mercoledì 29 aprile 2009

Rock come Musica Classica?

http://www.corriere.it/spettacoli/09_aprile_29/rock_usato_sicuro_laffranchi_pluda_dc5f5992-3482-11de-b6cb-00144f02aabc.shtml

Se avete un paio di minuti leggete questo articolo del Corsera.
E' una riflessione provata dai fatti sul ruolo che attualmente ha il Rock.
In estrema sintesi, e commercialmente parlando, le vendite delle ri-edizioni dei classici sembrano essere boccate d'ossigeno per il mercato discografico. Non che succeda da ora figuriamoci, ma prima le varie versioni remastered mica andavano ai primi posti in classifica.
Ten dei Pearl Jam (rimasterizzato, rimpolpato, eccetera) è appena stato in top ten su Billboard, per esempio.
I cataloghi di Rolling Stones (post '70) e Beatles stanno per essere reimmessi sul mercato dopo adeguato restauro e già le classifiche tremano.
Ci stiamo avviando verso la "classicizzazione" del Rock?
Il prossimo passo saranno le "interpretazioni"? Come nella musica classica, vedremo i Verdena che risuonano un album dei Led Zeppelin o i Franz Ferdinand alle prese con More Songs about buildings and food dei Talking Heads? (oddio, non che non lo stiano già facendo ma magari non utilizzano i nomi originali.....)
Ah, saperlo.
Voi che ne pensate?


domenica 26 aprile 2009

The Waterboys

Sul fatto che Mike Scott fosse un buon poeta ed un ottimo songwriter non ci sono molti dubbi.
Sul fatto che abbia disperso il suo talento come le ceneri in mare, anche.
Di lui (che era uno di quei leader che rubava la scena) mi ha sempre colpito una cosa: l'intensità.
Che non è mai venuta meno anche cambiando stile, dall'inizio più new wave al periodo folk di Fisherman's Blues fino al recupero rock di Dream Harder.
Ma è con THIS IS THE SEA che secondo me ci ha lasciato (oh non è mica morto...ma temo che non produrrà più niente di rilevante) il suo capolavoro.
Un album contenente almeno 5 o 6 canzoni eccezionali.
Intense appunto, passionali, talvolta ai limiti dell'epico e britanniche fino all'umido midollo.
Non sempre ne preferisco una fissa.
Mi fisso con la drammatica Don't bang the drum per qualche mese.
Poi con l'eterna ballata di This is the sea.
Ma è con The Whole of the moon che trovo il mio apice.
Una canzone cadenzata, gioiosa, con un arrangiamento ancor oggi da lasciare a bocca aperta.
Uno dei più bei pezzi "nascosti" e meno sputtanati degli anni'80.

"I spoke about wings
You just flew
I wondered, I guessed, and I tried
You just knew
I sighed
But you swooned
I saw the crescent
You saw the whole of the moon!
The whole of the moon!"


Halleluja!


The Waterboys - The Whole Of The Moon (HQ)

venerdì 24 aprile 2009

La sindrome Breznev/Hussein ovvero "QUANTI CAZZO DI SOSIA DI DYLAN CI SONO IN GIRO?"

E' appena uscito Together through life, il nuovissimo e fiammante 579esimo album di inediti di zio Bob.
Che, tra una cosa e l'altra, sta conducendo la 785esima tourneè in giro per il mondo.
Non si sa quando ha inoltre trovato il tempo di fare il diggei in radio, pubblicità ad una azienda di lingerie, libri, film, greatest hits volume 135 e 136, cazzi e mazzi.
In più mostre, seminari, rassegne, tribute band come se piovesse.
Insomma signor Zimmermann.
Lei mi è più appariscente di Mick Jagger.
Più prezzemolo di Alba Parietti.
Più onnipresente del Grande Fratello (nel senso orwelliano).
Qual è il problema?
Orsù, sta contagiando anche Bruce Springsteen, che una volta registrava un album a lustro oggi pubblica ogni scoreggina. E si sente. Che sono scoreggine. Cazzo.....Queen of the supermarket....maddai Boss.
Basta, basta, basta.
Prendete esempio da Mina, che ha fatto del suo ritiro un monumento al marketing.
E se proprio non vi riesce, cazzo, fate almeno come JJ Cale.
Siate sfuggenti, timidi, coltivate l'understatement.
Ne beneficerà la vostra memoria futura.
E non costringerete l'amico Agnul a seguire il decreto legge sull'edilizia (sì, quello approvato all'unanimità dal parlamento....) aumentando la cubatura della sua cd-teca del 20% solo per inserire i vostri ultimi CD!
Halleluja!

