giovedì 29 ottobre 2009

Omini di burro e omini di Tulsa

Ogni tanto sento il bisogno di tornare a sciaquare i panni a Tulsa.
Fa bene scrollarsi di dosso il superfluo e tornare ad assaporare il cuore delle canzoni.
God Bless l'omino di Tulsa, ora e per sempre J J CALE.
Eric Clapton e Mark Knopfler forse un giorno cresceranno e smetteranno di fargli da chierichetti.
Devil in disguise (dal capolavoro Grasshopper) e come sempre
Halleluja!


JJ Cale - devil in disguise - studio live

lunedì 26 ottobre 2009

Pop Garbato

C'è stato un periodo diciamo la parte centrale degli anni '80 in cui si affermò uno stile di musica Pop soft e garbato, una musica basata sulle chitarre jangle e su melodie malinconiche ma non tristi.
Prefab Sprout, Aztec Camera, Del Amitri, Lotus Eaters e naturalmente The Smiths (ma anche The The / Matt Johnson non era poi così distante salvo per l'uso dell'elettronica) offrivano al pubblico un lato artistico molto poco modaiolo.
Lontano anni luce dagli eccessi in lurex del glam metal, dai beat ripetitivi della dance e dagli epicismi di U2 e Simple Minds.
Non abbiamo assistito a miracoli (Smiths a parte, ma qua il discorso è lungo), ma a canzoni comunque ben fatte, testi curati e con molti riferimenti letterari, musicisti di buon livello e creatività.
Oggi resta poco di quello strano movimento di "gentle artists" ma qualche canzone ancora aleggia nella nostra testa suppongo almeno se si hanno più di 35/40 anni.
LLOYD COLE (con i fidi COMMOTIONS) rientra a tutto titolo in questo tipo di artisti.
Con quel faccione (ciuffo compreso) alla Elvis, quelle chitarrine sixties e quelle melodie che non si sa mai dove vanno a parare, evitano le banalità e restano sospese a planare sopra le note per non esplodere mai in ritornelli appiccicosi.
Quelle canzoni insomma che non diventeranno mai blockbuster ma che scalderanno sempre un pò ascoltandole.
Perchè sono fatte con pochi ma semplici ingredienti.
Tre o quattro accordi, un bel giro di basso, una batteria sostenuta ma non invadente, e un pezzetto di cuore (ma non troppo eh, q.b.!).
RATTLESNAKE e halleluja!


Lloyd Cole And The Commotions - Rattlesnakes: Stereo

venerdì 23 ottobre 2009

Cowboy e comunista!

Sulla vita e sulla carriera artistica di STEVE EARLE potrebbero essere scritti libri.
Magari il mio amico (e contestatore) Agnul potrebbe farlo al posto mio.
Ma la verità è che ci troviamo di fronte ad un personaggio talmente complesso che un post su un blog non esaurirà mai il compito di farlo conoscere.
Mi limiterò quindi a darvi qualche spunto telegrafico.
Grande autore, poi cantante in proprio - area Nashville - genere country rock - attivista politico e sui diritti umani (no war, no pena di morte, amnesty) - sospettato di favoreggiamento del terrorismo (ahahahah) - comunista convinto - drogato perso per anni - condanna e carcere - esprime il suo meglio nella seconda metà degli anni 80 ma ancora oggi se la cava più che egregiamente.
Tra parentesi un mio conoscente che fa il fotografo è suo amico e me ne ha sempre parlato come di una persona squisita.
Spero di essere stato chiaro. Per approfondimenti ripeto chiedere ad altri, spero in interventi più esaustivi nei commenti.
Per le canzoni...ero indeciso se postare "Copperhead Road" oppure "Guitar Town", probabilmente le due sue canzoni più note e rappresentative. Macerandomi sulla scelta ve le posto tutte e due.
Halleluja!


Steve Earle - Copperhead Road



Steve Earle - Guitar Town

mercoledì 21 ottobre 2009

ok bon, curiosity killed the cat.....

