sabato 31 dicembre 2011

Rolling Stones minori: Heaven



Finiamo questo 2011 con un titolo pieno di speranza....e con il ricordo di una band che non si è mai sciolta perbene ma si è piano piano smandrappata .... sfrastagliata .... decalcificata, ecco.
L'ho detto tante volte che mi sento anche un pò rincoglionito per davvero ma è facile oggi sparare sulla vecchia baldracca con la giacca rosa che non smetterà di sculettare finchè avrà fiato per vivere o sulla mummia vivente che sembra sempre di più la sorella di barbara alberti che un chitarrista del delta.
Ma gli STONES sono stati i più grandi per me. La più grande band di sempre. I Beatles sono fuori classifica non li ho mai visti come una band. Non saprei come giudicarli se non come il perfetto connubio sinergico di due (forse tre) geni.
Ma gli STONES erano LA band.
E adesso che si è da poco celebrata la riedizione supermasterdeluxe con inediti autografo e cazzi e mazzi vari è però necessario ricordare che SOME GIRLS, pur superbo, non è affatto l'ultimo grande album degli Stones.
TATTOO YOU, che lo segue di   3 anni (giusto, alex), nel 1981, è il canto del cigno.
Dicheno sia pieno di outake di black and blue e di some girls, questo disco incredibile.
E allora?
Sentite questo pezzo qua, HEAVEN: ma come si fa a pensare che sia stato concepito, scritto, suonato e cantato dai ragazzi? Ci credereste se non fosse vero? Chitarra twangy batteria a spazzola Una chitarra leggera accarezzata semplice semplice, la batteria che ticchetta il tempo sul bordo del rullante (grazie allelimo per la dotta rettifica), cantato in falsetto melodia eterea ai limiti della psichedelia (mi piace giusy, ok) e via si stampi nella memoria.
Il classico pezzo "minore" degli Stones (me ne verranno in mente molti altri non temete, ho inaugurato l'ennesima rubrica che spero di non dimenticare come al solito nel pozzo delle etichette) che surclassa tante hit più facili e celebrate. Il pezzo che dimostra di che pasta erano fatti i satanassi, e che rende questo album inarrivabile non da solo ovviamente ma assieme ad altre "cosucce" come Start Me Up, Waiting on a friend, Slave, Hang Fire.
Buon anno amici.

sabato 24 dicembre 2011

Save a Prayer (ma davvero!)



Il titolo di questa canzone si adatta perfettamente alla situazione che stiamo vivendo.
Sembra quasi che le preghiere non siano da "sprecare" adesso, sotto Natale, ma siano da conservare per un futuro che si preannuncia nerissimo.
Volevo solo dare un paio di messaggi a chi avesse la pazienza di leggermi.
1) il prossimo siamo noi, quelli che adesso sono in difficoltà potremmo essere noi domani, non ce lo ricordiamo solo a Natale, smettiamola di rincorrere le cazzate e diamoci da fare, io per primo che per pigrizia non sono secondo a nessuno
2) Totonno ti abbraccio e tu sai perchè, hold on!!!!
3) Questa canzone da troppo tempo giace sbeffeggiata nel maremagnum dei "plasticosi anni 80" o dei "cialtronissimiduranduran". Non credo sia giusto perchè i DD hanno segnato un decennio nel male ma anche, ogni tanto, nel bene. Dalla loro produzione possiamo senza alcun dubbio estrapolare una manciata di pezzi pop che farebbero la fortuna, ma che dico la fortuna, l'eldorado, del 90% dei gruppi odierni di pop mainstream. Se penso ai Foster the People (che pure mi garbicchiano) che con i loro motivetti hanno infestato le classifiche da mesi mi chiedo: ma i Foster the People (ma vale anche per gli Austra o per gli XX, o per i millemila gruppi pop che mi elencherete) avrebbero mai potuto rivaleggiare con i Duran Duran? e la risposta che mi do è sempre, inesorabilmente, "NO".
Io a quei tempi vestivo idealmente a borchie e pelle, quindi sono un insospettabile. Ma, a risentirle oggi, alcune canzoni dei DD sono veramente valide. Tanto che ho sempre avuto il dubbio luciferino che le scrivessero davvero loro oppure si facessero dare un aiutino chessò da Stock - Aitken - Waterman (trio di autori che, per chi non lo sapesse, ha scritto e prodotto la maggior parte dei pezzi da classifica inglesi degli anni 80).
Ad ogni modo Buon Natale a tutti e non perdiamoci di vista che i tempi consigliano unità e fratellanza!!!!

