domenica 30 gennaio 2011

Non potevano che essere un gruppo di culto



Ai tempi di RAIN (qua live dal Rockpalast di Monaco di Baviera) (ma perchè in Italia non c'è nessun Rockpalast?) e di She sells sanctuary i CULT di Ian Astbury e Billy Duffy erano un pò l'ala dura della new wave.
Della tarda new wave, quella che andava verso il crepuscolo e si spatasciava in mille rivoli, dal pop (talking heads e cure, for instance) al rock duro (appunto, i Cult che poi con Electric tentarono di fare la reincarnazione dei Led Zeppelin e chi visse sperando eccetera eccetera).
Ma i Cult della metà degli anni '80 lasciarono il segno, avevano stile e personalità e canzoni.
Sono durati poco?
Io continuo a pensarla come il buon vecchio Neil: it's better to burn out than to fade away.
Che poi oh, l'ha scritto e l'ha cantato ma alla fine mica l'ha messo in pratica, il vecchiaccio (che dio l'abbia in gloria eh però se si fosse già ritirato a coltivare cipolle forse avremmo evitato quella cosa ansiogena fatta con Lenois).
Ma insomma questo non è un post su Neil Young è un post sui CULT e su RAIN, una canzone che quell'anno lì (cos'era il 1985?) mi risuonò parecchio nelle orecchie. E a voi?
Have a nice night.

giovedì 27 gennaio 2011

WICKED LESTER - Love Her All I Can

Pubblico anche nel mio piccolo "postribolo" (azz....silvio è davvero un creatore impareggiabile di slang!! come faremo senza di lui???) questo post che appare sul blog collettivo a cui sto partecipando da un pò e che, oltre alla mia sciagurata presenza, è composto da autori veramente in gamba. Correte a visitarlo, ne vale davvero la pena.

http://sunday-m-orning.blogspot.com/



Questo asciutto rock and roll della fine degli anni '60/inizio '70 apparve qualche anno dopo reworkato all'interno di uno dei migliori e più sobri (se così si può dire, ma sì che si può dire) album dei KISS, sto parlando di quel "Dressed to kill" che li lanciò in orbita nel 1975 con Rock and roll all nite e C'mon and love me.
LOVE HER ALL I CAN fa "leggere" quali sono gli evidenti riferimenti iniziali del duo Stanley/Simmons (i due Kiss che guidavano i Wicked Lester) in particolare si intravedono, ma che dico si intravedono si vedono benissimo 1) Who e 2) Kinks.
WICKED LESTER fu la band primigenia da cui, con il successivo inserimento di Ace Frehley e Peter Criss e con un immenso lavoro di grafic art e di make up, il grande manager Bill Aucoin (scomparso non da molto) mise in piedi il prodotto Kiss e tutta la sua iconografia (sempre con il supporto non indifferente dei ragazzi).
Io penso a quei tempi pioneristici con grande tenerezza, quando uscivano questi pezzi dei Wicked Lester Gene e Paul erano dei ragazzini squattrinati che facevano la gavetta nei localacci di new york ma con le idee chiare e l'hard rock solo un abbozzo nelle loro teste visto che il genere manco esisteva.
In realtà i due s'ispiravano sì alle tradizioni rockandroll ammericane ma con lo sguardo sempre attento alla perfida albione.
Poi vennero anche Zeppelin e Sabbath e la storia cambiò.
Ma i primissimi vagiti dei Kiss erano tutti come li sentite qua.
Serena notte.

lunedì 24 gennaio 2011

L'ennesimo post sugli U2

Credo che col passare degli anni tutti noi abbiamo avuto modo di provare una grande varietà di sentimenti verso la band irlandese.
Gioia per l'emozione dei primi dischi, smarrimento per le megalomanie di Bono, delusione per le ultime misere produzioni.
Ma tutto l'excursus non dovrebbe mettere a repentaglio l'amore (sì, l'amore) che a volte abbiamo provato per i loro pezzi.
La profonda delusione per "come è andata a finire" non dovrebbe offuscare le molte parti buone.
Quando finisce un amore sembra che tutto sia stato un cesso.
Poi passano gli anni, i brutti ricordi tendono a sbiadire e fanno capolino i flashback che non ti aspettavi più.
Dopo un 5-6 anni di non ascolto, lo scorso anno ho ricominciato lentamente a riprendere confidenza con il repertorio della band. Oggi, dopo un periodo di indecisione, sto selezionando quelli che sono per me pezzi irrinunciabili. Al di là di tutto, al di là della crisi, al di là del tonfo.
STAY (faraway, so close!), signori, per esempio, non può restare seppellita dal malcontento.
Marita di essere recuperata tra le canzoni migliori di quel tempo. E di quel gruppo che è stato in cima al mondo prima di rotolare giù.
E al diavolo quel cazzone di Bono.
Halleluja!