No, non parlerò del gruppo di Misfits, ma di un'artista sulla quale mi avete incuriosito e che ho scoperto da poche ore.
Non trovo sinceramente moltissimi paralleli con Florence se non il modo di porsi non convenzionale e l'essere una bella donna. Per ora, magari ascoltandola di più cambierò idea chissà.
Però ammazza oh se è brava.
Una voce della madonna, nel senso della religione non della ciccone.
E come potevo porvela se non alle prese con questo immenso enorme eterno spaziale immarcescibile classicone del duca?
Space Oddity sia, dunque.
Grande NATALIE MERCHANT. E grazie a chi me l'ha fatta conoscere. E a chi me ne parlerà più compiutamente che io non ne so una mazza.
Halleluja!


Natalie Merchant- David Bowie's Space oddity-lyrics-Live 1999

martedì 20 ottobre 2009

La porti un bacione a Florence

Anche se non ci sono nato e non ci abito più da 12 lunghissimi anni, FIRENZE resta la mia città.
Odio dirlo ma quando sento Odoardo Spadaro intonare "la porti un bacione a Firenze..." per quanto kitsch e per quanto lontano possa essere dal mio mondo, provo un lieve groppo alla gola.
Eppure ci vado spesso, anzi spessissimo.
Ma mi sento un pò un turista a casa mia, non è come quando ci abitavo mangiavo respiravo facevo all'amore.
Perchè vi parlo di Firenze?
Dai che è facile.
Perchè come hanno segnalato ormai tantissimi amici blogger è apparsa una stella di nome FLORENCE.
Che suona in giro con un curioso gruppo chiamato "The Machine". Appunto Florence & The Machine.
La novità più fresca e più interessante in ambito pop da anni.
Diciamo dai tempi della Winehouse, via. Che conforme al nome ha ancora problemi di salute.
Florence invece pare godere di ottima salute.
Lo so che i maligni di voi pensaranno che mi piacciono soprattutto le sue lunghe e perfette gambe (gasp) che non esita troppo a mostrare (chiamala scema). E anche il bel viso rinascimentale incorniciato da una splendida chioma rossa ribelle.
Lo so che ancora non ha al suo arco una canzone come Rehab che le consenta di aprire in due le classifiche come un cocomero.
Lo so che si sta sbattendo di festival in festival, di joolsholland in letterman, di ospitate a destra e a manca in cerca di una notorietà definitiva.
Ma basta ascoltare un paio di pezzi e vedere un paio di video per rendersi conto che se non sfonda questa ragazza allora non si è capito niente finora.
La voce è bellissima, un pò in bilico sulle note ma capace di grandi estensioni e soprattutto intense interpretazioni.
La musica è abbastanza originale, una via di mezzo tra quella di Kate Bush (sua musa di riferimento) ed un pop-soul levigato di buona qualità.
La band che l'accompagna mi piace un casino, è diversa, suona diversa e non chiedetemi in cosa ma la sensazione è quella.
Insomma cocktail micidiale.
E' passata recentissimamente da Milano e l'ho mancata per un pelo.
Non mi preoccupo, ripasserà sicuro.
Solo che invece di 15 euri ho paura che mi toccherà pagarne il triplo.
Vi inoltro questo bel video della canzone che al momento mi intrippa di più: RABBIT HEART.
Halleluja!



Florence & The Machine Rabbit Heart (Raise It Up) Jools Holland's Later Sept 15 2009


