venerdì 17 settembre 2010

Divine Wind

Faccio parte del Culto dell'Ostrica Blu fin dalla tenera età.
In particolare mi hanno sempre affascinato le originali tematiche science fiction dei testi, le atmosfere musicali sempre a metà tra cupo e ombroso, la loro impostazione sonora sempre al confine tra hard rock di maniera e un rock variegato di maggiore profondità con influenze blues, jazz, country.

DIVINE WIND fu scritta nel 1980 ai tempi della vicenda degli ostaggi americani in Iran, in epoca che precorreva l'attuale facendo presagire i futuri scontri di civiltà.
La presa di posizione molto filo-americana fece alquanto discutere ma in realtà il pezzo, se svincolato da questi discorsi pseudo politici e sociali, resta un tostissimo mid-tempo con in evidenza la voce tagliente di Eric Bloom e la chitarra infiammata di Donald "Buck Dharma" Roeser, uno che non aveva certo bisogno di raccomandazioni per essere considerato un big dello strumento, per capacità espressiva, tocco, classe e scelte melodiche.

DIVINE WIND faceva parte anche di uno degli album più massicci che il gruppo avesse mai dato alle stampe, dopo le sbandate pop della fine dei '70 (Don't fear the reaper) che offrirono ai BLUE OYSTER CULT le classifiche e le vendite ma spersonalizzandoli.

CULTOSAURUS ERECTUS, a partire dall'incredibile copertina che raffigura una specie di mitologico dinosauro con fanoni, era veramente un disco oscuro pesante e compatto. Che oltre alla canzone postata conteneva almeno un paio di altri masterpiece: la cadenzata e potente Black Blade e la malinconica Deadline.

I BOC risposero così all'invadenza della New Wave of British Heavy Metal (Maiden, Leppard, Saxon, Priest ecc.) che stava spalmandosi su tutto il pianeta: risposero con fermezza e con mestiere.
Dando ai loro fan una delle perle più belle di una carriera sempre e comunque interessante.

8 commenti:

unwise ha detto...

li ho persi un p' di vista, ma ai tempi avevo una vera passione per "Fire Of Unknown Origin" e per "Extraterrestrial Live". probabilmente troppo intensamente "americani" per sfondare qui da noi, ma forse mi piacevano proprio per quello... :)

Maurizio Pratelli ha detto...

unn gran disco

Leandro Giovannini ha detto...

Uno dei pochi gruppi hard dell'epoca che valeva la pena di ascoltare, almeno per me. Poi, da pop-snob quale sono, adoravo "Don't fear the reaper!,

Euterpe ha detto...

Ha ragione Unwise sono troppo americani per essere apprezzati appieno a queste longitudini.
Cmq un pezzone!

allelimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
atom-ery ha detto...

Allelimo ... sempre a fare polemiche gratuite: guarda che a Vilnius mi risulta sia pieno di tribute band dei BOC!
:)

DiamondDog ha detto...

Sul fatto che BOC siano americani fin nel midollo nessun dubbio.
Da noi hanno sempre coerentemente goduto di un seguito da...."culto".
Ancora ricordo che a Firenze eravamo in pochi "carbonari" a scambiarci le notizie sottobanco in assenza di copertura da parte della stampa dell'epoca. Solo Ciao2001 li cagava e con buona considerazione.
Un altro fattore che contribuiva a tenerli sottotraccia era il non deciso posizionamento del sound.
Mai troppo heavy per Kerrang!, mai troppo AOR, mai troppo FM rock, insomma poco inquadrabili.
Per quanto riguarda la "sbandata pop" non è che abbia prodotto cose brutte, anzi.
"Agents of fortune" è un buon disco....Don't Fear the Reaper un pezzo memorabile....solo che secondo è solo una delle tante sfaccettature della band ma non di quelle che ne definiscono bene lo stile.
I BOC son tutti nell'arpeggio malinconico ed inquietante di "I love the night" per esempio o nel piano onirico di "Nosferatu" o nell'epicità di "Astronomy" e "Veteran of the psychic war", o nel riff granitico di "Godzilla".

stanlaurel ha detto...

caro mt, non c'entra molto ma, a proposito di diamante, ho scritto un paio di pezzi in omaggio a syd barrett che forse forse puoi apprezzare, lo spero

slute, Stan