mercoledì 22 aprile 2009

L'ANELLO MANCANTE

Ostia se ci vorrebbe del gran tempo a disposizione.
Da un pò di tempo, complici certe frequentazioni virtuali, mi sono (ri)avvicinato a cose toste.
Non nel senso dell'hard rock, non temete. Per il momento la sbornia del Priest Feast ha colmato certe voglie.
Nemmeno della droga.
Ma nel senso dei musicisti "duri e puri".
EDDIE HAZEL, in particolare.
Sono stato a vedere Mostri vs. Alieni con mio figlio. E uno dei personaggi (una specie di uomo pesce) lo chiamavano l'Anello Mancante. In senso evolutivo.
Direte voi che cacchio stai a dì, dormi sempre meno?
Carmi.
L'Anello Mancante è ANCHE Eddie Hazel.
Chitarrista dell'ala dura della "community" Parliaments, quei FUNKADELIC che hanno fatto epoca a inizio anni '70 gettando le basi per molto del crossover che sarebbe arrivato da lì a due decenni dopo.
Eddie Hazel è l'anello mancante che unisce nella mia mente Jimi Hendrix a Vernon Reid (per chi non lo conosce, quest'ultimo era la sulfurea chitarra dei Living Colour e se non conoscete il primo.....beh che cacchio ci state a fare qua).
Eddie Hazel, che incrociava ritmi funky con psichedelia e hard rock è giustamente passato alla storia (oltre che a miglior vita nel 1992....r.i.p.) per tante cose.
Una su tutte è questo pezzo di quasi 10 minuti. Praticamente un compendio degli assoli possibili.
MAGGOT BRAIN, signori. E la luce fu.
Halleluja!

 


Funkadelic - Maggot Brain

lunedì 20 aprile 2009

Kraftwerk - Radioactivity

Ho avuto la fortuna di vederli, questi rivoluzionari veri.
L'elettronica sposata col cuore.
L'elettronica per tutti, per le masse.
Mai nessuno, prima di loro (e forse neanche dopo) riuscì ad emozionare con la freddezza.
Buonanotte, e come sempre, halleluja!

giovedì 16 aprile 2009

I'm afraid of Americans, I'm afraid of the world

Ok bon, ci ho preso gusto.
Proseguo con le canzoni di Bowie che vedono un qualche tipo di collaborazione con altri artisti.
In questa in realtà la collaborazione si limita a:

-l'utilizzo di un certo tipo di sound "industrial" di cui Nine Inch Nails sono tra i padri fondatori
-la presenza divertente e curiosa del buon Trent Reznor nel video

Basta però (e avanza) per rendere grande una canzone già ottima di base.
Dall'ultimo vero grande lavoro del Duca Bianco, quell'EARTHLING a suo tempo leggermente sottovalutato ma che con gli anni si è dimostrato antesignano e seminale come pochi, questa è I'M AFRAID OF AMERICANS, un tiro della madonna arrangiata daddio e un testo assai ironico/provocatorio contro le fobìe.
Mr and Mrs......accattatevilla.
Halleluja!




