durati un amen (due bei dischi, una cover bellissima e poi vooosh....) ma questo album qua era e resta un portento e non già per il sempiterno loop di TWO PRINCES che canteresti all'infinito senza un vero e proprio turning point (qua in versione live)

ma anche per JIMMY OLSEN'S BLUES, la gemella ribelle e meno addomesticata di Two Princes donde proviene il titolo del post.....


e per il poderoso funkey di WHAT TIME IS IT? (ne vogliamo parlare?)


Ma insomma un discone davvero, composto suonato e prodotto benissimo da una band di prima fila che dava punti a tantissimi nomi ben più altisonanti (trovatemi a quei tempi un batterista come Aaron Comess o un chitarrista come Eric Schenkman, forse solo i Living Colour potevano ambire a quel livello).
Poi mi direte che era troppo cross-over ma porca miseria a me piaceva da matti e ancora oggi se la sento inizio a saltare come "un" scemo.
Bon nuit, a tout le monde.

lunedì 29 agosto 2011

Depeche Mode - See You



La cosa che più mi ha impressionato, rivedendo il video di questo piccolo capolavoro del pop moderno (contiene in sè tutto lo spleen agrodolce dei Depeche Mode) è quanto fosse giovane David Gahan.
Praticamente poco più di un bambino. E Martin (Gore) non era certo più grande di lui.
Ecco, questo spunto per dirvi cosa.
Che aldilà della grandezza di una band che non smetterò mai di celebrare, i primi dischi dei Mode li fecero dei ragazzini!!! Nerd, perdipiù. E' probabile che un "A broken frame" appaia acerbo al cospetto del monumentale "Songs of faith and devotion". Ma conteneva già tutti in fieri tutti gli elementi che avrebbero reso celebre la band.
E quindi, quando oggi guardo guardiamo con sospetto le band di ragazzini che sembrano scopiazzare i dischi del passato, oggi che ascoltiamo millemila "next big thing" che ormai il tumultuoso mondo degli mp3 ci propina a raffica, dovremmo sempre ricordarci che i nostri idoli già da giovanissimi ma rivisti a posteriori avevano già in sè i segni della futura grandezza.
Quindi diamoli un pò di fiducia anche oggi, ai giovanissimi che non sappiamo decifrare. Giovanissimi a cui consiglio solo di cercare vie originali come al tempo seppero fare i Depeche Mode.
Poi comunque il tempo tirerà le somme: anche se in cuor mio sono piuttosto certo che certi livelli creativi non si ripeteranno mai più, magari tra dieci anni scopriremo che uno di questi gruppetti è diventato qualcosa di importante per davvero.



mercoledì 24 agosto 2011

Non sparate sulla croce rossa!