venerdì 16 ottobre 2009

LYNYRD SKYNYRD FOREVER

Riprendo lo spunto gettato qualche tempo fa su un blog amico (euterpe) non per copiare i temi agli altri, ma perchè mi sembra che il fatto sia passato un pò in sordina.
Tema: LYNYRD SKYNYRD.
Non parlerò di loro perchè do per scontato che chiunque bazzichi questo postribolo li conosca (nel caso contrario ditemelo che allestirò più che volentieri un post storico).
Dopo la tourneè estiva (alla quale non sono andato, lo confesso, per paura di trovarmi al cospetto dello sfacelo) che ha toccato anche l'Italia, è uscito da poche settimane un nuovo lavoro in studio della band.
Che, ricordiamolo, resta in attività grazie ad un equilibrismo di questo genere.
Pare ci fosse un patto di sangue che la "ditta" sarebbe esistita finchè di essa avessero fatto parte almeno 2 dei membri originari. Dopo le ultime due tragiche morti (Ean Evans, bassita non originario ma soprattutto Billy Powell, tastierista originario) la faccenda era in seria discussione: solo il leggendario GARY ROSSINGTON (una delle 452 lead guitar del gruppo) rimaneva vivo (si fa per dire, ci ha un due o tre bypass coronarici) e attivo.
Lo scioglimento pareva quindi imminente se non chè è stata rivalutata la presenza di RICKEY MEDLOCKE (altra lead guitar, tra le altre cose in passato leader degli ottimi e defunti BLACKFOOT). Ebbene Rickey aveva suonato (come batterista, dimmi te) nella formazione originaria dei Lynyrd, per un brevissimo periodo.
E questo piccolo dettaglio sui cui forse si è marciato un pochino ha tenuto in vita il gruppo.
Che oggi è sostanzialmente capitanato da JOHNNIE VAN ZANDT (ex 38 SPECIAL), fratellino minore di RONNIE grandissima voce dei Lynyrd d'antan anche lui prematuramente scomparso.

Insomma, guardando ai Lynyrd odierni, siamo davanti al compendio qualificato del SOUTHERN ROCK.
Un supergruppo di superstiti (mai alcun genere, forse neanche il punk, fu così falcidiato da the reaper) che gira onestamente il mondo con grandissima dignità artistica spendendo le ultime energie e le ultime gocce di sudore per portare avanti la bandiera confederata.

Ecco quindi che l'uscita di GOD & GUNS, segnaletami da Euterpe (grazie grazie grazie) rappresenta l'occasione per verificare di che pasta sono fatti oggi.
Questo post non è una recensione, ma ho ascoltato vari pezzi e quello che posso dire, al di là delle consuete diatribe (è musica vecchia, si ripetono, eccetera), è che si tratta di un ottimo disco.
Un pò virato all'hard melodico è vero (come sempre l'attentissimo Euterpe segnalava), un pò Whitesnake (d'altronde la voce calda e pastosa di Van Zandt ricorda quella del buon David Coverdale) ma gi grande spessore.

Il pubblico ha reagito e dopo secoli, e non a caso, i Lynyrd di oggi sono tornati a chartare su Billboard nei primi 20 posti.

Tenendo viva la memoria dei Lynyrd che furono ma anche rinnovando e riproponendo una tradizione di cui l'America e il Mondo intero hanno bisogno. E non parlo di politica, ma di musica ROCK.

Ecco il singolo apripista, un brano che seppur non paragonabile ai grandi classici (Free Bird, A simple man, That Smell, Tusday's Gone, Sweet Home Alabama solo per buttarne là un pò a casaccio) non avrebbe sfigurato neanche su Second Helping a mio personalissimo avviso.

Long live Lynyrd Skynyrd e Halleluja!


Lynyrd Skynyrd - Still Unbroken(new track)

E poi un pezzo classico però interpretato dal gruppo odierno. Non c'è male eh?
Accidenti a me e quando non sono andato a vederli, temo non ne avrò mai più l'occasione.


Lynyrd Skynyrd - Simple Man

martedì 13 ottobre 2009

BREAKFAST CLUB

Alzi la mano chi si ricorda della band di Dan Gilroy e Stephen Bray.
Entrambi ex-fidanzati di Madonna.
Entrambi in formazione ai Breakfast Club, la band in cui Madonna suonava la batteria e che fece da sfondo alle sue prime apparizioni (ehm).
Stephen Bray tra l'altro, le confezionò alcune hits iniziali (Angel, Into the groove, True Blue), lavorò su progetti paralleli (Each time you break my heart di Nick Kamen) e la sostenne fino a Like a prayer compreso.
Lei poi lo mollò e si fece sostenere da altri ballerini, co-writer e producer. Parecchi a dire il vero che in Madonna ci hanno intinto il biscotto in diversi e lei ne ha sempre beneficiato.
Insomma, la ex band di Madonna raggiunse la cima delle classifiche con questo pezzo molto madonniano, contenuto nell'omonimo album BREAKFAST CLUB, a dire la verità un dance pop ben scritto, inciso e prodotto.
Che probabilmente era stato scritto pensando ad una sua interpretazione. Un'interpretazione della Madonna (doppio ehm).
Ma lei era scomparsa e allora lo incisero loro da soli.
Un documento simpatico dell'epoca.
Ma non solo. Non dimenticatevi di loro quando sentite, solo per fare un nome, i Maroon 5.
Che altro non sono se non la versione rivista e aggiornata (e di maggior fortuna commerciale) della band di Stephen Bray.
Halleluja e RIGHT ON TRACK!!!