lunedì 13 aprile 2009

DAVID BOWIE AND ROBERT SMITH: QUICKSAND

Tratto da un concerto in cui si festeggiava il 50esimo compleanno del Duca, quindi nel 1997, trovate qua un "duetto" (parola che suona stonata, quasi uno sberleffo di fronte a cotanta grandezza compositiva ed esecutiva) al cui cospetto io posso solo inchinarmi ebbro di emozione e gratitudine.
QUICKSAND è un caposaldo di Hunky Dory (1971) che è un caposaldo dell'intera produzione bowiana.
Una ballata a crescere che aleggiando su lirismi poi recuperati anche da altri (a me Confortably Numb un pò me la ricorda, se non altro per l'atmosfera) sta là immarcescibile a dimostrare al mondo che il signorino in questione è in realtà un alieno capace di tutto.
Halleluja e buonanotte a tutti.

mercoledì 8 aprile 2009

Be my number two

JOE JACKSON, un nome da cestista NBA in un corpo da englishman-in-new-york, è a tutti gli effetti e senza ombra di dubbio uno dei migliori Cantautori che la Gran Bretagna abbia mai avuto.
Camaleontico quanto basta per aver alimentato negli anni una platea di aficionados stratificata, variopinta e multicolore alla quale mi onoro di appartenere, eclettico a tal punto da ripudiare (e poi in parte recuperare) il genere che lo ha imposto all'attenzione del grande pubblico, dotato da madre natura di una sensibilità tale da permettergli di scrivere con assoluta scioltezza grandi canzoni di amore, taglienti pezzi post-punk e grandiosi pezzi post-jazz.
Ho perso un pò il filo dei suoi lavori ma recentemente un mio acquisto sbadato ed economico (Live at the BBC, 2 CD riepilogativi del periodo 77-83) ha riacceso i miei spotlight verso l'opera di questo grande e, in parte, misconosciuto artista.
Che deve gran parte dei suoi mancati riconoscimenti ad un difetto di incalcolabile potenza: essere (o perlomeno sembrare dato che non ho mai bevuto un caffè con illo) antipatico come un dito nel culo (direte che anche Dylan lo è, ma ciò non gli ha impedito di avere successo) (ma non saprete mai che successo avrebbe avuto Dylan se oltrechè enormemente bravo fosse stato anche simpatico) (per non parlare di DeGregori).
Difficile dire quale sia la sua signature-song, tante ne ha fatte di belle.
C'è chi predilige le dure e taglienti “I'm the Man” o “Look Sharp”.
C'è chi ama il pop di “Is she really going out with him?” o le cadenze jazzy di “You can’t get what you want (till you know what you want)"”.
C'è chi sottolinea l'espressività raggiunta in tutto l’album-capolavoro che è Night and Day (quello dedicato a Cole Porter, dove albergano pezzi titanici come “Breaking us in two”, “Steppin'out”, “A Slow song”).
Io che spesso cerco di innamorarmi di pezzi meno famosi e roboanti, forse per non dover dividere il mio cuore con troppi altri, sono molto legato a questa ballata piano e voce che si chiama “Be my number two”, tutta dedicata al delicato ruolo dei “numeri due”.
Che oltretutto, come molte di Joe, ha un bellissimo testo.
E quindi VIDEO-OKE sia!!!
Halleluja.

lunedì 6 aprile 2009

UNCONVENTIONAL CLASH

The Clash sono noti ai più per i seguenti motivi:

1) erano un gruppo Punk assieme ai Sex Pistols e ai Damned
2) hanno fatto la colonna sonora di un famoso spot di jeans
3) il loro leader indossò (inopinatamente) la maglietta delle Brigate Rosse ad un concerto

Ora, per dimostrare che The Clash sono stati un universo sonoro magmatico e caleidoscopico dal cui ombelico è nato un casino di idee, spunti sonori, atteggiamenti socio-politici (un nome su tutti, ovviamente Manu Chao) e soprattutto per dimostrare che i nostri amati non erano quattro grezzoni capaci di strimpellare 3 o 4 accordi in tutto, vorrei dedicarvi qualche loro brano forse meno noto ma in grado se non altro di mostrarne l'enorme ecletticità.