giovedì 15 dicembre 2011

Wild Beasts e la "sindrome" sfatata (quella del terzo album)



I WILD BEASTS da Kendal (UK) fanno parte del gran calderone "indie" (Domino Records, una delle corazzate del genere) e sono arrivati da qualche mese al tanto temuto terzo album.
E' notorio che la maggior parte delle britanniche "next big things" solitamente incuriosiscono al primo disco, temporeggiano al secondo e, se ci arrivano, dicono di che pasta sono fatti al terzo.
Spesso conviene non esplodere subito, ma arrivare gradualmente, sperando che la casa discografica non ti cassi il contratto al gradualm.......
Insomma i WILD BEASTS, dopo aver flirtato indecisi con l'elettronica e con la dance, sono arrivati a SMOTHER, terzo lavoro, con un certo grado di maturità.
E se non hanno fatto il botto poco ci manca.
Adesso che siamo a fine anno, in moltissime graduatorie dei best 10 album del 2011 figura anche Smother.
Un riconoscimento "mediato" che forse è più convincente di quello delle charts, influenzate moltissimo dall'attività promo e dall'hype che si sa abilmente creare in ambiente indie con un sapiente lavoro di pubbliche relazioni.
"Albatross" è una canzone eterea vagamente ispirata al trip hop dove la incantevole voce di Hayden Thorpe disegna un percorso melodico fine e inconsueto finora per la band.
Un'altra roba da tenere d'occhio negli anni a venire, visto che la temutissima terza tappa sembra stata superata al meglio per davvero.
See ya.

lunedì 12 dicembre 2011

Band of Skulls e il Diavolo che pensa solo a sè stesso.

Questi ragazzi qua vengono da Southampton (UK) e rischiano di centrare l'obiettivo fallito a suo tempo dai White Stripes.
Laddove quel "fattucchiero" di Jack White (mai troppo reale per essere vero e soprattutto sempre troppo ossessionato da Jimmy Page per essere veramente alternativo) si è via via disciolto, dopo aver fatto ben sperare, in un rock blues manieristico e fastidioso.
BAND OF SKULLS a inizio 2012 editeranno il secondo attesissimo album ma c'è già in giro un succosissimo singolo. THE DEVIL TAKES CARE OF HIS OWN che lascia l'acquolina in bocca.
Garage rock tendente al pesante, più tosti e un filo meno mainstream dei Black Keys, con venature di rock blues che appaiono sincere.
In una parola: credibilità.
Tre ragazzotti, due maschi praticamente uguali (con questi barbettoni che vanno ora non si distinguono ma quello alla batteria pesta durissimo) e una femmina che non si capisce se è carina o no ma non gliene pò fregà de meno di mostrarsi carina (al contrario di Meg, cha faceva di tutto per compiacere l'audience). I nomi per il momento non dicono niente, se "saranno famosi" ne riparleremo ma per me lo saranno.
Insomma i tre stanno facendo da un paio d'anni il giro di tutti i festival indie e mietono parecchio successo sul palco. Il secondo disco in arrivo a Febbraio (dovrebbe chiamarsi Sweet Sour) ci dirà se abbiamo visto giusto.
Per ora mi limiterei ad entrare a gamba tesa in qualsiasi cuffia che abbia il volume alto con questo mid tempo. Godiamoceli prima che anche loro progettino di fare una Seven Nation Army.

domenica 11 dicembre 2011

Collaborazioni strane: Tipton, Entwistle & Powell - Unknown Soldier/Friendly Fire