U2 Stay live Dublin 1993

mercoledì 19 gennaio 2011

NIGHTWISH al momento giusto

Ora può darsi che succeda tutto.
Ma che io vada a intripparmi di un brano di "symphonic metal" cantato da un soprano (tarja turunen) in una band finlandese non è così normale.
Eppure vi garantisco che, pur avendo schivato i NIGHTWISH finora pur nella consapevolezza che avevano destato ben più di un sopracciglio alzato qua e là, ecco sì insomma vi garantisco che ascoltare questa canzone all'alba ebbro di stanchezza e pieno di umidità nelle ossa, diretto verso la città amore-odio in cui mi dibatto da una quindicina d'anni, in mezzo alla nebbiosa "brughiera" emiliana....ecco che sì insomma ho provato del piacere puro.
La canzone è SLEEPING SUN, il genere è quell'ibrido che è, ma forse la voce cristallina e purissima di Tarja (non ascoltate la versione remake del 2005, ma rigorosamente quella originale del 1998 tratta da Oceanborn, un buon album), la melodia dell'inciso che sale alta e maestosa nei territori valhalliani a cui non siamo adusi, la potenza trattenuta che vi sta sotto, l'epicità (e anche la confusione mentale che a quell'ora mi dominava i neuroni) insomma tutte queste cose insieme mi hanno messo nella condizione ideale di "apprezzare".
Il che confermerebbe la mia teoria dell'ascolto contestualizzato. Non sempre le canzoni hanno un valore oggettivo o meglio ce l'hanno ma non nella sfera personale di ognuno. Nella sfera personale conta tantissimo anche il "come" il "dove" e il "quando" le ascolti e in che stato d'animo sei.
Non resta che condividerla. E buonanotte che sennò fra un pò li rimetto su.


Nightwish - Sleeping Sun (original version) [HD 720p]

domenica 16 gennaio 2011

Un cuore che tulsa

Ho già scritto altre volte dell'amore sincero che porto verso il piccolo grande uomo di Tulsa, colui senza il quale Mark Knopfler sarebbe ancora a suonare in una cover band e colui senza il quale ad Eric Clapton mancherebbe un pezzo importante della propria storia.
JJ CALE è stato artista fondamentale che si pone in modo trasversale nei generi e negli anni, andando ad influenzare pesantemente quasi tutti gli artisti del country rock americano (e non).
Spero che chiunque passi da queste parti ad esempio sappia che la celeberrima "Cocaine" è farina del sacco di JJ Cale (oltre ad After Midnight dello stesso Clapton e Call me the breeze dei Lynyrd Skynyrd, tanto per dirne altre due) e che il signore in questione è da sempre il punto di riferimento di star molto più sviolinate di lui dal pubblico.
D'altronde JJ è un timido ed introversissimo individuo che ha sempre rifuggito le luci della ribalta ed è incredibilmente ancora poco noto al pubblico di massa.
Di tutti gli album che ha fatto negli anni, uno più bello dell'altro, porto per sempre nel cuore per motivi personali lo splendido GRASSHOPPER.
Da cui traggo un paio di canzoni per deliziare le vostre orecchie.
La "direstraitsiana" (hahaha) DEVIL IN DISGUISE e la dolcissima e svenevole YOU KEEP ME HANGIN' ON (che niente ha a che vedere col classico omonimo delle Supremes).
Ed ora spazio al nostalgismo: dischi come questo, ahimè, non ne escono più. Ma davvero. 










mercoledì 12 gennaio 2011

Deep Purple e come realizzare un "comeback album"

Nel 1984, dopo che Ritchie Blackmore aveva chiuso per sempre l'esperienza Rainbow (della quale parlerei in altra sede, viste le complicanze e le interferenze con altri artisti), si riformò a sorpresa il MARK II della band di hard rock più famosa di tutti i tempi: i DEEP PURPLE.

Per chi non lo sapesse il Mark II (Blackmore-Glover-Paice-Lord-Gillan) è la formazione migliore, quella alla quale sono legati i più grandi successi di critica e commerciali, senza voler nulla togliere a Coverdale, Hughes, Bolin, Morse e compagnia.

Il Mark II è nella storia, è la storia del rock duro.

E l'album che i Deep Purple si decisero a registrare insieme nel 1984 è stato uno dei primi esempi di reunion (all'epoca anche gli Aerosmith lo fecero ma più che di reunion si trattò di rientro di Joe Perry, ma anche su questo ci ritorneremo) degni di questo nome. Forse nel 1984 le reunion avevano un sapore meno smaccatamente commerciale (se penso a quella recente dei Police mi si contorcono le budella, e io AMO i Police) e più artistico. E si concentravano sui nuovi dischi piuttosto che sulle danarose tourneè.
Fatto sta che i DP se ne uscirono con un "comeback album" coi controcazzi, scusate l'esprit de finesse.
Il disco originato da quella reunion, PERFECT STRANGERS, non deluse affatto le aspettative. C'erano tutti i Deep Purple migliori, un ottimo livello di songwriting, una grande produzione, esecuzioni impeccabili da parte di tutti i componenti della band per una volta sereni e concentrati (poi, naturalmente, dopo il disco riprese l'eterna disputa Blackmore-Gillan e si riandò a carte e quarantotto).
Certamente il disco non contiene una nuova Highway star o una nuova Speed king, ma come dire, il tempo passa per tutti e bisogna anche adeguarsi sia alle modifiche del mondo che ti circonda sia alla tua anagrafe.