Si parte con CAREER OPPORTUNITIES versione zecchino d'oro, da una delle diciotto facciate di Sandinista, che riprendeva la versione più "oi" già presente nel primo album.


Proseguiamo con lo swing di JIMMY JAZZ, contenuto in London Calling, l'album che riscrisse le regole del rock and roll nel lontanissimo 1980.



E finiamo con una delle loro canzoni più dolci, malinconiche e soffuse. Contenuta nel canto del cigno Combat Rock, questa canzone si chiama DEATH IS A STAR e dopo averla ascoltata bene invito a chiedersi se sembrano ancora quelli che urlavano contro il cielo (Padre perdonami se ho menzionato il mortadellaro in un post "sacro" ma ci stava bene come il cacio sui maccheroni) London's Burning o White Riot.


Non saranno tre canzoni a far ricredere i più, ma almeno serviranno a sottolineare come talvolta nel circo del rock ci sia stata anche gente che, invece di ripetere per n volte lo stesso album per fare i soldi, amava uscire dal guscio cercando spunti sonori su tutti i territori possibili.
Una lezioncina che andrebbe insegnata ex-novo a tutti quanti in blocco i next big thing, che arrivano al terzo disco fotocopia e vengono sbattuti fuori dal sistema (un nome su tutti, ovviamente i Franz Ferdinand).
Osare, osare miei cari.

Halluja!


giovedì 2 aprile 2009

Divieto di svolta

Quando sento parlare della "svolta pop" dei The Cure, quella che si fa prevalentemente (prevalentemente, cioè dalla critica ufficiale) coincidere con Disintegration, sorrido.

Chi conosce l'excursus di questa mitica band (e dire mitica è poco, in tutta sincerità) sa perfettamente che gli inizi degli allora giovincelli Smith, Tolhurst e Gallup furono tutt'altro che dark.
Killing an Arab, Boys Don't Cry e Jumping Someone Else's Train furono tra i primi singoli del gruppo.
Contenuti in Three Imaginary Boys e/o in Boys don't cry (la riedizione americana) questi tre gioielli del pop-senza-tempo non avrebbero all'epoca (si era nel 1979/80) fatto presagire i cupissimi album che seguirono (con il culmine di Pornography).
La verità è che The Cure hanno sempre seguito il genio ondulatorio del sig. Robert Smith, uno dei dieci motivi che spiegano la superiorità creativa della musica britannica su quella USA.
E che invece di fare una svolta, seguirono sempre percorsi più o meno tortuosi.
E quando Robertino era un postadolescente brufoloso più o meno (più meno che più, ma insomma) sereno faceva quelle splendide canzoni contenute in Three Imaginary Boys.
E quando Robertino s'incupiva e dava fuori di matto approdava agli ingorghi dell'anima di Seventeen Seconds (uno dei migliori dischi di tutti i tempi), Faith e Pornography.
Crescendo e maturando Robertino si è definitivamente smarcato dai ruoli predefiniti e se ne è fregato delle definizioni (sempre date dalla pallosissima critica ufficiale), firmando forse i più begli album inglesi della fine del secolo scorso, dove la distinzione tra pop e dark svaporava dentro una miscela di bellezze inauduite. The Head on the Door, Kiss me kiss me kiss me e Disintegration sono a tutti gli effetti dei masterpiece.
Che ormai Daviddino (uno dei numi tutelari di Robert Smith) aveva già dato e nu'je la faceva più a fare il faro.
Che dire, per tutti i miscredenti, risentitevi BOYS DON'T CRY.
Che male non fa mai.
E che vi fa capire come la svolta pop dei Cure esisteva già molto prima di quanto la critica ufficiale (sempre pallosissima) pensasse.
Halleluja!


The Cure "Boys Don't Cry"