Breakfast Club - Right on track

sabato 10 ottobre 2009

David Bowie - Scary Monsters ― Fashion

Dal famoso concerto per il genetliaco del Duca qua vi posto un ulteriore perla, un'accoppiata mozzafiato.
Una violentissima versione di SCARY MONSTERS, senza Fripp ma con un Reeves Gabrels in gran forma alla chitarra.
A seguire una più didascalica ma non meno godibile FASHION.
Ad accompagnare Daviddino chi riconosce il simpatico ciccione vestito come se fosse sul metro dopo una giornata di lavoro ai mercati generali?
Dai che non è difficile............
Comunque fornisce una grande prova anche lui.
Ode ai Pixies e.....
Halleluja!

domenica 4 ottobre 2009

RUNNING ON EMPTY

Non so se esista un album maggiormente indicabile ad emblema della musica "on the road".
Running on Empty di JACKSON BROWNE è un tipico prodotto "west coast", intriso delle tematiche woodstockiane e peace and love che determinarono il significato della parola Rock.
Anticipa di pochissimo l'esplosione del punk e la demitizzazione del rock stesso, al contempo portandone alle estreme conseguenze ruolo e significato della kerouachiana componente "strada".
Il disco infatti non è il classico "live".
Ci sono pezzi registrati in concerto, è vero. Inediti.
Ma la maggior parte sono pezzi registrati in luoghi meno sacri dell'arena. Dalla camera di albergo ai posti in fondo al Tour Bus.
Nel disco si respira quindi a pieni polmoni l'aria della tourneè, o perlomeno di un certo tipo di tourneè anni '70 quando ancora ci si spostava tutti assieme in autobus e non si volava con i jet privati e le carovane di TIR andavano per conto proprio.
Gli artisti vivevano amavano litigavano uscivano di testa e avevano colpi di genio tutti sotto lo stesso tetto e condividendo le stesse fatiche emozioni sensazioni.
Le composizioni contenute nel disco sono tra le migliori mai espresse dal bravissimo Jacskon ma non è una questione meramente qualitativa, di songwriting o arrangiamenti azzeccati. E' una questione di spirito, di mood, di humus.
Ciascun pezzo di Running on Empty è perfetto qua dentro, in questa sequenza, a questo volume.
Funziona anche altrove, ma perde un pò di significato.
Si pensi solo alla mitica THE ROAD (di Danny O'Keefe, in italia Città per cantare di Ron), decontestualizzata ha un valore ed un significato molto differente.
Ma anche alla incalzante title-track, alla strappalacrime LOVE NEEDS A HEART (cofirmata con Lowell George dei Little Feat), alla sempiterna STAY (quella col falsetto e col fiddle di David Lindley), alla clamorosa e definitiva THE LOAD OUT (una delle ballate in assoluto più riuscite dell'intera produzione di Browne), alle "eaglesiane" YOU LOVE THE THUNDER, ROSIE e SHAKY TOWN (quest'ultima firmata Danny Kortchmar, un prezzemolo della chitarra west coast; e comunque tenendo sempre presente che Jackson, nella definizione del sound delle Aquile, ha un ruolo attivo avendone supportato il lancio con la strafamosa Take it easy).
Un mix perfetto di canzoni atte a mostrare l'anima della tourneè.
Un progetto ed una performance senza pari nell'intera epopea del rock. A cui contribuì non poco il supporto discreto di Greg Ladanyi alla produzione e che consegna alla storia il genio cantautorale di JACKSON BROWNE meglio e più dei suoi cavalli di battaglia, da For Everyman a Late for the sky.
Da questo magnifico album non si può non postare la canzone che più di ogni altra ne determinò le fortune commerciali, l'accoppiata THE LOAD OUT / STAY.
Halleluja!


Jackson Browne THE LOAD OUT - STAY MARYLAND 77(10)