In questi giorni in cui tutti sparano su Vasco come sulla croce rossa voglio andare un pò kontrokorrente.
E' del tutto evidente e oggettivo sostenere che il Vasco nazionale ha cessato di "dire" qualcosa da anni e anni, come qualsiasi rockstar entrata nella fase "dinosauro". Come i Rolling Stones, come gli U2, come tanti altri rocker da stadio (ci metto anche il Boss? massì) anche Vasco da anni è la macchietta di sè stesso.
Ma tralasciando il ruolo di rottura degli schemi che, tra la fine dei '70 e l'inizio degli '80, consentì a Vasco di assurgere al titolo di "unica vera rockstar nostrana", argomento complesso su cui si potrebbe scrivere e annoiare per ore, e tralasciando anche il ruolo mistico e talibano (nel senso che provati a contestarlo e i suoi fan ti lanciano la fatwa) di "Miticovasco" (citando Paolo Madeddu di cui sono fervente ammiratore) che egli ha incarnato nell'asfittico panorama musicale italiano degli ultimi anni, insomma tralasciando annessi e connessi cosa volevo dire.
Volevo dire che il Vasco, anche in fase calante (come qua, nel 1996, quando editò Nessun pericolo per te), ogni tanto bagnava il naso ma anche le ascelle a qualsiasi aspirante al titolo di "unica vera rockstar nostrana".
Il nostro furbacchione, dotatosi di accompagnatori e produttori e tecniche/studi di registrazione di gran livello, seppe sostenere il suo successo con un minimo di spessore anche quando ormai la creatività era ridotta al lumicino.
Già ne "Gli spari sopra" (1993) Vasco innerbò il sound con arrangiamenti e chitarre pesanti di matrice heavy (con il buon Stef Burns Vasco a tutti gli effetti pescò l'asso in grado di sostenere la coda della sua carriera), cosa che proseguì imperterrita per tutto il decennio arrivando a mio avviso al culmine in questo pezzo qua.
GLI ANGELI, dedicato all'amico Maurizio Lolli ucciso prematuramente da un tumore, è la classica ballatona alla Vasco (senza dimenticare il contributo fondamentale di Tullio Ferro nel songwriting). Ma la scelta di virare verso la power-ballad di chiara matrice heavy portò su territori se non nuovi del tutto, almeno più intensi di prima.
E come ciliegina sulla torta l'assolo di elettrica finale, affidato non già al comunque bravissimo Burns (ex Alice Cooper, ex Giuffria che comunque eseguiva l'assolo dal vivo nel tour) ma nientepopodimeno che al preparatissimo e raffinatissimo Mike Landau, proveniente dal mondo del jazz ma grandissimo nel calarsi nel ruolo di rocker.
Questa canzone vale il disco, come si diceva una volta quando non si compravano solo singoli su itunes.
Se poi pensate che dentro "Nessun pericolo per te" c'è anche SALLY (perla unica e inimitabile dell'intera produzione vaschiana) e vabbè perchè non ce l'avete almeno per far contenta qualche fidanzata passata presente o futura?
Per questo oggi, vecchio malandato e spernacchiato perchè prende gli antidepressivi e si rompe le costole (sperando non sia niente di peggio), incapace di fare un album di degno livello, responsabile di una delle peggiori cover di ogni tempo (mi riferisco a Creep, ovviamente), non riesco ad allinearmi ai lanciatori di pietre.
Vasco era qualcuno tanti anni fa, ha perfino continuato ad esserlo a tratti come in questa canzone qua, oggi è un dinosauro che porta male gli anni e che si estinguerà perchè il cibo di cui viveva scarseggia sempre di più.
Che però resta sempre spanne sopra a qualsiasi altro aspirante al titolo (ogni riferimento a Ligabue è puramente voluto) e senz'altro merita il nostro rispetto.
So long.

lunedì 15 agosto 2011

The Adventures of Rain Dance Maggie Red Hot Chili Peppers *New Single* W...


Siccome che parlavo di tormentoni estivi nell'ultimo post e siccome li sto vivendo in diretta non posso fare a meno di segnalarvi la nuova traccia dei nuovi Red Hot Chili Peppers.
Che nel frattempo hanno riperso John Frusciante.
Che io continuo a considerare la vera "anima" del gruppo, con il suo personalissimo chitarrismo sghembo.
Ma si dia il caso che le mie orecchie sono martellate giorno e notte da questo pezzo qua, si dia il caso che mi pare del tutto in linea con le hit del passato (ok gente non vi aspetterete mica che cambino stile adesso eh siamo seri), si dia il caso che il nuovo chitarrista Klinghoffer non cerchi assolutamente di imitare Frusciante nè di fare il figo come Navarro preoccupandosi piuttosto di dare nerbo alla canzone con un sound tra Joe Perry e gli Stones di Black and Blue, si dia il caso che in ferie girano meno le palle e si accettano anche cose per cui immersi nello stress quotidiano si storcerebbe un pò il naso, insomma a me questa canzone sta piacendo e quando la sento partire l'ascolto volentieri.
Per ora.
Poi, come tutte le caduche cose estive, finirà nel dimenticatoio. Come ha sempre giustamente sostenuto anche il Califfo (mi riferisco alla celeberrima "un estate fa").
Alla prossima che fra poco sono a casa.

giovedì 4 agosto 2011

sarei un pò in ferie eh

..diciamo che qua il collegamento con la chiavetta usb è simpatico come un cactus nel culo ma insomma di che mi lamento? Tormentone estate 2011 sicuramente "Mother" dei Blondie.
Non il miglior pezzo dell'album, sulla falsariga di "Maria" di qualche anno fa, ma sempre un capolavoro della storia dell'arte al cospetto della danza kuduro o come diavolo si chiama.
Eppoi sapere che lei c'è ancora mi commuove.
Debbie forever, 65 o non 65 sei ancora la numero uno.
See you soon!!!!!!!!!!!!