PERFECT STRANGERS, pur non all'altezza di Machine Head o di In Rock, dette sonore "lezioni di hard rock" alle miriadi di band dell'epoca; ricordandovi che nel 1984 il genere era ai primi posti di tutte le chart mondiali, nelle sue più disparate versioni, dall'appena nato thrash metal di Metallica e compagni, all'hair/glam metal americano di Ratt e Dokken e Motley Crue, al British style di Iron Maiden e Judas Priest, al pop metal melodico degli Scorpions....insomma una goduria.
I Deep Purple, anche se solo per un album, ripresero lo scettro in mano e dettero un par di schiaffoni a destra e a sinistra dell'Oceano.

Con una manciata di ottime canzoni, di cui almeno 3 di livello assoluto: il riffoso opener "Knockin' at your backdoor", la sinuosa "Perfect Strangers", la malinconica "Wasted Sunsets".

La canzone omonima del disco è la punta di diamante, ma vi posto la ballatona Wasted Sunsets primo perchè c'è una superprestazione vocale di un maturo Ian Gillan che magari ha perso qualche acuto ma ha sicuramente acquisito in profondità interpretativa, secondo perchè c'è un assolone di Ritchie Blackmore dei più lirici e strappalacrime che mi sia mai capitato sentire.

Alla prossima.

lunedì 10 gennaio 2011

Potter (Grace, non Henry) alle prese con Neil Young

Grace Potter e i suoi Nocturnals è già un pò di tempo che si muovono ai margini dello star-system. Parrebbe che ultimamente ci stiano entrando, d'altronde propongono un rock-blues di ottima fattura che, per quanto privo di originalità, si pone ai vertici delle performance odierne del genere. Billboard sta cominciando a premiare la band con posizioni alte anche in classifica. Insomma la brava (e neanche brutta eh) Grace sta emergendo piano piano con merito.


In questo caso la ragazza si accompagna con nomi abbastanza altisonanti per dare ai posteri una splendida esecuzione di CORTEZ THE KILLER, celeberrimo brano del miglior Neil Young.

Lei urla un pochino ma l'interpretazione è comunque intensa e di livello, niente di sorprendente per chi già la conosceva.

Le due cose che però mi colpiscono sono altre due:

- madonna come ci sta bene la tromba in questo pezzo, come a conferire quel tocco di epicità aggiuntiva che va in perfetta sincronia con il pathos della canzone.

- l'unico pesce davvero fuor d'acqua è il pur bravissimo (ma qua noiosissimo) Joe Satriani, star della chitarra moderna ma francamente incapace di entrare nello spirito della canzone. Son questi i casi in cui capisci che la tecnica mostruosa non basta per compensare il cuore. E gli assoli di Nello il Giovane per quanto "primitivi" rispetto a quelli di Satriani, sono clamorosamente migliori e più funzionali al pezzo. Io ho indelebile la versione presente su Live Rust, per esempio.

giovedì 6 gennaio 2011

Janelle Monáe da Letterman



1) non sono esattamente un fan della black music, almeno non di quella uscita dopo gli anni '70 (con l'unica esclusione di Prince).
2) amy winehouse pur essendo bianca aveva dato una scossa notevole ai tempi di rehab ma poi è andata per la tangente
3) credevo colpevolmente che janelle fosse una nuova beyoncè o rihanna e non l'avevo mai filata manco di striscio
4) adesso che l'onda lunga è arrivata anche presso un notorio conservatore tradizionalista & rockettaro quale io sono non ho potuto fare a meno di sentirla e.......

....dire che è pura dinamite mi pare riduttivo.

(PS Kendricks e Ruffin avete ancora qualche speranza di essere presi a modello da qualche giovane che invece di rappare e sculettare canta e saltella come facevate voi)

martedì 4 gennaio 2011

I Tamburi da Brooklyn

Brooklyn sono almeno 3 anni che continua a sfornare novità musicali in modo assolutamente preponderante rispetto a qualunque altra città (quartiere?) del pianeta.
E' un pò divenuta l'ombelico del mondo indie.
Tra le veramente tante proposte (cito solo Vampire weekend e Grizzly bear, ma ce ne sono veramente a iosa) ultimamente mi hanno colpito THE DRUMS.
Colpito per la freschezza, per la dinamicità, per la spigliatezza che emana dalle loro non pretenziose canzoni.
La celeberrima (almeno nell'universo parallelo di quelli che guardano le classifiche indie) è LET'S GO SURFING, una specie di Beach Boys incrociati con il garage e con una spruzzatina di punk melodico.
Cazzo tornano a bomba i Beach Boys, influenzano forse più oggi di quando esistevano.
Comunque vi giro la canzoncina, che penso già all'opera nel mondo dell'advertising di roba tipo automobili per trentenni (ma non so in quale spot), e che è caratterizzata dal contagiosissimo fischietto iniziale.
Muovete le chiappe e guardate verso Ovest, verso la Grande Mela, verso Brooklyn.
Per il momento non emergono scene altrettanto effervescenti.