Adesso tutti a parlare di LULU dei Metallica con Lou Reed e va bene. Un disco coraggioso non ho ancora capito bene se sia valido o meno, la critica è tuttora spaccata in due come un melone maturo e non vola manco un 6 (o tre stellette). O bene bene o male male. I dischi che solitamente piacciono a me, ma non voglio parlare di questo che ancora non mi sono fatto un’opinione solida e duratura.
Voglio invece parlarvi di un episodio di tono molto ma molto minore che alcuni anni fa vide coinvolti due (anzi tre) (anzi quattro) pesi massimi di sponde apparentemente non compatibili.
Si parla di GLENN TIPTON, uno dei chitarristi hard rock e heavy metal più sottovalutati di sempre, un tipo che unisce una tecnica molto evoluta ad un gusto per il fraseggio epico e lirico davvero di prima fila. Velocità e tocco. La storica lead guitar dei Judas Priest, band il cui contributo nel panorama hard non è certo secondo a nessuno.
E si parla, udite udite, di JOHN ENTWISTLE, nessun bisogno di presentazioni eh, probabilmente il miglior bassista rock di tutti i tempi che formava con Keith Moon LA sezione ritmica degli Who. Quel-la se-zio-ne rit-mi-ca.
Se a questi due unite anche il mitico COZY POWELL alla batteria (ha suonato in più gruppi lui che le maglie vestite da Bobo Vieri) e l’altrettanto noto DON AIREY alle tastiere è evidente che siamo di fronte ad un supergruppo della madonna.
Dopo la partecipazione ad un lavoro solista di Tipton nel 1996 (Baptism of Fire), nel 2007 fu assemblato questo bellissimo album postumo, alla memoria dei due grandissimi Entwisle e Powell (Airey che si tocca i maroni è ancora vivo e attivo grazie a Dio). Nessuna operazione “pelosa” da parte di Glenn, visto che tutti i ricavati andarono al Teenage Cancer Trust.
EDGE OF THE WORLD è il titolo di questo lavoro sospeso nell’aere e mai troppo pubblicizzato.
In esso si respirano le tipiche arie metal dei Priest ma con una maggiore propensione al lirismo e con qualche accenno di prog (Tipton è infatti da sempre l’ala “epica” dei Judas, lasciando a KK Downing l’onere delle partiture più selvagge) che portano la band sui territori di Rush, Michael Shenker e perfino qualche accenno di Yes.
Non è un lavoro rivoluzionario ovviamente. Però si tratta di un tipo di collaborazione inusuale e fuori dagli schemi tra amici, che poteva diventare un'avventura più seria se solo la sorte fosse stata meno malevola.
Ma in tempi in cui tutti si scandalizzano per Lulu mi pareva giusto ricordare che non siamo di fronte a un mai-visto-prima. Per non parlare della vecchia collaborazione (anni 80) tra Lou Reed a Ace Frehley….ma questa è un’altra storia un altro post un altro racconto.

domenica 4 dicembre 2011

The Black Keys - Lonely Boy


Sono notoriamente una testa dura, come molti nella blogosfera possono confermare, e tendo a non fidarmi delle "novità".
Diciamo che devo prima metabolizzarle poi darmi un pò di tempo per cercare di capire se possono durare valutare soppesare confrontare rimuginare sfanculare reazionare poi tornare per capire per sentire per provare a farmele piacere davvero.
I BLACK KEYS ci ho messo un quattro/cinque anni a digerirli (loro sono in giro da dieci ma io sono lento come un bradipo...e poi quella cacchio di formazione monca).
Direi che con l'ultimo recente EL CAMINO e con questo strepitoso pezzo finalmente hanno fatto breccia.
Sono probabilmente quanto di meglio possa offrire in questo momento il panorama rock.
Senza essere odiosamente indie, senza essere maldestramente mainstream.
Sono semplicemente là e spaccano il culo (ps il tizio che balla è troppo bello per essere vero).
Per i pochissimi che, più (indo)lenti del sottoscritto, ancora non li conoscessero, fateci un giro.
Chitarra, batteria e via andare: Daniel Auerbach e Patrick Carney da Akron (Ohio), una città che è conosciuta solo per i musicisti e per la Goodyear.